«Dobbiamo parlare.» Esclamai, mentre spalancavo la porta del suo ufficio.
Mio padre alzò gli occhi dal computer e, dopo aver sospirato, m'invitò con un gesto della mano ad accomodarmi di fronte a lui, tuttavia scossi il capo, in segno di diniego.
«Non qui, anche i muri hanno le orecchie, me l'hai insegnato tu.» Sorrisi ironicamente; lui, però, non soppesò sulle mie parole taglienti e si alzò dalla sedia, seguendomi fuori dal suo studio.
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Ci sedemmo sul divano del mio – ormai non più segreto – appartamento e studiammo per qualche secondo i nostri volti.
«Quando hai preso questo monolocale?» Mi chiese, spezzando il silenzio.
«Non perdiamoci in convenevoli, papà.» Lo rimproverai spazientita.
«Come preferisci. Di cosa devi parlarmi?»
Sollevai le sopracciglia, sorpresa da quella richiesta; pensavo fosse chiaro che quale sarebbe stato l'argomento del nostro confronto, eppure sembravo sbagliarmi.
«Forse della situazione che si è creata tempo fa?» Domandai retorica. «Credi che abbia dimenticato tutto, perdonandovi? Uh? Se la pensi così, ti sbagli.» Asserii con voce pacata, nascondendo la rabbia che mi divorava internamente.
«D'accordo, sei abbastanza grande per conoscere tutta la verità. Da dove vuoi che parta?» Poggiò le spalle allo schienale del divano e incrociò le mani sul ventre.
«Voglio sapere tutto, perciò parti dal principio.»
«Bene, allora.» Sospirò e cominciò con la storia. «La mia vita non è stata sempre questa, Alexandra. Da bambino ero tutto l'opposto di come sono ora: il mio carattere era simile al tuo, ricco d'impulsività ed egocentrismo. Crescendo nel Queens, ero spesso infilato in qualche guaio.
Io ero solo un ragazzino, all'epoca, e volevo aiutare mia madre, costretta a convivere con un ubriacone violento. Era una bellissima donna Caroline, mi dispiace che sia morta ancor prima di conoscere i suoi nipoti; ti sarebbe piaciuta.» Sorrise verso la mia direzione, probabilmente immaginandosi ancora una volta il suo viso. «Comunque,» Si schiarì la voce, riprendendosi dai ricordi e proseguì. «lei lavorava in un misero bar come cameriera; il suo guadagno era basso, insufficiente per sostenere tutte le spese economiche, tuttavia, almeno un piatto sulla tavola riuscivamo ad averlo ogni giorno.» Fui colpita da quelle parole, ero abituata a vivere con la mia famiglia nello sfarzo, mai avrei potuto immaginare che mio padre, un uomo così raffinato, potesse aver condotto una vita in povertà.
«Come ti ho anticipato, ero un piccolo ribelle; quando girovagavo per le strade del quartiere, lei non era mai tranquilla. Il Queens era la mia casa ed era anche quella di Ralf, noi, infatti, siamo cresciuti insieme e abbiamo sempre condiviso ogni momento. Eravamo felici con poco e sapevamo divertirci. Percorrevamo le vie del quartiere con un coltellino nei pantaloni, pronti a salvarci la vita se solo fosse divenuto necessario. Ho visto tante cose orribili in quel posto, Alexandra. Ho vissuto fin da subito a contatto con tutta questa merda, ma ti risparmio i dettagli: i ricordi fanno ancora male.» Confessò e io scrutai il suo volto.
Quella era una delle poche situazioni in cui, osservandolo, potei vedere assopirsi l'immagine dell'uomo forte e determinato. Vidi mio padre soggetto ai ricordi del passato. Vidi mio padre simile a me.
«Gli anni passarono e Ralf e io iniziammo a svolgere dei lavori per una gang della zona. Eravamo degli spacciatori. Non ci preoccupavamo del nostro ruolo; l'importante era guadagnare un po' di soldi per aiutare i nostri genitori. Caroline ha sempre cercato di tenermi lontano da questo mondo, lei era una donna semplice, buona e onesta e sognava un futuro migliore per me, tuttavia, quando ti trovi in un ambiente così degradato, non è difficile cedere alle tentazioni, Alexandra.» Mi disse e io annuii, d'accordo con le sue parole. «Si chiamava Antonio Caruso, il nostro capo. Aveva origini italiane e, dopo essersi trasferito qui, in America, aveva costruito un vero e proprio impero. Non sapremo mai il motivo per cui teneva così profondamente a me e Ralf, però è grazie ad Antonio se sono questa persona. Ci ha trattato come se fossimo i figli maschi che non aveva mai avuto, era il padre che avevo sempre desiderato. Una sera d'inverno, eravamo a cena nella sua villa e ci rivelò che, in futuro, uno di noi sarebbe diventato il nuovo capo. Ero convinto che, ad assumere il comando, sarebbe stato Ralf e credevo che anche quest'ultimo la pensasse allo stesso modo. Non è mai stato un problema per me, sarei stato comunque al suo fianco. Antonio si ammalò di cancro e, essendo a uno stadio avanzato, non gli restava molto tempo da vivere, per questo, un giorno, ci convocò nel suo ufficio.» Sospirò e si grattò il mento, pensieroso. «Quel periodo non era facile per nessuno di noi: stavamo per perdere nostro padre e affrontare la realtà spesso è molto difficile.» Osservò i miei occhi scuri, che ricambiarono subito l'intenso sguardo. «Quello che disse, ci lasciò perplessi. Aveva deciso di lasciare a me tutti i suoi averi, facendo promettere a entrambi che, in ogni caso, Ralf ed io saremmo rimasti vicini.»
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Con te non ho paura
ChickLit{Completa} Alexandra Morrison è acida, testarda e diffidente nei confronti del mondo esterno. Figlia del boss mafioso più potente d'America, con un passato difficile alle spalle, colma di sensi di colpa che, pian piano, la stanno facendo affogare. ...