CAPITOLO 28

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Juliet

Entro in casa come una furia correndo dritta in camera mia.

Perché non imparo mai?
Cosa diavolo mi passa per la testa?
Stupida, sono una stupida!

Mi lascio cadere sul letto urlando contro il cuscino con tutta la forza che ho.
Lo odio, maledetto Grayson Jones!

Decido di farmi una doccia calda: magari riuscirò ad alleviare un po' di tensione. Una volta in bagno apro l'acqua, mi spoglio velocemente gettando i vestiti dove capita e poi mi butto sotto il getto bollente. Tiro un sospiro di sollievo rilassandomi appena e decido di prenderla con calma, infatti mi insapono lentamente rimanendo lì dentro più del dovuto. Mi asciugo e mi rivesto con pantaloni della tuta e maglietta, e per ultimi mi dedico ai capelli. Forse dovrei tagliarli, penso tra me e me, ma poi accantono l'idea: mi piacciono lunghi.

Mi sdraio sul letto a pancia in su sentendomi già molto meglio: non lo sapevate che una doccia può fare miracoli?

Sblocco la schermata del mio telefono e vedo una chiamata persa di Jason, quindi schiaccio il testo verde e attendo.

"Ciao J.!" mi risponde allegro.

"Ciao! come stai?" gli chiedo.

"Meglio, domani tornerò a scuola. Come sono andate le ripetizioni?" si informa lui spostando l'attenzione su di me.

Sbuffo sonoramente spiegandogli velocemente di Grayson e lui in risposta, scoppia a ridere di gusto. Cosa ho detto di così divertente?

"Non ci credo!" esclama in tono divertito.

"Credici invece" piagnucolo come una bambina.

All'improvviso sento dei rumori in sottofondo e poi Jason che grida: "Ryan!" Il rumore di un telefono che cade a terra e quello di un clacson che suona impazzito.

"Stai bene? Ti ha preso?" domanda a qualcuno.

"No tranquillo, c'è mancato poco però!" risponde un'altra voce con il respiro affannato. Poi non sento più niente e la conversazione si interrompe. Provo a richiamare Jason ma non risponde, continuo così per altre tre volte ed infine ci rinuncio.

Non doveva essere a casa malato?
E chi era quello con lui?

Mia madre mi chiama per la cena ed io scendo, accompagnata da mille pensieri in testa. Dopo aver mangiato, decido di andare da lui: pretendo delle spiegazioni e questa volta non può sfuggirmi. In meno di un'ora sono seduta sulle scale davanti casa sua: i suoi genitori mi hanno detto che non era ancora tornato e rifiutando la loro offerta di entrare, mi sono convinta ad aspettarlo qui fuori. Non ho intenzione di andarmene finché non mi avrà dato una risposta, il tempo in cui cercavo di rispettare i suoi spazi è finito.

Dopo venti minuti vedo una macchina rossa entrare nel vialetto fermandosi a pochi metri da me: sono seduta sui gradini in penombra e non credo che si siano accorti che sono qui. Stringo gli occhi per provare a vedere chi c'è dentro e quando metto a fuoco non riesco a credere a ciò che vedo: Jason è con un ragazzo biondo e si stanno baciando.

Rimango immobile a fissare la scena e all'improvviso mi sento arrabbiata. Perché non me lo ha detto? Credevo non ci fossero segreti tra noi e sapere che mi ha nascosto una cosa del genere mi fa male, non si fida abbastanza di me? Pensava che non lo avrei accettato?

"Juliet?" alzo la testa sentendo le lacrime scendere veloci sul mio viso.

"Posso spiegarti" continua lui con uno sguardo dispiaciuto.

Continuo a guardarlo senza dire una parola mentre lui si avvicina, il ragazzo biondo invece rimane dietro di lui appoggiato alla macchina, guardando la scena da lontano.

"Ehi.." mi dice lui con un sospiro asciugandomi le lacrime e questo gesto d'affetto serve solo a farmi crollare ancora di più: lo circondo con le braccia appoggiando la fronte sulla sua spalla e lui prendendomi in braccio, fa sí che io avvolga le mie gambe ai suoi fianchi. Lo stringo forte e d'un tratto lo sento tirare su con il naso: grandioso, ho fatto piangere anche lui, e perché poi?

"Perché non me lo hai detto?" gli domando triste.

Lui, in un primo momento, mi guarda esitante.
"Non è stato facile accettarlo per me J. e avevo paura che non lo fosse nemmeno per voi"

Mi si stringe il cuore: ma che amica sono stata per avergli anche solo fatto pensare che non avrei accettato il fatto che fosse gay? Il senso di colpa che mi assale non mi permette quasi di respirare e immaginare il mio amico affrontare da solo questa cosa senza averne parlato con nessuno, mi fa sentire un'amica sbagliata e poco attenta. Forse avrei dovuto capirlo? Perché non l'ho fatto?

"Ti ho fatto credere questo? Che non lo avrei accettato?" gli domando infatti.

"No J. non dire stupidaggini, non è stata colpa tua, solo... cerca di capirmi" ma io lo capisco, davvero.

Lo abbraccio forte dicendogli però che è un'idiota: doveva parlarmene prima, per me non cambierà mai niente.

Può amare chi vuole, mi basta solo sapere che è felice e poi chi sono io per giudicare?

Mi volto verso il biondo e ricordandomi della conversazione di prima, gli domando:

"Stai bene?" lui mi sorride annuendo lievemente con il capo.

"Piacere, io sono Ryan" mi dice infine gentile.

"Juliet, piacere mio" rispondo stringendogli la mano.

Rimaniamo tutti tre seduti sugli scalini a parlare e scopro che è un ragazzo molto simpatico. Dopo un'ora, nella quale mi hanno anche raccontato come si sono conosciuti, li saluto abbracciandoli e, sbadigliando, mi incammino verso casa.

Sono contenta di avere finalmente scoperto cosa preoccupava Jason e soprattutto il motivo dei suoi comportamenti strani; e sono felice di avere conosciuto Ryan, mi sembra davvero un bravo ragazzo ed il modo in cui guarda il mio amico, mi ha fatto subito capire che fa sul serio con lui. Quindi entro in camera serena e sicuramente più leggera di qualche ora fa.

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