Cap 55

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Dopo ore e ore interminabili di viaggio e qualche pausa qua' e la' per mangiare un boccone e per far fare i bisogni a Lucky, siamo finalmente arrivati a Chicago, mi fa strano ripercorrere queste stradine a me molto note, inoltre mi vengono in mente molti ricordi che quando ero a New York sembravano così lontani.

Prima di arrivare alla mia destinazione mi fermo un'attimo davanti all'ospedale il "Medical Hospice", dove tutto è iniziato: quì ho cercato di seguire le orme di mia madre ma poi ho scoperto che alla fine questo lavoro mi piaceva veramente, quì ho conosciuto Alec, magari tutti si aspettavano il classico clichè tra la nuova infermiera e il dottore più ambito dell'ospedale ma non è stato questo il mio caso, le cose sono andate completamente in modo diverso.          
Mentre ero persa tra i miei pensieri Lucky iniziò a chiamarmi con la sua zampa, segno che non vedeva l'ora di uscire dall'auto "Si si cucciolotto, ora andiamo a casa" così rimisi la marcia e partì.

Poco dopo finalmente arrivai nel luogo in cui ho conosciuto una persona speciale che mi ha insegnato a lottare con tutte le mie forze contro la vita che quando vuole può essere bastarda, questo posto che per molti è solo un luogo dove allenarsi ma che per me è un posto speciale.

Parcheggiata la macchina scesi e Lucky subito si fiondò ad annusare l'area, non avevo paura che scappasse o facesse del male alle persone perchè era un cane buono, giocherellone e non si staccava mai da me per questo lo portavo in giro anche senza guinsaglio, è molto ubbidiente; mentre il mio cane si divertiva io mi ero fermata a vedere la palestra davanti a me che non era esattamente come la ricordavo, sembrava molto più grande. <Possibile che in questi 5 anni Alex abbia fatto così tante modifiche?> pensai, poi dopo aver preso un profondo respiro entrai.

Come ogni palestra la prima cosa che si sente è l'odore sgradevole del sudore accompagnato dal suono metallico che producono gli attrezzi, infatti appena entrata vidi molti ragazzi che si stavano allenando ma oltre alle persone notai che gli attrezzi erano diversi, si capiva subito che alcuni erano in uso da poco e oltre a questo come avevo già notato da fuori vidi che la palestra era più grande, più spaziosa; Alla mia entrata alcuni ragazzi fermarono i loro esercizi e mi guardarono, altri al mio passaggio fischiarono (eh si la cosa brutta di questa palestra era che se volevi andare nell'ufficio del capo dovevi fare la passerella al centro), anche se cercavano di attirare la mia attenzione io li ignorai e andai direttamente verso l'ufficio di Alex dove ormai sapevo che passava molto tempo se non doveva allenare nessuno in particolare.

Una volta arrivata davanti alla sua porta stavo per bussare quando sentì la sua voce, stava parlando al telefono "Si i nuovi attrezzi vanno bene ma alcuni sono difettosi. No. Si. Facciamo così io provo a farlo sistemare ma se il problema si ripresenta allora lo cambio", per non disturbarlo decisi di aspettare 5 minuti fuori dalla porta ma poi stanca di aspettare bussai e sentì un veloce "Si avanti" così entrai ma lo trovai ancora al telefono occupato a scrivere qualcosa su un quaderno quindi non aveva alzato la testa per vedere chi era entrato. Mentre lui continuava la sua telefonata io mi guardai intorno sorpresa da come fosse cambiato quel posto dall'ultima volta che lo avevo visto: alla mia destra vi erano dei numerosi cassetti con varie scartoffie, alla mia sinistra vi era un divano di pelle rosso e davanti a me un'Alex appoggiato ad una scrivania come quelle delle grandi aziende, la sua sedia era in pelle nera, il tavolo occupato dal pc, carte sparse e un telefono,alle pareti vi erano delle foto con lui e alcuni ragazzi, foto di combattimenti, foto mie e lui insieme e c'era anche Giulia.

Poco dopo finì la sua chiamata ma stava ancora scrivendo così senza alzare la testa mi chiese "Dimmi, che ti serve?" probabilmente pensava che era uno dei ragazzi della palestra. A vederlo così sembrava un'importante capo tutto indaffarato ma la cosa divertente era che mentre cercava di scrivere con l'altra sua mano cercava di domare un ciuffo ribelle che gli ricadeva sul viso, a quella scena cercai di trattenere una risata e rispondere seriamente
"A me niente ma forse a te una vacanza non ti farebbe male" appena sentì la mia voce alzò la testa di scatto, era stato un gesto talmente veloce che flash a confronto era lento; la sua espressione era a dir poco buffa: occhi praticamente fuori dalle orbite e bocca semi aperta "Dovresti vedere la tua faccia hahahaha" risi davanti alla sua espressione

La forza di rialzarsiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora