Tuttavia non continuò con una spiegazione, poiché entro mia madre in camera.
"scusate il disturbo, sembrate molto concentrati!" concentrati un corno! Ero concentrato solo su Armin, non mi importava nulla di Platone che bisezionava l'anima umana.
Armin sorrise e annuì. Mia madre poggiò in mezzo al letto un piatto di biscotti fatti in casa e andò via.
Pensai che avesse avuto un pessimo tempismo e soprattutto una pessima idea a portarci da mangiare. Armin non mi aveva detto molto del suo nuovo rapporto col cibo, se non della dieta.
Iniziai a maledire mia madre e cercare di togliere in fretta i biscotti, ma Armin mi anticipò prendendone uno.
Mi bloccai a quella scena. Armin osservò per qualche secondo il biscotto, come per capire che gusto fosse. Poi ne diede un morso, masticando lentamente.
"li ha fatti tua madre?" chiese ancora col boccone in bocca. Io annuii continuando a fissarlo imbambolato. Per poco non scoppiavo a piangere. La terapia stava funzionando?
Finì il suo primo boccone e sorrise.
"sono buoni! Sono anche alla marmellata, la amo!" esclamò dando un altro morso al biscotto. Quel giorno imparai quanto ad Armin piacesse la marmellata di fragole.
Gli sorrisi e presi anche io un biscotto, mi aveva fatto venire la voglia.
Armin ne mangiò solo uno, io tre. Andava bene così. Ero felice di quel piccolo traguardo. Non si era sentito in colpa a mangiare!
Riprendemmo a fare filosofia, quando se ne andò mi ricordai della risposta che mi diede.
"perché già ci conoscevamo"
Per tutta la nottata mi chiesi cosa intendesse.
Giurai che quell'anno fu la prima volta che lo vidi.
Forse ci eravamo visti alle medie? Ma non sapevo nemmeno che scuola avesse fatto.
Non lo sapevo, non ricordavo di averlo già visto.
Decisi di aspettare il prossimo incontro e chiederlo. Era l'unica cosa che potevo fare.
Tuttavia passarono parecchi giorni in cui non avevo notizie di Armin. Gli scrivevo messaggi, lo chiamavano, lo cercavo a scuola ma di lui nessuna traccia.
Andai anche dalla psicologa Hanji, mi rispose che lo vedeva solo a pranzo. Non poteva dirmi altro a causa del segreto professionale.
Arrivai alla conclusione che forse era solo malato, decisi di andare a casa sua, chiesi a Mikasa e Jean di accompagnarmi. Gli avrebbe fatto piacere avere anche la loro compagnia.
Prima di andare a casa sua mi fermai da un fioraio e gli presi una rosa arancione. Il fioraio mi rilevò che il significato di una rosa arancione era la bellezza. L'ultima volte gli dissi che era bello, ma non mi credette.
Mikasa mi prese in giro, ovviamente assieme a Jean. Io ignorai i due e sperai che potesse piacergli.
Quando arrivammo ci aprì suo nonno. Con un sorriso stanco ci fece accomodare in cucina. Avevo una brutta sensazione.
Ci sedemmo in cucina e poggiai la rosa sulle mie gambe.
"Armin è in casa?" chiese Mikasa, ovviamente l'unica che riesce sempre a prendere la parola. Se dovessi iniziare io, sbaglierei anche solo dal modo di salutare.
Il nonno mise sul tavolo dei biscotti e dell'acqua, ma mi venne un'improvvisa nausea. Avevo una brutta sensazione, volevo solo vedere se Armin stesse bene.
"in realtà no, è in ospedale e non ha potuto avvertirvi" disse secco, sgranai gli occhi e sentii il mio cuore accelerare dall'ansia. Era in ospedale per dei controlli, giusto?
"doveva fare altri esami?" chiese Jean leggendomi nel pensiero. Il nonno di Armin scosse il capo.
"qualche giorno fa ha avuto una...crisi? Una cosa così, non ho capito i paroloni medici. Fatto sta che non riusciva a respirare e aveva freddo" spiegò, mi venne da piangere. Pensavo che stesse migliorando. Aveva mangiato davanti ai miei occhi e stava bene. Stava bene cazzo.
"ora come sta?"
"bene, sta bene. Hanno risolto in poco tempo, è ancora in ospedale per dei controlli. Se passate ora potete trovarlo" disse tentando di rassicurarci con un sorriso. Tuttavia non riuscii a non andare nel panico, dovevo vederlo per essere sicuro che stesse bene.

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filosofia//eremin
FanfictionArmin è appassionato di filosofia, in particolare dei miti di Platone. Eren invece non sopporta né la filosofia né l'amore. - Quadro "The bathing pool" di Hubert Robert.