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-Ma che è successo? Ad un colloquio poi...- un uomo basso con un sigaro in bocca mi guardò dall'alto al basso -non dirmelo Mike, hai scelto lei... dopo che ci eravamo confrontati e ti avevo sconsigliato la ragazzina?!- battè il pugno contro la scrivania, sussultai per lo spavento.

-Frank perdonami se non ho seguito i tuoi preziosi consigli- disse l'uomo con tono sarcastico -ma converrai che...-

-Non mi interessa del perché l'hai scelta, se perché si è avvicinata ad uno stupido quadro da dove la stavi osservando, se è perché ti piace o ti ha fatto una buona impressione o per la penosa scena alla quale hai assistito... perché è un caso disperato. Sai chi è suo padre? Lo sai che ti rovinerai con le tue stesse mani ragazzino?- urlò più forte ad ogni parola emessa, dalla poltrona si alzò una figura che rimase al buio.

-Frank, te lo dico un'altra volta, tu sei un manager eccellente ed io ti ringrazio del tuo lavoro e dei tuoi buoni consigli- disse la voce gentile che ora sembrava più fredda e distaccata -ma l'ultima parola spetta a me e la motivazione per cui ho preso questa decisione interessa solo me e la signorina in questione- l'uomo fece una smorfia di dissenso, qualcuno uscì dall'ombra, era una figura alta, magra, portava un fedora nero e degli occhiali da sole, dei rayban neri, mi ci potei specchiare perfettamente, era Black, portava una magliatta a V bianca e sopra di essa una giacca nera in pelle, i pantaloni neri gli cadevano larghi sulle cosce, sembrava uscito da un cartone della disney.

Lo osservai attentamente, era dunque questo l'uomo per cui la sala dell'aperitivo era in fermento? Le persone non facevano che parlare di lui, tanti ammirati, pochi insultandolo, ma ad ogni modo tutti ne parlavano, tutti bramavano una fetta della sua fama, un suo sorriso, una stretta di mano, uno scambio di parole e opinioni, non so spiegare cosa provai, ma alcuni descrivevano nella sua vicinanza un sentore di magico, un'aurea positiva, qualcosa che non si può spiegare perché non esistono parole per farlo ed io, che di parole ne avevo scritte parecchie, per la prima volta ne rimasi senza.

-Come vuoi Mike- disse Frank, era un uomo abbastanza insignificante, basso, grasso, portava dei ridicoli baffi sotto il naso e il sigaro che custodiva gelosamente tra le labbra gli dava ancor più un aspetto da cartone animato -se hai bisogno di me... sai dove trovarmi- si voltò e mi guardò negli occhi furente, come se fossi IL problema.

-Grazie Frank, lo farò sicuramente... ed ora, per favore, lasciateci soli- disse Black sorridendomi, guardai in basso, mi sentii avvampare, che mi stava succedendo?

-Le ho portato quello che mi ha chiesto Mr. Black- disse un uomo dietro di me lasciando qualcosa sul tavolo.

-Molto bene, grazie Bill. Potete andare- mi girai anch'io per andarmene non capendo il motivo per cui mi trovavo lì ma mi sentii prendere il braccio e voltarmi -tu no, rimani- la voce sottile ora era profonda.

-Io?- mi fece sedere sul divanetto e prese in mano il pacchettino che la guardia del corpo gli aveva portato, conteneva una pomata e del ghiaccio, lo guardai negli occhi e capii, voleva medicarmi? Ero lì per questo? Quindi le avevo fatto pena, non potevo credere che mi aveva chiamato per questo.

-Appoggia la testa sulle mie gambe- lo guardai come se fosse pazzo e luì capì e sorrise dolcemente -devo metterti il ghiaccio, per quello- indicò il mio occhio -si gonfierà se non lo curiamo-

-Posso farlo da sola- ribattei scontrosa, mise una mano sul mio collo e mi obbligò alla resa, glielo stavo davvero permettendo? E perché? Mi sentii in un modo che non so spiegare, era come se la sua presenza mi giovasse, stavo bene, mi fidavo di lui -farà male piccola- appoggiò il ghiaccio sull'occhio ma non feci una piega, non era la prima volta che succedeva -chi era quell'uomo? Com'è che si chiama? David Royal mi pare...- 

-Beh... lui è il mio... uhm... fidanzato suppongo-

-Supponi?- rise di gusto -non credo che un buon fidanzato si comporti in quel modo- disse dietro i suoi occhiali specchiati, non potei osservare il suo sguardo, ma il tono con cui pronunciò quelle parole descriveva perfettamente il suo pensiero al riguardo.

-Lo so è che...-

-Non ci sono scusanti, il suo comportamento è da condannare- condannare? Proprio lui mi stava parlando di condanne? -non ritengo Uomo chi tratta in questo modo una donna, specie alla sua donna. Non ha giustificazioni e spero sia la prima e l'ultima volta che succede-

-È che...- mi zittì chiedendomi di non trovare scuse per perdonarlo, cosa mi stava succedendo? Mi sentii disarmata di fronte a lui, era come se quell'uomo riuscisse a scavare dentro di me facendomi vibrare le note dell'anima e facendomi raccontare aneddoti che non sapeva nessuno -è stato organizzato dai nostri genitori- dissi in un sussurro -hanno deciso loro, quando, come, chi e il perché. I nostri padri vogliono ognuno l'eredità dell'altro. È questo il motivo per cui ci sposiamo, ahi-

-Scusa- spostò leggermente la sacca e mi fece alzare, aprì il tubetto di pomata e mi disse di chiudere gli occhi -cercherò di essere delicato- sorrise appena, lo fu, fu molto delicato che quasi non sentii dolore se non quello dell'anima, "freddezza Cooper" aprii gli occhi, la voce di mio padre interveniva sempre qualora cedessi ai sentimentalismi. Mai. Non dovevo permettermi di essere debole, di far entrare uno sconosciuto nella mia vita o peggio, dentro la mia sfera emotiva che avevo sepolto molti anni prima in una parte remota del mio corpo.

-D... devo andare- mi alzai di scatto cercando la porta.

-Dove? Aspetta... devo parlarti- mi strinse la mano fermandomi.

-Parlare? Con me?- mi fece sedere davanti a lui e lo ascoltai, ascoltai le sue parole e fui felice nel constatare che sarei stata la protagonista della sua intervista, e che avremmo deciso noi come svolgerla, se con telecamere o semplicemente un articolo. Le regole erano che qualunque metodo avremmo scelto, lo avrei fatto solo dopo i due mesi di convivenza con Black per vivere il suo mondo e descriverlo nella sua essenza. David si sarebbe infuriato scoprendolo, non potevo dirglielo di persona, il primo pensiero fu quello, gli scrissi una lettera prima di partire, dopo la sera dell'aperitivo non mi aveva più parlato, si era chiuso in camera e nelle notti seguenti usciva portando con sé qualche nuova fiamma, il nostro non era un fidanzamento classico, lui poteva fare ciò che voleva, io dovevo solamente assecondarlo e vivere in base alle sue esigenze, non c'era amore, non c'erano confronti, era tutto basato su di lui.

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