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Avevo 16 anni quando feci l'opposto di quel che era meglio fare.

Ovvero rifiutare l'offerta di Mikasa, non volevo un tutore. Pensai che probabilmente Armin non volesse farmi da tutore, sennò avrebbe risposto subito invece di esitare e guardarmi.

Mikasa non disse nulla, sbuffò solo.

Armin dopo poco andò via.

Non lo rividi per una settimana.

Tutto quel tempo provai a studiare filosofia da solo o a volte con l'aiuto di Mikasa. Ma fu solo una perdita di tempo.

I dialoghi platonici non mi entravano i testi. Mi limitai a impararli a memoria e dimenticarli dopo 10 minuti. Così non poteva funzionare.

Provai a seguire qualche lezione su YouTube, magari qualche professore spiegava più facilmente.
Ma fu peggio:tutti i professori su YouTube preferivano sorprendere i loro iscritti usando paroloni e termini arcaici.

Mi ritrovai disperato a dover chiedere aiuto persino a Jean. A quel coglione di Jean. Sì.

Tuttavia, come previsto, fu altro tempo speso inutilmente.

Non sapevo cosa fare.

Così feci forse l'unica cosa sensata della mia vita:dalla rabbia lanciai il libro di filosofia dalla finestra di camera mia.

Per fortuna atterrò nel mio giardino, ma lo recuperai solo dopo 2 giorni. Solo perché lo trovò mia madre e mi fece una ramanzina sul valore dei soldi, della scuola e bla bla.

Quel giorno a scuola, durante il pranzo, mangiavo di fretta il cheeseburger e leggevo per l'ennesima volta il dialogo di Platone. Uno dei tanti che ha realizzato.

Lo odiavo. Odiavo Platone, faceva solo dialoghi del cazzo sull'amore e stava sempre appresso a Socrate. Era l'unica cosa che avevo capito di Platone.

A interrompere il mio disperato tentativo di studio fu di nuovo lui. Armin.

"hey che stai facendo?" mi chiese sedendosi di nuovo davanti a me, stavolta non mi salutò. Fissò il mio libro e sorrise. Mi ricordai che era appassionato di filosofia.

Mi chiesi dove si fosse cacciato tutta la settimana. Non che dovesse pedinarmi, per carità. Ma trovavo strano che comparisse sempre all'improvviso, come un fantasma.

"tento di fare filosofia" dissi mostrando il titolo del libro. Lui annuì e nel mentre diedi un morso al cheeseburger.

Anche Armin aveva il suo pranzo, intatto.

"che stai studiando? Platone?" chiese curioso. Annuì. Da questo dedussi che avevamo la stessa età e che io non sapevo nulla di lui. Nemmeno il cognome.

"sì, uno dei suoi mille dialoghi del cazzo" risposi scocciato. Lui ridacchiò.

"non ci riesci?" lui capì che avevo difficoltà. Annuì e chiusi il libro, era un po' macchiato a causa della caduta, per fortuna non si era strappato.

"capisco perché non ci riesci" disse e sorrise. Pensai che mi stesse per dare dello stupido, ero pronto ad insultarlo.

Ma invece accadde un'altra cosa:

"Socrate odiava la scrittura, era dell'idea che la filosofia non potesse essere messa per scritta:era già difficile farla capire al proprio allievo, figurarsi impararla a memoria su un libro. Per lui la filosofia era una disciplina del tutto orale, basata sul rapporto tra maestro e allievo" in dieci secondi mi spiegò due pagine intere. Ero sbalordito, nessuno me l'aveva spiegato così facilmente.

Pensai che alla fine fosse una cazzata troppo facile persino per me. Come avevo fatto a non capirlo?!

"allora perché Platone ha scritto tutti questi dialoghi se anche lui era della sua stessa idea?" chiesi retorico pensando che Platone fosse un incoerente. Armin sorrise, era un po' sorpreso dalla domanda, ma rispose lo stesso:

"Socrate considerava la scrittura come un farmaco:che ti può aiutare nel momento del bisogno, ma che ammala il corpo se fai troppo uso. Per questo Platone non rifiuta del tutto la scrittura" spiegò altre due pagine in meno di dieci secondi. Pensai di aver sbagliato a rifiutarlo come tutore.

"mi hai spiegato quattro fottute pagine in trenta secondi...io in trenta secondi non leggo nemmeno il titolo della pagina!" esclamai entusiasta di aver capito finalmente qualcosa. Lui mi sorrise e si grattò la nuca imbarazzato.

In quel momento la campanella suonò, l'ora di pranzo era finita. Ma io per la prima volta volevo fare filosofia.

"ora devo andare, ho lezione di scienze. Ci vediamo Eren" disse, si alzò e fece per andare. Ma sapevo di avere bisogno del suo aiuto.

"aspetta!" mi alzai anche io e urlai per richiamare la sua attenzione.

Lui si girò verso di me, con un'aria interrogativa. Non ero mai stato il tipo da chiedere favori o aiuti. La sala pranzo ormai era vuota, c'eravamo solo io, lui e la cuoca. Sentii il mio cuore battere all'impazzata. Lo trovai strano. Per la prima volta incastrai il mio sguardo a quello di Armin. Quel giorno avrei detto che fosse dovuto alla disperazione dello studio, ma ora so che non era la verità.

Il suo pranzo era di nuovo abbondato e intatto sul tavolo. Quel giorno non pensai che fosse strano.

filosofia//ereminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora