50-Inconveniences

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Quando aprii gli occhi, un sorriso increspò le mie labbra al ricordo della notte che Dylan e io avevamo condiviso. Per la prima volta potei dire che il nostro non era stato solo sesso, ma che avevamo fatto l'amore. Tuttavia, forse per paura, avevo deciso che quel pensiero sarebbe rimasto sigillato nella mia mente.

Il mio corpo era stretto a quello di Dylan, che mi accoglieva fra le sue braccia. Nonostante ci trovassimo a luglio, l'aria condizionata che c'era nella stanza rendeva l'ambiente freddo, perciò ci eravamo coperti con il lenzuolo.

Spostai la testa dal petto di Dylan e la posai sul guanciale, cosicché potessi osservarlo dormire. La sua bellezza era disarmante; aveva i capelli scuri sparsi sul cuscino, le palpebre serrate, contornate da folte ciglia scure e la bocca schiusa, leggermente screpolata.

Mi accorsi che guardarlo dormire sarebbe potuta diventare una delle mie attività preferite, mi sembrava di estraniarmi dalla vita frenetica e pericolosa che ci circondava.

«Buongiorno.» Sussurrai, quando vidi i suoi occhi aprirsi.

«'Giorno!» Mi posò un bacio sulla fronte, sorridendo lievemente. Rimanemmo silenziosi per qualche minuto, poi parlai.

«Davvero, Dylan, non voglio rovinare questo momento bellissimo, ma abbiamo delle ricerche da fare. Ahimè, non siamo qui in vacanza.» Ridacchiai sentendolo sbuffare.

«Nonostante odi ammetterlo, hai ragione, non possiamo perdere tempo.» Ammise sconsolato. Così, dopo esserci scambiati un ultimo bacio, ci alzammo dal letto per affrontare quella giornata.

****

«È questo il posto? Ne sei sicuro?» Alzai lo sguardo, osservando la catapecchia in cui, sapevamo, abitava Robert Payn.

«L'indirizzo è questo, però, a quanto sembra, qui, non ci abita nessuno.» Scrollò le spalle, avvicinandosi al vecchio campanello. «Tanto vale provarci.» Aggiunse, per poi suonare.

Attendemmo qualche minuto sul piccolo porticato, tuttavia, come avevamo previsto, all'interno non vi era nessuno.

Siamo ritornati al punto di partenza. Pensai, innervosita, finché non si avvicinò a noi una signora dai capelli rossi.

«Chi cercate?» Ci domandò l'anziana, sorreggendosi con il bastone.

«Salve, stiamo cercando Robert Payn, lei lo conosce?» Fu Dylan a parlare.

L'espressione della donna cambiò, mostrando un leggero velo di tristezza.

«Robert è morto una settimana fa, poiché malato di cancro.» Spiegò «Era un brav'uomo, che riposi in pace.» Ci confidò, facendo il segno della croce.

«Dannazione, ci mancava solo questa.» Sbottai in un sussurro verso Dylan, che, invece, non sembrò scoraggiarsi.

«Sa per caso se ha dei figli? Dobbiamo parlare con un suo famigliare stretto.» Disse.

«Oh... sì, certo. Ha una sola figlia, il suo nome è Margaret Payn. Lavora nella caffetteria Lilith caffè, in Abram Street. Non so dirvi altro, mi spiace.»

«Non si preoccupi, ha già fatto molto per noi. Grazie, buona giornata.» Conclusi, accennando un sorriso, poi la vedemmo andar via.

«Se prima questa missione ci sembrava impossibile, visto il numero di anni trascorsi, ora che è sorto quest'altro inconveniente, l'arrivo al traguardo lo vedo sempre più lontano.» Borbottò lui.

«Non ho intenzione di arrendermi, Dylan.» Asserii. «Da quanto ha affermato il proprietario del negozio, il signor Payn era un uomo molto preciso, talvolta un accumulatore. Dobbiamo sperare che le sue parole siano state veritiere e che Margaret abbia conservato gli effetti personali di suo padre.»

Con te non ho pauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora