Con gli occhi chiusi e il viso schiacciato contro il palmo della mia mano, mi godevo la musica che veniva trasmessa alla radio, mentre, intorno a noi, regnava sovrano il silenzio. Canticchiai le note della canzone seguita a ruota anche da Kayla, che sembrava essere anche lei una fan del gruppo Imagine Dragons. Schiusi gli occhi e la guardai, ricambiando il sorriso che mi aveva dedicato.
First things first
I'm a say all the words inside my head
I'm fired up, and tired of the way that things have been, oh-ooh
The way that things have been, oh-ooh
Second thing second
Don't you tell me what you think that I can be?
I'm the one at the sail, I'm the master of my sea, oh-ooh.Eravamo tranquille, immerse tra le note della canzone, stavamo dando sfogo alle nostre voci, stranamente intonate, finché non fece ritorno il senso di angoscia, che mi aveva accompagnata fino a qualche minuto prima; la macchina, infatti, fece uno strano movimento brusco, che costrinse Kayla a strillare spaventata.
«Dannazione Caleb, ma che ti prende?» Domandai sistemandomi sul sedile, mentre lui iniziò ad accelerare.
«Quella macchina!» Strillò facendo un cenno all'auto che si trovava dietro di noi. «Quella macchina ci è quasi venuta addosso e ora credo che ci stia inseguendo...» Non ebbe il tempo di finire la frase, che quelle persone iniziarono a sparare a raffica verso di noi. Ci abbassammo istantaneamente, in modo da evitare che ci colpissero, e io tirai fuori le pistole con i rispettivi caricatori.
«Kayla, non alzarti!» Le raccomandai, in seguito mi voltai verso il vetro posteriore, ormai in frantumi, e iniziai a sparare con la mitragliatrice, stando ben attenta a non farmi colpire. Riuscii a uccidere due di loro, colpii il guidatore e l'auto sbandò, finendo fuori strada tuttavia sopraggiunsero altre due macchine, che procedettero con l'attacco. Usai il sedile come scudo, imprecando sonoramente contro i bastardi. Non appena i colpi nei loro caricatori cessarono, mi tirai su e ripresi a sparare.
«Non ce la faccio da sola, sono in troppi!» Parlai in fretta, impegnata a metter fuori gioco i nostri avversari. Caleb era concentrato a guidare e a non perdere il controllo della macchina; Ian tentava disperatamente di contattare qualcuno che potesse aiutarci, sparando di tanto in tanto, e Kayla era rimasta accovacciata sotto i sedili, come le avevo ordinato. Tuttavia, quando pronunciai quelle parole, fu proprio quest'ultima ad affiancarmi. Il suo viso era contratto in una morsa seria e concentrata, mentre destreggiava egregiamente la sua Calibro quarantadue.
Caleb accelerò nuovamente, tentando di seminarli, quelli, però, sembravano determinate a non arrendersi, quindi i suoi tentavi furono vani.
«Cazzo Ian, sbrigati!» Sbraitò Caleb contro il suo gemello, quando vide me e Kayla in difficoltà. Ian annuì e dopo poco si trovò a esultare.
«Ralf sta arrivando. Ha avvisato anche papà, giungeranno a momenti.» Assicurò, per poi aprire lo sportello. Scambiò uno sguardo d'intesa con Caleb e, dopo aver aperto lo sportello, iniziò a sparare contro quelle auto, tentando, com'era suo solito, di ferire, ma non di uccidere.
Vedemmo un'altra macchina sbucare da una strada secondaria e sistemarsi al nostro fianco. Aveva i finestrini abbassati, eppure i loro volti erano coperti da dei passamontagna neri. Presero anche loro a sparare, però, con mia grande sorpresa, non cercarono di colpire noi, ma le due auto che ci inseguivano. Riuscimmo a forare, grazie ai proiettili, le ruote appartenenti alle due macchine nemiche e, accelerando, li seminammo. Attraversammo una strada principale, in quel momento quasi vuota, per via dell'orario.
Sebbene persi di vista, per un solo attimo, l'auto che ci aveva soccorso, non riuscii più ad individuarla nei dintorni.
Sembrava scomparsa nel nulla.
«Secondo voi, chi erano quelli che ci hanno aiutato?» Chiese Ian, mentre si appoggiava al sedile, anch'egli sfinito.
«Non ne ho la più pallida idea, di certo non facevano parte dei nostri.» Spiegai.
Mi voltai verso Kayla, che aveva gli occhi chiusi e le mani incastrate tra i capelli, mentre tentava, quasi disperatamente, di riprendere fiato.
«Stai bene?» Chiesi, poggiandole una mano sulla spalla coperta dalla felpa.
«Sì, tranquilla, ho solo bisogno di una boccata d'aria.» Sospirò.
«Grazie per avermi aiutata.» Spostai lo sguardo e mi sistemai sul sedile.
«Nessun problema, te lo dovevo.» La osservai con la coda dell'occhio mentre mi lasciava un dolce sorriso.
«Ho avvisato gli altri, ci aspettano a casa.» Annunciò Ian. Caleb fece un cenno con la testa, mentre io mi limitai a rimanere in silenzio.
Dopo cinque minuti ci ritrovammo fuori al cancello della nostra grande villa, in attesa di entrare. Caleb parcheggiò l'auto e, non appena la spense, scesi e camminai a passo spedito in casa.
Aprii la porta e ad accogliermi trovai il volto preoccupato del mio migliore amico.
«Oh, gracias a Dios, estás bien!» Sussurrò euforico, venendomi incontro e stritolandomi in un caloroso ed esagerato abbraccio.
«Luke, sto bene. Potresti evitare di strozzarmi?» Sbuffai, lui in risposta alzò gli occhi al cielo e mi lasciò libera.
Arrivarono anche i miei fratelli e Kayla, i quali raccontarono l'accaduto, mentre io sgattaiolavo in silenzio nella mia stanza. Mi chiusi la porta alle spalle e camminai lentamente verso il letto. Mi stesi a pancia in su, osservando il soffitto, mentre numerosi pensieri affollavano la mia mente.
«Che hai per la testa, piccola Morrison?» La voce del mio migliore amico mi fece sobbalzare.
«Non dovresti essere giù a parlare con gli altri?» Domandai, seccata dalla sua presenza; la sua risposta riuscì ad addolcirmi.
«La mia migliore amica ha bisogno di me, quindi eccomi qui.» Si tuffò sul letto, sistemandosi al mio fianco e circondandomi con il suo braccio muscoloso. «Allora, parla!» M'invitò, pizzicandomi scherzosamente il fianco.
«Prima qualcuno ci ha aiutati. C'erano quattro persone in quella macchina, avevano i volti coperti da dei passamontagna. Hanno iniziato a sparare verso i coglioni che ci hanno attaccato e ho intravisto una persona famigliare, pur avendo il volto quasi del tutto coperto.» Spiegai guardandolo nei suoi occhioni verdi.
«Qual è il problema? Perdonami, ma sono confuso.» Aggrottò le sopracciglia.
«Hai ragione, è una sciocchezza. Non sono neanche sicura di averlo visto: mi sarò sbagliata sicuramente...» Parlai con sicurezza, omettendo che, uno di loro era stato ferito, e che, quel qualcuno, credevo fosse Dylan Ivanov.
Oh, grazie a Dio, stai bene!
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Con te non ho paura
ChickLit{Completa} Alexandra Morrison è acida, testarda e diffidente nei confronti del mondo esterno. Figlia del boss mafioso più potente d'America, con un passato difficile alle spalle, colma di sensi di colpa che, pian piano, la stanno facendo affogare. ...