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Tornammo a casa che nemmeno erano le 11. I miei la mattina lavoravano, così non avrei dovuto spiegare la situazione.

Andammo in cucina, si sedette su una sedia, aveva di nuovo il capo basso.

Quando uscì dall'ufficio, si rifugiò a me per scoppiare a piangere. Non chiesi il motivo, riuscì a calmarsi dopo poco e appena ci diedero il permesso andammo via.

Presi un pacco di patatine, dell'acqua e appoggiai tutto sul tavolo di fronte a lui.

"non ho fame" disse alzando il capo e fissando la roba da mangiare. Fu la prima frase che disse dopo l'incontro con la psicologa Hanji.

"a malapena hai fatto colazione" dissi sgamando la sua bugia.

"i miei al telefono erano sconvolti, non sono riusciti a dire nulla. Dopo un po' sono scoppiati a piangere chiedendo cosa avessero sbagliato con me" spiegò, aveva gli occhi lucidi. Probabilmente far soffrire i suoi genitori lo fece sentire in colpa.

"non sono riuscito a dire nulla se non trattenere le lacrime" solo quando fu con me si liberò e riuscì a scoppiare a piangere.

"scusa se sto ancora da te e ti creo disturbo"

"non crei disturbo e non devi scusarti"

"pensi che prima o poi starò meglio?" chiese passandomi le mani tra i capelli. Continuava a fissare il cibo davanti a sé.

"sì, basta che continui a farti aiutare dalla psicologa Hanji" dissi, in realtà le mie parole non sembrarono rassicurarlo.

"e se rimanessi così per sempre? Se non riuscissi più a toccare cibo? Morirei presto" disse iniziando ad andare nel panico.

"Armin non succederà nulla di tutto ciò, andrà tutto bene. Sarà una strada di guarigione lunga ma non impossibile" dissi sedendomi accanto a lui. Aveva le lacrime agli occhi, si strinse i capelli e aveva il respiro irregolare.

"sto facendo soffrire tutti" sussurrò, riuscivo a sentire il senso di colpa che premeva sul suo cuore. Ma non lo trovai giusto, non era giusto che si sentisse in colpa per una cosa che non dipendeva da lui.

"Armin" lo richiamai senza sapere che dire. Pianse di nuovo quella mattina. Poteva davvero soffrire così tanto una persona? Soffrire ma fare finta di nulla, mentire a sé stesso per tutto questo tempo? Ignorare per così tanto tempo le ferite del cuore, nascondersi dietro un sorriso per così tanto tempo da non distinguere più la realtà?

"Armin non è colpa tua" dissi prendendo delicatamente le mani di Armin. Abbassò il capo per non guardarmi.

"perché non provi a mangiare qualcosa? A piccole porzioni" avevo letto che per aiutare una persona anoressica, oltre la terapia, dovevo invogliarlo a mangiare a piccole porzioni.

Armin rialzò il capo e spostò il suo sguardo dal cibo su di me.

Tuttavia nemmeno quella mattina mangiò.

La sera arrivò in fretta. Il momento della giornata preferito da Armin.

Si appoggiò con i gomiti sulla finestra di camera mia, con lo sguardo sulle stelle. Avevo capito cosa stesse provando.

"quando non mi sento parte del mondo"

"vuoi tornare sulla collinetta?" chiesi seduto sul mio letto, presi la chitarra e iniziai ad accordarla.

"in realtà mi piace guardare le stelle anche da qua, la tua presenza dà alle stelle qualcosa in più" disse, non riuscii a vedere la sua faccia. Ma il mio cuore accelerò lo stesso.

Vidi che alzò il braccio e indicò il cielo.

"le rendi più belle...questo è l'effetto dell'amore che avevo dimenticato" disse, sussultai a quella frase e lui ridacchiò abbassando il braccio.

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