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"L'immaginazione è l'aquilone più alto sul quale si possa volare

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"L'immaginazione è l'aquilone
più alto sul quale si possa volare."
Lauren Bacall

«Ci stiamo preparando al decollo, pertanto vi invitiamo a controllare che la vostra cintura di sicurezza sia correttamente agganciata, che il tavolino sia sollevato e bloccato e che il vostro sedile sia in posizione verticale. Per ulteriori informazioni circa la sicurezza a bordo di questo aeromobile, vi invitiamo a leggere l'apposito opuscolo che trovate di fronte a voi e vi ricordiamo di non esitare nel chiedere informazioni agli assistenti di volo. Vi ringraziamo per l'attenzione e vi auguriamo un piacevole volo.»

Ascoltai le ultime parole dell'hostess e chiusi gli occhi, cercando di assaporare quella calma che precedeva il decollo. Avrei voluto essere come Liam, che non appena si sedeva sul suo sedile riusciva ad addormentarsi come per magia. Io, invece, non potevo farlo. L'idea di volare non mi spaventava davvero, ma c'era sempre quel sottile timore per ciò che non potevo controllare. Per fortuna, avevo trovato un modo per calmarmi: la musica.

Misi le cuffie, lasciando che le note si insinuassero nei miei pensieri e li riempissero di una tranquillità artificiale. Eppure, quella volta non funzionava. La musica mi trasportava altrove, ma non verso il rifugio sicuro che speravo. Mi ritrovai, senza volerlo, a pensare ancora a lui. A Harry.

Era incredibile come quell'immagine riuscisse a insinuarsi nella mia mente con così tanta facilità. Il suo sorriso, i suoi occhi verdi, quel modo rilassato di essere... mi si presentavano davanti con una nitidezza che non riuscivo a spiegare. E più cercavo di scacciarli, più ritornavano, leggeri e persistenti, come una farfalla che si posa su un fiore e non vuole andarsene.

Quando l'aereo raggiunse la sua quota, mi distrassi osservando i miei amici. Anche Hailee si era addormentata, e io rimasi l'unica sveglia. Mi voltai verso il finestrino, cercando conforto nel panorama. Se pensavo che il cielo fosse bello da terra, vederlo da così vicino era qualcosa di indescrivibile. Le strade sotto di noi si trasformavano in sottili linee che si intrecciavano nel verde, e mi venne in mente un gioco che facevo da bambina.

Quando ero piccola, inventavo storie sui terreni sopra cui volava l'aereo. Immaginavo città, persone, vite. A volte davo loro nomi buffi, e appena atterrati, correvo a scriverli su fogli di carta insieme a Niall.

«Sei una sognatrice» mi diceva sempre mia madre. «Hai sempre la testa tra le nuvole.» Crescendo, mi ero resa conto di quanto avesse ragione. Mi piaceva chiudermi nel mio piccolo mondo e lasciare che il caos della realtà rimanesse fuori.

Pensai alla mia amata Galway, alla città che per me era casa. Una città portuale, con le sue case dai colori accesi lungo la costa e il fiume Corrib che si tuffava nell'Atlantico. Amavo lo spirito folk che si respirava nei pub di Cross Street, le melodie degli artisti di strada lungo William Street e Shop Street. E, ovviamente, il violino. Era stata la musica a legarmi a Galway fin da bambina.

Galway GirlDove le storie prendono vita. Scoprilo ora