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Aprii il portone d'ingresso e mi diressi verso gli spogliatoi, tirai fuori i vestiti nascosti e li indossai con la speranza di stare di nuovo bene e di perdermi, mi rivestii da ballerina e misi Nocturne No. 2 di Chopin, il mio primo saggio di danza, ballai e riprovai cercando la perfezione nei passi, i piedi mi facevano male come la sera precedente del resto, ma non smisi neppure quando sentii dei rumori lontani.

Continuai per ore ed ore perdendomi nella musica, nei suoni differenti tra loro che all'unisono creavano una melodia perfetta cercai di ricreare quella perfezione attraverso il mio corpo. Cercai la forza dentro di me di smetterla di piangermi addosso e trovare un modo per uscirne, per riavere mio figlio, per sfuggire dal matrimonio, per trovare me stessa senza alcun compiacimento da parte di altri, tutto iniziò a ruotare e non solo il mio corpo ma anche la mia mente e senza nemmeno accorgermi mi ritrovai per terra.

Scoppiai a ridere in modo convulso, senza un senso ma risi fino alle lacrime, o almeno, finché non mi resi conto che stavo piangendo e il pianto si trasformò in singhiozzi, un urlo di rabbia e frustrazione mi uscì spontaneo.

Come aveva potuto portarmi via mio figlio? Come avevo potuto lasciarglielo fare? Sentii le sue braccia avvolgermi in un caloroso abbraccio, Bleu di Chanel invase i miei sensi mentre chumann accompagnava quella scena ai miei occhi patetica.

-Cosa ci fai qui?- chiesi tra un singhiozzo e l'altro.

-Sono le tre di notte, non eri in camera, ho pensato fossi qui. Non pensavo per ballare ma sei ancora un'ottima ballerina- mi fece sorridere -Che è successo Linds?-

-Se lo dico ad alta voce vuol dire che è accaduto realmente- dissi nascondendo il viso sul suo petto.

-Posso aiutarti Lindsay, permettimi di farlo- l' ripercorreva i miei ricordi confusi, gli raccontai tutto, tutto quello che mi era successo, partendo dall'inizio, dalle cose che mi sembravano stupide e che nel parlarne iniziavano ad avere un senso, per me, per come mi ero comportata, per come mi volevano e per la formazione che avevo ricevuto. Michael mi strinse a sé ascoltando con attenzione ogni mia parola, percependo il mio dolore facendolo suo, mi accarezzò dolcemente, mi stette vicino soprattutto quando gli raccontai di Dean, chiuse gli occhi e una smorfia di dolore comparve sul suo viso, mi spiacque infinitamente vederlo così per me ma avevo bisogno di parlarne, di tirar fuori tutto il dolore, senza Jeremy tutto riaffiorò alla luce, compresa una debolezza che non pensavo di avere.

Per tutta la mia vita mi ero tenuta dentro quell'enorme segreto per paura, paura di essere giudicata e non capita e nasconderlo a tutti e a volte anche a me stessa, mi aveva dato la parvenza di vivere dentro un mondo fatto di menzogne e di scudi.

Avevo cercato di non affezionarmi alle persone, di non dare confidenza, non amavo essere toccata, nemmeno da mio figlio, se un uomo mi guardava o era gentile con me due volte su tre pensavo ci fosse uno scopo dietro tanta cordialità, ero diffidente, avevo iniziato a contare solo sulle mie forze e David aveva accettato il bambino senza troppe domande, non gli interessava e non mi amava minimamente.

Suo padre lo aveva allontanato dall'amore della sua vita, una ragazza conosciuta al college e di cui mi parlava spesso, eravamo diventati amici e confidenti ma niente di più finché la ragazza partì da un giorno all'altro in Europa spezzandogli il cuore e rifugiandosi nel mio che non era pronto per curarlo. Ero riuscita a superare tutto contando solo su me stessa ma in fondo in fondo sapevo quanto quell'episodio così tragico avesse segnato la mia vita, lo avevo solo accantonato nella speranza vana non fuoriuscisse mai più, ma era sempre con me, nelle mie giornate grigie, nelle mie azioni, nel mio modo di pensare, di tutelarmi ed ora era uscito come una bomba atomica devastando tutto.

-Pensavo avessi un'enorme segreto inconfessabile. Ma mai avrei immaginato fosse qualcosa di così grave- mi prese tra le sue braccia e portò fino in camera -non è colpa tua Lindsay, lo sai vero?-

-Sono andata via io di casa- dissi singhiozzando, mentre percorrevamo il vialetto.

-Non è colpa tua- lo disse con tono ancor più fermo -ascoltami bene, un giorno, un solo giorno può definire tutta la tua vita ma solo se solo glielo permetti, quello che ti è successo è terribile e non dovrebbe mai accadere a nessuno- aprì il portone d'ingresso mentre respirai a fondo il suo profumo -ma ciò che devi capire è che non è stata colpa tua. Non è una cosa che hai voluto e ti è stata strappato via un pezzo della tua giovinezza, della tua spensieratezza... Sei riuscita ad affrontare le cose nel miglior modo possibile, sei stata molto forte e coraggiosa, ma non è stata colpa tua, sviscera questo pensiero per l'amor di Dio. Sei una donna forte, riavrai tuo figlio e potrai costruire una vita armoniosa con lui... potremmo chiedere ai miei avvocati di...-

-No Michael- mi posò sul letto e mi guardò a lungo.

-Lo sai che ho dei legali eccezionali, potresti usare questa storia per riavere tuo figlio- mi accarezzò la mano che ritrassi.

-Non ho tenuto tutti allo scuro per anni senza una ragione Michael. Questa storia non deve venir fuori- abbassai lo sguardo, sapevo che le parole di Michael erano dettate dal profondo desiderio di aiutarmi ma non potevo permettermi di affrontare tutto di nuovo, da capo, soprattutto per quello che avrei dovuto affrontare dopo.

-Io sono sicuro che potresti...-

-Ho un forte mal di testa... penso che la caduta abbia influito- gli sorrisi debolmente -ho bisogno di riposare, perdonami- dissi coprendomi, Michael mi lasciò sola, doveva tornare da Marie prima che si fosse accorta della sua assenza.

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