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Avevo 16 anni quando corsi per tutta la scuola alla ricerca della classe di Armin.

Appena uscii dall'ufficio della psicologia Hanji, lasciai il mio zaino nelle mani di Mikasa e iniziai a correre cercando disperatamente la sua classe.

Era appena suonata l'ultima ora di lezione. Tutti gli studenti stavano uscendo di corsa delle proprie aule per tornare a casa.

La folla mi impediva di correre, così dovetti camminare. Ero agitato, volevo parlare il prima possibile con Armin. Per sbaglio spintonai un sacco di gente, ma avevo bisogno di vederlo. Dovevo assicurarmi che stesse bene, dovevo parlargli, dovevo tranquillizzarmi, avevo bisogno di lui.

Riuscii a raggiungere la sua classe, avevo il fiatone, mi appoggiai alla porta della sua classe.

Ma appena misi occhio sulla sua classe potei notare che ci fosse qualcuno, quel qualcuno non fu lui.

Imprecai e tentai di pensare a dove potesse essere.

"stai cercando qualcuno?" mi chiese una voce familiare, era il prof Levi!

Mi girai subito verso di lui, mi aveva riconosciuto.

"sì prof, sto cercando Armin!" non mi accorsi di star urlando, infatti il prof Levi mi guardò un po' preoccupato.

"prima che suonasse la campanella mi chiese il permesso di andare in bagno" spiegò. Cazzo, cazzo, cazzo. E se stesse male?!

Ringraziai velocemente il prof Levi e corsi in bagno, per mia sfortuna era abbastanza lontano dalla sua classe. Ricordai che Armin si era sempre lamentato della troppa distanza.

Durante la corsa immaginai i peggiori scenari. Involontariamente l'avevo lasciato da solo, di nuovo, nel suo dolore.

Le mie gambe iniziarono a chiedere di fermarmi, stavano per cedere. Non ero abituato a correre così tanto. Ma il mio cuore in totale panico ebbe la meglio e continuai la mia corsa verso il bagno.

Non seppi se fosse meglio sperare che fosse in bagno oppure sperare che non fosse lì e trovarlo da un'altra parte.

Finalmente arrivai in quel cazzo di bagno. Mi fermai davanti alla porta, ripresi un po' di fiato. E prima di entrare raccolsi tutto il coraggio necessario. Anche se sapevo fosse inutile, pregai che non fosse là dentro da solo, a fare chissà cosa.

Pochi minuti dopo entrai.

Il mio cuore accelerò, sentii un peso sul petto e il respiro farsi corto.

Armin aveva il capo chinato sul lavandino, sentii i suoi lamenti, non si accorse della mia presenza.

Ebbi una sorta di flashback, poiché già successe la prima volta che andai a casa sua.

Rimasi impalato alla porta per qualche minuto, mentre assistevo alla scena con gli occhi lucidi. Davvero un essere umano poteva avere dentro di sé tutto quel dolore? Soprattutto se quel essere umano fosse Armin?

Riuscii a reagire solo quando Armin si accasciò a terra, mi precipitai su di lui.

Aveva delle lacrime ancora fresche sulle guance, segno che avesse pianto di recente. Non riusciva a respirare regolarmente e tremava.

Gli presi il viso con delicatezza costringendolo a guardarmi.

"Armin va tutto bene, ci sono io ora, non sei solo" tentai di rassicurarlo, gli asciugai con i pollici le lacrime che gli rigavano le guance.

Armin tentò di allontanarmi, ma stava troppo male fisicamente per riuscirci.

"l-lasciami" sussurrò, gli tremava anche la voce. Scossi il capo.

"non ti lascio, tu non sei solo Armin. Ci sono io e non ti lascio" dissi, ripetei, non ribatté. Lo aiutai a regolare il respiro, gli sussurrai parole confortanti e lo abbracciai.

Si strinse a me più forte che poteva, come se fossi la sua ancora di salvezza. Pianse nuovamente sul mio petto, bagnando la mia felpa e sperai che si fosse tolto dal cuore almeno un po' del dolore che portava con sé.

Poi ancora sul mio petto, mentre stringeva disperatamente la mia felpa, disse:

"anche tu mi manchi" inizialmente non capii che intendesse. Ma quando andammo a casa mia, lessi il messaggio che gli avevo mandato il giorno prima senza volerlo.

Gli avevo scritto mi manchi.

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