Capitolo 4

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Per fortuna ieri sera sono riuscita a trovare la strada per l'accampamento e sono riuscita ad arrivarvi in meno di 1 ora.
Mi hanno spiegato che qui ognuno ha un lavoro da svolgere ed il mio mi verrà spiegato da Felix a momenti.
Per mia fortuna ho il sonno leggero e vari passi mi hanno svegliato e come ho aperto gli occhi mi sono trovata di fronte il ghigno beffardo di Felix.

«cosa devo fare?» domando posizionando di fronte a lui aspettando che mi desse i miei compiti.

«quello che fanno le donne» sputa il maschilista «cucinerai e pulirai» ordina in tono ovvio e per la prima volta sento le mani prudermi dalla voglia di tirargli uno schiaffo ma mi trattengo. Non sono come loro e non lo sarò mai.

Annuisco pronta a mettermi a lavoro ma la voce di Felix mi interrompe «ah sii precisa con l'ora altrimenti te la vedrai con Peter» esclama con tono per nulla rassicurante ma non mi faccio intimidire e mi dirigo al tavolo dove alcuni ragazzini hanno posato la frutta con cui io dovrò preparare la colazione.

Al fianco della frutta vi è un coltello dalla lama appuntita e senza timore la utilizzo per preparare la colazione.
Non so il motivo per cui io mi trovi qua, non so perché tutti questi ragazzi si trovano qua e non capisco il senso di questa isola ma non credo nemmeno di volerlo sapere.
A volte il troppo sapere potrebbe far stare male per questo, alcune volte, invidio gli ignoranti, poiché vedono solo ciò che vogliono vedere ma da altra parte invidio coloro che sanno affrontare gli ostacoli della vita a testa alta.
Un esempio sono i miei genitori, mi hanno da sempre insegnato che nessuno merita le mie lacrime e che non dovrò mai piegarmi alla volontà di nessuno ma contemporaneamente mi hanno insegnato la bontà e la maturità con cui comportarmi e spero che un giorno loro siano fieri di me.

Dopo una decina di minuti finisco di preparare la macedonia e ripongo nelle ciotole le stesse porzioni per tutte e le distribuisco sui tavoli, e dopo pochi minuti le sedie furono occupate dai bimbi sperduti.
Non avendo fame e approfittando del fatto che stiano mangiando mi dirigo nelle loro tende e prendo le lenzuola sporche dei letti per poi ripiegarli in una cesta. È crudele il modo in cui vivono, immersi nella polvere e nella malinconia.

«guarda chi si trova nella mia tenda» sento dire alle mie spalle e quando mi giro trovo un ragazzo, con l'aria minacciosa e le braccia incrociate.
Lascio perdere e prendo l'ultima lenzuola per poi dirigermi verso l'uscita ma il ragazzo me lo impedisce.

«potresti spostarti? Devo uscire» esclamo cercando di avere un tono calmo e gentile.
L'arroganza non fa per me, tranne in certi momenti, okay quasi sempre ma cerco di tenerla a bada.

«fammi pensare» mente grattandosi il mento e poi scuote la testa.

«cosa vuoi?» domando affinché sfoghi la sua rabbi per poi lasciarmi libera.
Mi trovo qui da un giorno ma ho capito come funziona, sono tutti ragazzi che reprimono la loro rabbia da anni e così decidono di sfogarsi con i più deboli, personalmente gente così mi fa solo tenerezza.

«squoiarti viva» esclama accompagnato da una sonora risata, deglutisco alla sua affermazione e sinceramente non mi aspettavo per niente questa risposta.

«fammi passare!» digrigno tra i denti scioccata dalla sua risposta, non mi conosce nemmeno...

Il ragazzo si avvicina a me e mi spinge con le spalle al palo che regge la tenda per poi afferrarmi il viso con le mani.
Espiro profondamente e cerco di non far notare il nervosismo che cresce sempre di più dentro di me.
Il suo viso è a pochi centimetri dal mio e si morde forte il labbro trattenendosi dal dire o fare qualcosa, per poi posare il suo sguardo sul mio collo.

«vedo con piacere che finalmente hai conosciuto Peter Pan» dice riferendosi ai segni rossi sul mio collo di ieri sera.
Deglutisco al raccapricciante ricordo per poi puntare di nuovo lo sguardo sul ragazzo senza farmi scappare nessuna emozione.

•𝑃𝑒𝑡𝑒𝑟 𝑃𝑎𝑛 𝑛𝑒𝑣𝑒𝑟 𝑓𝑎𝑖𝑙𝑠•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora