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Passai la giornata a lavorare ad un articolo che volevo presentare a Carter.

'Scandalo a Neverland, Black e la baby sitter, un bacio sotto le stelle...' un'invenzione che pompai dopo aver origliato la conversazione di Erika alla sua amica Emma, stavo diventando come mio padre, o meglio come lui mi voleva, cancellai il titolo ma appena iniziai a scrivere il telefono squillò insistentemente costringendo a distogliermi da ciò che stavo iniziando.

-Pronto?- risposi seccata.

-Lindsay cara- la sua voce era come una pugnalata al cuore, Dio quanto lo odiavo.

-Pa... Carter- dissi in un sussurro, mi aspettai una bomba, un rimprovero, il licenziamento e invece.

-David mi ha raccontato cosa è successo- parlai per mezz'ora di ciò che era successo, mi disse che ero stata stupida a permettere a David di conciarsi in quel modo, che era colpa mia, che non ero in grado di gestirlo, che non mi avrebbe permesso di mandare tutto all'aria e che il matrimonio si sarebbe svolto di lì a un anno senza il bisogno del nostro consenso. Eravamo promessi e le promesse vanno mantenute, a prescindere dal nostro volere. Quella chiamata fu un chiaro avvertimento, doveva aver visto l'articolo di giornale e probabilmente temeva un avvicinamento da parte mia a Black, io non lo lessi, non ne volli sapere nulla, mi avrebbe condizionata e non dovevo permettere che altre persone si intromettessero nel mio lavoro con la promessa che non mi sarei mai più messa in una situazione così vulnerabile.

Mi sentii sconsolata, amareggiata, in gabbia senza alcuna via d'uscita, era tutto deciso, lo sapevo bene e lo sapevo da tempo, eppure dentro di me da qualche tempo, era nata una sorta di speranza dal potermi liberare da quel macigno che sentivo sopra le mie spalle, e che portavo da sola da una vita, nella speranza che una via d'uscita fosse apparsa per magia dal nulla, ma la mia speranza era stata cancellata e resettata nel giro di cinque minuti dalla chiamata con mio padre. Non avevo scelta, David era il mio destino e come tale dovevo rispettarlo. Se non lo avete capito, solo nelle favole esistono i "lieto fine".

Sentii bussare alla porta e quando aprii lo vidi davanti a con un'aria solenne.

-Jeremy la mamma sta lavorando- dissi tornando in camera, mi seguì strisciando i piedi, sapeva che mi dava sui nervi.

-Michael...- tirò su con il naso -Michael dice che domani non verrai- maledetto Black stava usando la carta di mio figlio per obbligarmi a passare due giorni con loro.

-No, non verrò- risposi con fermezza, Jeremy iniziò a piangere in silenzio in un angolo guardandomi -No Jer, non guardarmi così, non otterrai ciò che vuoi- dissi cercando di rimanere sulla mia posizione.

-Ma mamma, me lo avevi promesso- si pulì il naso sulla manica della maglietta, parlammo a lungo, cercai di resistergli ma alla fine ebbe la meglio e in fin dei conti vedere Black in un altro contesto poteva aiutarmi a capire i suoi punti deboli.

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-Sveglia dormigliona... svegliaaa!- urlò qualcuno di incomprensibilmente vicino, aprii leggermente gli occhi dove intravidi una sagoma sfocata che si fece via via più uniforme.

-Che ore sono?- dissi stropicciandomi gli occhi, era presto sicuramente troppo presto per alzarsi

ed io non avevo la benché minima voglia di farlo, nascosi il viso dentro al cuscino cercando di non ascoltare.

-Le cinque, sono le cinque del mattino e abbiamo un appuntamento, correggimi se sbaglio Jerry- disse Michael battendo il cinque a mio figlio che sorrise incoraggiandolo, aprii un occhio per osservarli, avevano dei vestiti alquanto ridicoli, sembravano usciti da un video di Black, calzini bianchi, scarpe nere, pantaloni larghi sulle gambe che arrivavano fin sopra l'ombelico, maglietta bianca e giacca nera, e l'immancabile fedora e i rayban neri.

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