56-I protect what I love

8.8K 279 29
                                    

«Come sai i nostri nomi?» Le domandai, avvicinandomi e arpionandole il collo.

«L'ho riconosciuto subito, è identico a lei.» Fece un cenno in direzione di Dylan. «Per quanto riguarda te, ho semplicemente collegato.» Ammise amaramente.

«Chi ti ha mandata da lei, Michelle?» Irruppe Dylan, nascondendo la sua rabbia dietro un'espressione seria e impassibile. Tuttavia, io, che qualcosa di lui ero riuscita a comprenderla, spiavo dietro quella maschera che aveva posto e notavo quella tristezza e ira, la stessa che provavo anch'io.

I contesti erano diversi, certo, eppure la conclusione era stata la stessa per entrambi: avevamo perso una madre.

Strano come un evento così triste ci accomuni. Riflettei malinconicamente, sentendo quel dolore che provava come fosse il mio.

Non avrei reagito allo stesso modo se fossi stata al suo posto. Probabilmente, sarei corsa da lei, l'avrei torturata senza avvertire alcuno scrupolo, le avrei tagliato le dita delle mani, le stesse con le quali aveva premuto il grilletto, le avrei sparato alle gambe, le stesse con cui era giunta fino al luogo in cui si era appostata, e l'avrei resa cieca, poiché con quegli occhi aveva osservato, attraverso il mirino, in quale punto spararle.

Sì, l'avrei fatto, ma poi, cosa avrei ottenuto?

L'avrei vista morire, però non avrei mai avuto in dietro mia madre; se avessi reagito in modo impulsivo, com'era mio solito, non avrei mai ottenuto delle risposte concrete. Perciò, capivo il comportamento di Dylan e condividevo il suo modo di fare.

«Non lo dirò mai, fammi quel che desideri.» Un sorriso triste increspò le labbra spaccate a causa dei pugni.

«Lo farai, invece, mi dirai la verità.» Aumentai la stretta sul suo collo. «Chi ti ha ordinato questo e perché?» Ripetei, allontanando una mano per premerla sulla ferita alla gamba.

Serrò le palpebre e la mascella, cercando di sopportare il dolore.

«No.»

«Hai detto che l'hai fatto per proteggere qualcuno, chi?» Le chiesi. «Ti consiglio di dirmi quel fottuto nome, perché, quando impugnerò la pistola e poserò la sua canna sulla tua fronte, nessun Dio ti proteggerà.»

Le mie erano minacce fatte nell'unica speranza che lei preferisse rivelarmi quel nome, piuttosto che sacrificare la sua vita; non avrei mai messo in atto le mie parole, perlomeno, non prima di averne discusso con Dylan.

Spettava a lui prendere una decisione concreta, non a me. Io avevo il compito di restargli vicino, qualunque essa fosse, e l'avrei portata a termine senza alcuna esitazione.

Voltai leggermente il capo per osservarlo. Aveva le braccia conserte e gli occhi puntati su Michelle; sembrava che stesse riflettendo. Intrecciò i nostri sguardi per un istante, parve mostrarmi tutto il risentimento che nutriva dentro di sé, nei confronti della donna legata a quella sedia. Potei scorgere quelle forze contrastanti che si battevano nella sua mente.

Vidi quel ragazzino infelice, con il cuore in frantumi a causa della perdita di sua madre, lo stesso che, grande abbastanza da capire che Julie non fosse morta per causa naturale, sentiva le mani prudere per la voglia di vendetta. Poi, al suo fianco c'era l'uomo, quella persona che del sé stesso adolescente aveva conservato solo alcuni tratti del volto; il modo di pensare era cambiato e aveva imparato a dosare le emozioni, a capire in quel momento fosse opportuno agire.

Mi sentii in soggezione davanti a quello sguardo come mai mi era successo. La me bambina non era assai diversa dalla persona che era in quel momento. Io non mi sarei mai comportata in modo quieto e riflessivo; i ricordi delle giornate chiusa in ospedale, con la mano intrecciata alla sua, mentre le raccontavo di come la mia vita stesse andando avanti senza di lei, non gli avrei mai superati. Non avrei scordato neanche gli incubi che infestavano le mie notti, quei momenti in cui rivedevo le scene vissute durante il mio compleanno e sentivo rimbombare nelle orecchie i rumori degli spari. Infine, non avrei scordato gli attacchi di panico dovuti all'immagine del suo corpo steso al suolo e imbrattato di sangue.

Con te non ho pauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora