31-You are softening, Ivanov

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Rientrai in casa a tarda sera, con la testa ancora colma di pensieri. Camminai lungo le scale e, nonostante mi sforzassi di fare silenzio, i miei passi facevano scricchiolare il parquet di legno. Mi fermai davanti alla porta della stanza che condividevo con Dylan, indecisa sul da farsi, tuttavia, spinta dalla voglia di stare da sola, scostai la mano dalla maniglia e decisi di cercare un'altra in camera, in cui avrei potuto fissare il soffitto fino al sorgere del sole.

Mi voltai e, non appena mossi un passo, sentii un sospiro dall'altro lato della porta; mi permisi di rimanere ferma per un solo istante, poi con lo stomaco in subbuglio, continuai a camminare, finché non giunsi davanti a un'altra soglia, che sperai fosse una stanza per gli ospiti.

«Vieni a dormire?»

Sussultai spaventata, quando il sussurro di Dylan interruppe il silenzio che aleggiava nella casa, e mi voltai a guardarlo: era appoggiato all'uscio della porta, con le braccia incrociate sul petto nudo e un'espressione corrucciata a incorniciargli il volto. Lo guardai per qualche secondo, poi, posai la mano sulla maglia e tentai di aprire la porta, tuttavia questa sembrava chiusa, allora, ignorando lo sbuffo del russo, giunsi di fronte a un'altra porta e una strana sensazione s'impadronì di me.

«Alexandra.» Mi richiamò Dylan, che nel mentre si era posizionato al mio fianco.

«Cosa c'è?» Mi ripresi dal mio stato di trance e lo fissai con sguardo perso, ancora condizionata dalla sensazione che avevo provato.

«Ascoltami, le cose che ho detto non le penso davvero. Sono stressato perché non ho controllo su questa situazione e, tu, con le tue mosse avventate, non fai che peggiorare il mio stato.»

Annuii con un sorriso di scherno a incresparmi le labbra.

«Dylan, non serve raccontare cazzate. So che sei stressato come so che quello che hai detto lo pensi davvero. Mi hanno ferita le tue parole, va bene? Hai ragione, non ho pensato che, tornando a New York, vi avrei messi in pericolo, ma i miei non sono stati solo scopi egoistici, dettati dal senso di vendetta. Volevo contrattaccare la famiglia Young perché ha offeso i Morrison, ma, soprattutto, perché li ha messi in pericolo.» Strinsi gli occhi. «Sono una stronza che ama ostentare il proprio potere e difendere l'onore della famiglia, però il mio intento non era quello, o meglio lo era ma in minuscola parte. Ti sto mostrando la vera Alexandra Morrison, Ivanov. Una ragazza che ha paura per le persone che ama e che vuole proteggerle, mi è già stata portata via una madre e non permetterò che accada ancora. Ho mille difetti, ma qualche pregio ce l'ho anch'io, puoi starne certo.» Conclusi, stanca di quella situazione.

Alzò il braccio lentamente, presto la sua mano si posò sulla mia gota, per accarezzarla.

«Hai più pregi di quanto immagini, te lo posso assicurare. E, in questo caso, ho sbagliato anch'io non comprendendo a pieno le tue ragioni e aggredendoti.» Spiegò, asciugandomi le lacrime.

Stavo piangendo, eppure non riuscivo a pentirmene. In quel momento, così intimo e nostro, mi sentivo esposta e mostrarmi debole non rappresentava un peso, anzi. Le parole che aveva detto, gli altri potevano giudicarle insignificanti e passeggere, però io, che avevo osservato i suoi occhi scuri, perdendomi in quel marrone denso, decorato da qualche sporadica pagliuzza gialla, avevo percepito le emozioni che provava e mi erano piaciute: mi avevano fatta sentire felice.

Non era molto bravo con le parole, eppure i suoi gesti e i suoi sguardi dicevano le cose che la sua bocca teneva rinchiuse.

Dopo aver asciugato tutte le mie lacrime, si avvicinò, appoggiò la fronte sulla mia, chinando lievemente il capo, vista la differenza di altezza, e poi lasciò che le nostre bocche combaciassero, così da far incontrare anche le nostre lingue. Un suo gemito fu soffocato dalle mie labbra, nel momento in cui passai le mani tra i suoi capelli bruni, tirandoli con poca forza. Le sue mani, invece, passarono dalle guance al mio seno, per poi percorrere tutta la mia silhouette, fino a posarsi sui miei glutei che palpò con maestria.

Con te non ho pauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora