26-You fucking beautiful

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Fissavo la strada che scorreva veloce davanti ai miei occhi, che con difficoltà, riuscivano a mantenere le palpebre sollevate. Il viaggio era cominciato due ore prima e io ero stanchissima; gli eventi della giornata mi avevano scossa e il mio unico desiderio, nonostante la collera che covavo dentro di me, era quello di addormentarmi su qualcosa di soffice e profumato.

Poco prima della partenza avevo cercato di farmi rivelare quante più informazioni possibili, ma non avevo ottenuto molto, poiché tutti si limitavano o a ignorarmi, o a dirmi di fare più in fretta, o a spostare la conversazione su altro. La situazione era davvero snervante, tuttavia decisi saggiamente che me ne sarei occupata il giorno seguente, quando la mia mente sarebbe stata più riposata.

«Alexandra, per essere più comoda, potresti appoggiarti sulla mia spalla.» M'invitò Katherine, ma declinai la sua proposta, notando, in realtà, quanto anche lei versasse nelle mie stesse condizioni.

«Non preoccuparti.» Tornai, dunque, guardare fuori dal finestrino.

Una strana sensazione s'insidiò dentro di me, mi sentii sciocca nel trovare quella strada famigliare. È solo una sensazione, niente di reale. Pensai, scrollando le spalle.

Nell'abitacolo, il silenzio regnava sovrano. Caleb guidava con premura e con un'espressione seria stampata sul volto, Dylan batteva in modo ritmico le dita della sua mano sul pantalone. Mi chiesi il perché del suo tic, però, poi, quando ricordai quanto accaduto poche ore prime, lo giustificai credendo che il suo nervosismo fosse dovuto alla bizzarra situazione in cui era capitato; Katherine, infine, come detto in precedenza, osservava il paesaggio che scorreva veloce fuori dal finestrino.

«Posso sapere, perlomeno, l'orario di arrivo?» Borbottai cupa, rivolgendomi a mio fratello che, solo in quel momento, parve destarsi dalle sue riflessioni.

«Due quarti d'ora e saremo sul posto.» Si rivolse a me in tono dolce e comprensivo, quasi come se stesse cercando di chiedermi perdono implicitamente. Io, orgogliosa e testarda, ignorai la questione, indossando le cuffiette e lasciando che la musica mi travolgesse.

****

«Alexandra, svegliati, siamo arrivati!» Mio fratello iniziò a scuotermi delicatamente.

Aprii gli occhi con lentezza, osservai quello che mi circondava e tentai di riconoscere il posto, ma non ci riuscii. Scesi dalla macchina, scostandomi con prepotenza dalle grinfie di mio fratello e, subito, un profondo odore di salsedine s'insinuò nelle mie narici.

Un vento fresco e pre primaverile accarezzò la mia pelle e chiusi gli occhi, godendomi la sensazione piacevole e assaporando, ancora, la fragranza marina.

Il mare si estendeva al di là delle grandi ville disposte a schiera. Il sole era ormai calato, l'azzurro del cielo si confondeva con quello dell'enorme distesa d'acqua che avevo davanti. La sabbia chiara veniva bagnata ritmicamente dalle onde del mare, creando un fruscio lento e continuo che potevo sentire persino dalla strada.

Ancora una volta una strana sensazione mi colpì in mezzo al petto, però in quel caso era piacevole.

Un leggero sorriso increspò le mie labbra umide di saliva. Nonostante la mia grande passione per i posti sconosciuti e da esplorare, non ero solita andare al mare o fare vacanze, preferivo dedicarmi al lavoro in azienda e a tutto quello che riguardava il clan dei Morrison. Non volevo passare troppo tempo con la mente libera, temevo che brutti pensieri avrebbero fatto ritorno e non potevo permettermelo. Gli unici viaggi che facevo erano, dunque, quelli dediti al lavoro.

«Rimarrai lì per tutta la serata? Noi vogliamo entrare.» La voce roca di Dylan mi riscosse dal mio momento di trance e, spostando lo sguardo, mi accorsi che erano tutti di fronte alla porta d'ingresso.

Con te non ho pauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora