Quel giorno andammo a casa mia, avvisai Mikasa con un messaggio.
I miei genitori quel giorno erano a lavoro, così non dovetti sorbirmi mille domande fastidiose.
Per tutto il tragitto gli feci appoggiare il braccio sulle mie spalle, così che non si stancasse troppo. Tenne il capo abbassato per tutto il tempo e ci accompagnò un silenzio da funerale.
Quando arrivammo a casa mia, lo portai in camera e lo feci sedere sul mio letto. Lui si portò le gambe al petto e ci affondò la testa.
Sembrò non voler parlare, ma non avevo intenzione di lasciarlo da solo.
Scesi in cucina, presi dei biscotti e un succo di frutta. Tornai di sopra, appoggiai la roba sul letto. Armin era ancora in quella posizione.
Sospirai e mi sedetti accanto a lui. Cosa avrei dovuto dirgli?
"che è successo in bagno?" sapevo già cosa fosse successo, era chiaro. Ma avevo bisogno che Armin lo ammettesse.
Armin alzò finalmente il capo, ma non mi guardò. Appoggiò il mento sulle sue ginocchia e guardò il pavimento con un aria triste.
"posso dormire da te stanotte?" chiese. Dopo quella domanda notai che aveva delle occhiaie sotto gli occhi. Non erano molto grandi, quindi dedussi che solo la notte precedente non avesse dormito.
"certo" dissi, mi ringraziò. Stavo per riformulare la domanda di prima, ma mi precedette:
"a pranzo ho mangiato la pasta della mensa, quando tornai in classe mi sono sentito in colpa ad averla mangiata, così sono uscito prima che suonasse la campanella e ho tentato di vomitare" spiegò, allora aveva capito di avere un disturbo alimentare.
Aspetta, aspetta, aspetta.
Aveva tentato di vomitare?! Quindi volontariamente?! Poi si sentiva in colpa per aver mangiato?!
La situazione era peggio di quanto potessi immaginare.
"non sono riuscito a vomitare, mi sono guardato allo specchio e ho provato pena e disperazione per quello che sono diventato" continuò, mi fece star male vederlo così.
Di solito sorrideva sempre, ma ora non riusciva nemmeno a guardarmi.
"non so dirti quando è iniziato tutto ciò, forse già col mio ex...ma ho sempre saputo di avere qualcosa che non andava" confessò finalmente trovando il coraggio di guardarmi. Ma io non avevo il coraggio per affrontare il suo sguardo.
La mia testa era andata in tilt, per l'ennesima volta, avevo di nuovo paura.
"sono andato dalla psicologa della scuola con Mikasa" confessai, mi guardò curioso. Presi un respiro profondo e tentai di calmarmi.
"le abbiamo chiesto consigli per aiutarti, ma ha detto che non può darcene e che per aiutarti davvero devi innanzitutto andare da lei" spiegai. Armin deglutì.
"ci andrò" disse pochi secondi dopo. Fui sorpreso dal fatto che avesse accettato subito, senza lamentarsi.
"ti accompagnerò" promisi. Lui annuì e sospirò.
"sei andato con Mikasa..."
"anche Mikasa e Jean l'avevano capito" spiegai e lui annuì di nuovo.
Passò qualche minuto di silenzio, mi alzai dal letto e presi dall'armadio una felpa da dare a Armin. Non poteva andare in giro con la stessa felpa.
"ho ancora la tua felpa a casa" confessò prendendo la nuova felpa che gli stavo prestando.
"puoi tenerla" dissi sorridendo. Lui accennò un piccolo sorriso e annuì.
Poi prese il succo di frutta e iniziò a berlo. Non toccò i biscotti.
Quando tornarono i miei acconsentirono a far dormire Armin da noi. Anche i genitori di Armin non ebbero nulla in contrario.
La parte peggiore fu l'ora di cena:Armin si sforzò di mangiare per educazione, ma capii che si stesse sentendo male. Si sentiva in colpa a mangiare. Gli strinsi la mano per tutta l'ora di cena, mia madre se ne accorse ma non disse nulla.
A fine cena Armin corse in bagno e io dietro di lui. Fortunatamente non chiuse la porta a chiave così potei raggiungerlo.
Chinò il capo sul lavandino. Gli tremavano le mani e tentava di fare respiri profondi per calmarsi.
"Armin andiamo in camera" dissi solo prendendolo per un braccio. Non si oppose e tornammo in camera.
Preparai il suo letto mentre si cambiava. Per un po' rimase a torso nudo, guardava la sua figura allo specchio. Quando me ne accorsi si mise velocemente il pigiama che gli avevo prestato.
Andammo a letto presto.
Sentivo lo sguardo di Armin su di me. Che volesse dirmi qualcosa?
"hai imparato qualche altra canzone alla chitarra?" chiese a bassa voce, come se non volesse rovinare il silenzio della notte.
"sì" avevo imparato a suonare una nuova canzone per lui.
"domani suonamela" disse solo. Suonamela.
"va bene"
"Eren" mi richiamò di nuovo, mi voltai verso di lui. La luce della luna che entrava dalla finestra mi permetteva di guardare Armin.
Aveva lo sguardo basso, gli occhi semi aperti, con la mano stringeva il cuscino e sorrideva.
"dimmi"
Alzò lo sguardo verso di me, non rispose subito. Ci stava ripensando, infatti disse:
"no niente, notte"
Decisi di lasciar perdere per quella sera.
"notte Armin" dissi poi chiudendo gli occhi e tentando di dormire.
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filosofia//eremin
أدب الهواةArmin è appassionato di filosofia, in particolare dei miti di Platone. Eren invece non sopporta né la filosofia né l'amore. - Quadro "The bathing pool" di Hubert Robert.