9-Thoughts to be canceled

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Avete presente quei film d'amore, dove sono presenti due protagonisti che all'inizio provano odio l'uno verso l'altro? Quei personaggi che non fanno altro che litigare o sbraitarsi contro? Li stessi che alla fine capiscono di amarsi e si fidanzano, per poi passeggiare mano nella mano tra le vie della loro città, rendendo invidiosi gli altri, poiché il loro amore ha trionfato su tutto, creando il tipico finale da vissero tutti felici e contenti?

Oppure quando, dopo aver passato tutta la serata insieme, si distendono entrambi sul letto, coprendosi con le coperte soffici e calde, per poi restare abbracciati fino al mattino seguente, momento in cui uno dei due sarebbe stato svegliato da una sfilza di teneri baci sulla guancia? Ecco, la mia vita andava esattamente al contrario!

Era passata una settimana da quella notte in hotel ed erano passati altrettanti giorni da quando non lo vedevo. La mattina dopo c'eravamo svegliati con il sole che illuminava la stanza, mentre mi teneva stretta a sé. Non avevo osato muovermi, non avevo avuto il coraggio di farlo; mi sentivo al sicuro tra le sue braccia calde e muscolose. Tuttavia, la magia fu spazzata via dal suo improvviso cambio d'umore, che mi aveva, tra l'altro, permesso di intuire quanto la parola bipolare concordasse con il carattere di Dylan Ivanov.

«È stato uno sbaglio venire da te ieri sera, dimentica tutto.» Mi aveva espressamente detto prima di chiudermi la porta in faccia, lasciandomi sola nella stanza dell'hotel. La cosa che più mi faceva alterare, però, era la sensazione di vuoto che aveva attraversato il mio petto, quando aveva affermato quelle parole, con un tono gelido e tagliente. Poco prima che lasciasse la stanza, avevo asserito a voce alta quanto concordassi con lui; con molte probabilità lo avevo fatto per convincere me stessa o perché desideravo rivalutasse quanto aveva affermato, tuttavia nulla era andato come credevo.

Ad ogni modo, Dylan Ivanov era da ormai sette giorni un chiodo fisso per la mia povera mente. Pensavo costantemente a quella sera, soffermandomi, in particolare, sulle sue mani attorno alla mia vita, sul suo fiato cado che s'infrangeva sul mio collo scoperto e sui brividi che mi avevano accarezzato la schiena, quando le sue grandi mani mi avevano sfiorata.

«Alexandra, Alexandra!» Una voce alterata mi destò dai miei pensieri, costringendomi a far ritorno nella realtà.

«Si può sapere che ti prende? Sembri su un altro pianeta!» Sbraitò David, il fotografo che lavorava nella mia azienda, nonché socio di mio padre.

Sollevai gli occhi al cielo; non comprendevo neanche io le sensazioni che si stavano annidando nella mia mente, non sarei mai riuscita a spiegarle a qualcun altro. Ero fermamente convinta, però, che avrei dovuto sopprimere tutto al più presto.

«Sì, ora mi concentro.» Sbuffai mettendomi in posa.

Stavo scattando le foto che sarebbero state inserite nel catalogo della mia nuova collezione, ma mi era difficile focalizzarmi sull'obiettivo, se la mia testa era invasa da mille pensieri. Sospirai leggermente e scossi il capo, riassumendo la posa che l'uomo sulla cinquantina mi aveva consigliato.

***

Finalmente, dopo due estenuanti ore di scatti fotografici, David, si decise a lasciarmi andare, facendomi promettere che il giorno seguente sarei ritornata più concentrata. Ovviamente accettai senza pensarci due volte: tutto pur di prendere una boccata d'aria, magari nel silenzio assoluto.

Camminai per i corridoi dell'azienda, facendo sbattere i tacchi a spillo sul pavimento di legno. Raggiunsi il mio ufficio, entrai e mi chiusi la porta alle spalle, godendomi appieno il silenzio che lo regnava. Mi accomodai sulla grande sedia girevole, posta dietro la scrivania; quest'ultima, era invasa da pile di fogli, che la mia segretaria aveva accuratamente ordinato in piccole colonne, proprio al fianco del mio computer di nuova generazione. I miei occhi si soffermarono su una piccola cornice grigia, che conteneva una nostra foto. Accarezzai i bordi; un sorriso increspò le mie labbra soffici quando osservai una me molto più piccola, che stringeva le braccia intorno alla sua vita sottile. Ricordavo quel giorno come se non fossero passati anni, ma solo pochi giorni...

«Alexandra, dove sei?» Mi richiamò preoccupata.

Non le risposi, poiché sapevo già che si sarebbe arrabbiata se fosse venuta a sapere che ero salita fin lassù.

Cambiò direzione e io ne approfittai per scendere con rapidità le scale, tuttavia, proprio verso l'ultimo gradino, inciampai e caddi per terra, creando un gran frastuono.

Guardai il mio ginocchio sbucciato, mentre alcune gocce di sangue sporcavano il pavimento. Dei passi veloci si fecero sempre più vicini e mi tirai su, pronta per ascoltare la sua ramanzina.

Dopo poco la sua figura si piazzò davanti a me, non dissi niente, tenevo semplicemente la testa china, guardando le mie ballerine, con improvviso interesse.

«Alexandra...» Mi richiamò la sua voce quieta.

«Sì?» Chiesi poco sicura.

«Perché non mi hai risposto? Mi sono preoccupata!» Si abbassò alla mia altezza e mi prese il mento, costringendomi a guardare i suoi occhi azzurri.

«Non volevo mi sgridassi perché sono salita da sola in soffitta.» Ammisi dispiaciuta.

«Amore, ascoltami» mi richiamò «non voglio che tu salga in soffitta, perché ho paura che tu ti possa fare male come è appena successo. Promettimi che non ci andrai più.» Mi chiese, dolcemente.

«Te lo prometto.» Sussurrai.

«Forza, vieni qui!» Mi attirò a se stringendomi al suo petto. Fummo interrotte da un flash. Ci girammo confuse, ma poi scoppiai a ridere quando vidi papà con la macchina fotografica in mano, in una posizione pressoché buffa.

«Forza, andiamo a disinfettare questa ferita!» Esclamò lei, sorridente.

La suoneria del mio cellulare rimbombò nell'ufficio, destandomi dai miei pensieri, non controllai subito il messaggio arrivato, tuttavia il secondo squillo catturò la mia curiosità, spingendomi a dare un'occhiata.

Per un attimo sperai si trattasse di lui.

"Stasera, mezzanotte, solito posto."

"Ci sei, baby?"

Chiese nei messaggi Anthony.

"A più tardi."

risposi semplicemente.

Quella sera mi sarei di sicuro divertita.

Con te non ho pauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora