37- It's my fault

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"Ho più di qualche bottiglia da scolare
Perché ho più di qualche sbaglio da scordare
Forse sono fatto male
E sono rimasto solo a quanto pare"
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Apatia. Quel sentimento che si prova quando in realtà non si prova nulla.
Quella sensazione di sentirsi estraniati dal mondo, come se tutto e tutti si trovassero in un'altro universo.
Vincenzo si sentiva così quando, affacciato al balcone, stava fumando la quarta sigaretta in mezz'ora. Sapeva di aver rovinato tutto, ma avrebbe fatto qualsiasi cosa per rimediare. Aveva provato a contattare Luna, inviandole messaggi e chiamandola un sacco di volte ma non aveva risposto. Se lo aspettava, e in fondo sapeva di meritarselo.

Quando, la sera prima, Luna aveva visto Melissa e Vincenzo baciarsi, era scappata senza farsi dare spiegazioni. La verità era che Melissa si era avvicinata a Vincenzo e l'aveva baciato proprio nel momento in cui Luna era entrata.
Lui sapeva, però, che Luna non gli avrebbe mai perdonato il fatto di essere sparito per tutta la serata e gli andava bene così, se lo meritava.
Subito dopo che Luna era scappata, lui era uscito fuori a cercarla. Aveva passato mezz'ora a vedere se fosse nei paraggi, poi si era convinto del fatto che forse aveva trovato un passaggio e fosse riuscita a tornare a casa. Così era salito in macchina ed era tornato a casa, passando il resto della notte sveglio, ad incolparsi di quello che era successo.

Istintivamente un pensiero lo risvegliò dallo stato di apatia in cui si trovava: la sera prima, era tornato a casa senza accertarsi che Luna stesse bene. Non si erano sentiti e, per quanto ne sapeva, poteva essere successa qualsiasi cosa. Poteva essere a casa oppure... No non voleva crederci. Doveva fare qualcosa, all'istante.
Fece un respiro profondo, spense la sigaretta e tornò dentro a prepararsi. Ora, l'unico pensiero che gli attraversava la mente era accertarsi che Luna stesse bene, andando a casa sua.

Quando, dopo un quarto d'ora uscì di casa, fece più veloce che potè, andò in macchina e guidò fino a casa di Luna.
Arrivò lì dopo dieci minuti, e suonò al campanello. Nessuno aprì. Allora, suonò un'altra volta, ma non rispose nessuno. Provò ancora, ma anche stavolta, nessuno rispose.
:"Merda"
Disse a denti stretti. Non sarebbe andato via così facilmente: doveva prima accertarsi che Luna stesse bene. Così, suonò a una persona a caso, chiedendogli di aprire perché aveva dimenticato le chiavi, e funzionò, quella persona gli aprì. Lo immaginava, quel trucco funzionava sempre.
Appena entrò ed arrivò al secondo piano, dove abitava Luna, provò a suonare il campanello. Anche stavolta, nessuna risposta. Provò altre volte, tutte inutili.
:"Luna ascoltami"
Disse, iniziando a sentire un groppo alla gola.
:"So che sei lì dentro. Se non vuoi più vedermi ti capisco, puoi anche cancellarmi dalla tua vita, me lo merito. Però ti prego apri la porta, o dimmi qualcosa. Voglio solo sapere se stai bene"
Non accadde nulla. Quell'ipotesi, l'idea peggiore di tutte, cominciava a insinuarsi nella mente di Vincenzo. Non voleva crederci, non doveva crederci.
:"Ti prego apri la porta!"
Disse a voce più alta, sentendo le prime lacrime uscire dagli occhi.
Poi gli venne un'idea. Mise le mani sulla porta e spinse con tutta la sua forza. Sapeva benissimo che se qualcuno l'avesse visto, sarebbe passato in guai seri per violazione di domicilio, ma non gli importava.
Quando la porta si aprì da sola, senza troppi forzi, rimase scioccato. Luna non lasciava mai la porta aperta, quindi questo voleva dire solo una cosa: qualcuno era stato qui.

Appena entrò, socchiuse subito la porta alle sue spalle. Poi si voltò a guardare e ciò che vide gli tolse il fiato: era tutto in disordine, i cassetti aperti, fogli di carta sparsi sul pavimento, vestiti buttati in giro. Vincenzo fece un giro per tutta la casa, e notò che la situazione era questa in tutte le stanze. E di Luna, nessuna traccia. Non aveva lasciato nessun biglietto o messaggio, quindi qualcuno era stato davvero qui.
Ad un tratto i sensi di colpa iniziarono a prendere il sopravvento: era colpa sua se era successo tutto questo, se la casa fosse in questo stato e Luna dispersa chissà dove. Si passò entrambe le mani sul viso e poi si accasciò al muro, scivolando man mano fino a sedersi sul pavimento. Iniziò a piangere forte, come un bambino. I singhiozzi, così forti e disperati, ormai erano l'unico rumore presente in casa. Aveva distrutto tutto, e ora ne stava pagando le conseguenze. Dopo qualche minuto, si asciugò gli occhi con la manica della felpa, si alzò da terra e, in uno scatto di rabbia, prese un vaso di porcellana poggiato in una mensola, forse una tra le uniche cose intatte in mezzo a quel casino, e lo buttò a terra, rompendolo in mille pezzi. Paragonò quel vaso al suo cuore. Era così triste e spaventato da poter sentire dolore fisico, come se qualcuno gli avesse appena preso a pugni lo stomaco.
Però non si arrese, non sarebbe stato così poco a buttarlo giù. Avrebbe cercato Luna dappertutto, anche se ci fosse voluta tutta la vita.
Però, aveva bisogno di aiuto per trovarla, non poteva farcela da solo, così scrisse nel gruppo whatsapp della comitiva.
:"Venite tutti a casa di Luna. Ora. È un'emergenza"

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