42.

353 37 32
                                    

"E ogni respiro che ho preso da quando te ne sei andata, mi è sembrato uno spreco

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

"E ogni respiro che ho preso da quando te ne sei andata, mi è sembrato uno spreco."
Lewis Capaldi

Avevo sempre trovato ridicole e tragiche allo stesso tempo tutte quelle scene dei film americani in cui uno dei due amanti, all'improvviso, si rende conto di stare per perdere l'altro. Immancabilmente, l'addio si consumava in aeroporto, con il protagonista di turno che correva disperato verso il gate, sperando di fermare la persona amata prima che fosse troppo tardi. Mi ero sempre chiesta come facessero a superare i controlli senza biglietto, o come sapessero esattamente quale compagnia aerea o gate cercare. E poi, perché mai chi stava per partire era sempre l'ultimo della fila?

Non accadevano davvero cose del genere nella vita reale, mi ero detta per anni. O almeno, lo avevo creduto fino a quel momento. E invece eccomi lì, a correre a perdifiato verso l'aeroporto, stringendo il volante come se fosse l'unico modo per non perdere la speranza. Ogni secondo era un'eternità, ogni semaforo rosso una tortura.

Il pensiero di non arrivare in tempo mi divorava. E se Harry fosse già partito? E se non fossi riuscita neanche a vederlo un'ultima volta? Ma non volevo, non potevo fermarmi. Mi ripetevo che dovevo provarci, che almeno lui avrebbe saputo quanto significava per me.

Certo, mi rendevo conto di quanto tutto questo sembrasse surreale. Io, che guidavo come una pazza per rincorrere un uomo che forse neanche voleva essere raggiunto. Io, che nella mia testa mi immaginavo una scena strappalacrime, proprio come quelle dei film che avevo sempre deriso. Eppure, non potevo fare a meno di sperare.

Perché alla fine, non era forse questo il bello dell'amore? Rischiare tutto, fare pazzie che nessun altro avrebbe mai capito, pur di non lasciarlo andare. Anche se significava sembrare la protagonista di un film americano, con tutte le sue assurdità e i suoi cliché.

Quando finalmente arrivai al parcheggio dell'aeroporto, tirai un sospiro di sollievo misto a ansia. Il tragitto era durato meno del previsto, e per un attimo mi illusi di aver recuperato un po' di vantaggio sul tempo che mi stava sfuggendo di mano. Ora dovevo solo entrare, consultare il tabellone delle partenze, e scoprire dove si trovasse Harry. Era un piano semplice sulla carta, ma la realtà aveva il suo modo crudele di complicare tutto.

Non persi tempo a cercare un posto auto ordinato. Parcheggiai alla meno peggio, quasi abbandonando la macchina, e corsi verso l'ingresso dell'aeroporto, stringendo la borsa a tracolla che oscillava freneticamente contro il mio fianco. Ogni passo risuonava nelle mie orecchie come un tamburo, scandendo il tempo che mi separava dall'ennesimo possibile fallimento.

Dentro, il caos mi colpì come un muro. Gente che camminava in ogni direzione, trolley che sfrecciavano e annunci di voli che si sovrapponevano agli altoparlanti. Mi feci largo tra la folla, sgomitando leggermente quando necessario, fino a raggiungere un maxi-schermo con l'elenco delle partenze.

Galway GirlDove le storie prendono vita. Scoprilo ora