I giorni passavano in fretta. Tra un mese sarebbe finita la scuola. Con la filosofia me la stavo cavando.
Grazie alle lezioni di Armin avevo iniziato ad apprezzare la filosofia. Era affascinante scoprire come la pensavano uomini antichi che, al contrario nostro, non sapevano praticamente nulla del mondo.
Probabilmente mi sarebbe piaciuta anche prima se avessi avuto un professore come Armin. Sono sicuro che Armin se fosse vissuto ai tempo di Socrate o Platone, sarebbe diventato anche lui un filosofo. E avrebbe creato teorie e miti più affascinanti degli altri filosofi.
Parlando di Armin:era da un po' che non lo vedevo. Solo alle nostre lezioni. Ma non sembrava star male o altro. Mi parlava come sempre. Mi sorrideva come sempre. Ridevamo come sempre.
Quindi non mi sono mai preoccupato.
Gli avevo anche chiesto di uscire per provare questo nuovo ristorante della zona e aveva accettato!
Aveva legato molto con Mikasa e Jean. Mi raccontò anche di star facendo amicizia con un ragazzo della sua classe, Connie!
Armin stava migliorando e non aveva avuto ricadute.
Un giorno mentre stavo cercando di studiare matematica, ricevetti una chiamata da Jean. Sbuffai e mi chiesi cosa volesse.
"Jean che succede?" chiesi accettando la telefonata. In fondo eravamo diventati amici, non mi importava più se usciva con Mikasa o no. Era un ragazzo apposto.
"non è che avresti gli appunti di arte? Non ho nulla e domani quel indemoniato mi interroga" chiese in tono supplichevole. Era davvero nei guai.
"non potevi studiare dal libro?" chiesi retorico alzandomi dal letto per prendere il quaderno di arte.
"sai che non ci capisco un cazzo, gli appunti sono meglio" ribatté e non potei non dargli ragione. Anche io con filosofia preferivo gli appunti di Armin piuttosto che quei paroloni inutili del libri.
"comunque sono di Mikasa" dissi. Jean se lo aspettava. Non ascoltavo mai in classe, figurarsi prendere appunti.
Aprì i messaggi e notai che Armin mi aveva scritto.
mi puoi chiamare
Sembrava piuttosto urgente, così per levarmi Jean gli mandai le foto degli appunti che gli servivano. Per fortuna non chiese molto. Staccammo e chiamai Armin.
La chiamata squillava, ma senza risposta. Tornai sul letto per trovare la voglia di fare matematica.
Al quarto squillo Armin rispose.
"Armin tutto bene? Che succede?" chiesi un po' preoccupato. Dall'altra parte sentivo solo dei respiri affannosi. Non riuscivo a capire che stesse succedendo.
"Eren non mi sento bene" sussurrò poi Armin. Gli tremava la voce e sembrava aver pianto. Mi allarmai immediatamente e mi alzai dal letto dimenticandomi completamente della matematica.
"Armin dove sei?" chiesi sperando non fosse troppo lontano o da solo. Forse era una ricaduta? Sperai di no. Stava andando tutto così bene.
"n-nel bagno, sono s-solo" disse quasi in un sussurro. Fortunatamente era a casa sua.
"sto arrivando, non muoverti da lì. Okay?" sperai mi desse retta. Capii che non era stabile emotivamente e avevo paura che potesse farsi del male da solo.
Ma pensai che l'avrebbe potuto fare, invece di chiamarmi e chiedere aiuto.
"non riesco a respirare" disse. Infatti sembrava star facendo fatica. Che avesse un attacco di panico?
Mi affrettai ad uscire e avvertire i miei, che probabilmente non devono aver capito molto.
"Armin prova a fare un respiro profondo. Io sono in strada" dissi tentando di rassicurarlo. Tuttavia staccò la chiamata, forse per sbaglio. Iniziai a correre più velocemente e dopo un bel po' arrivai a casa sua.
Ricordai che era solo in casa, così presi la briga di non bussare e entrare direttamente.
Andai in camera sua. Di lui nessuna traccia.
Aprii la porta del bagno, lo trovai seduto sulla tazza del water:aveva le mani tra i capelli e il capo basso.
"Armin sono qui" dissi tentando di attirare la sua attenzione. Ma sembrò non avermi sentito.
Mi avvicinai a lui. Gli presi delicatamente le mani che stringevano i suoi capelli.
"Armin sono qui, qui per te" dissi in un sussurro, quasi temendo che alzando la voce potessi spaventarlo.
Armin continuava a piangere, quasi tutto il suo corpo tremava e respirava a fatica.
Era decisamente un attacco di panico. Vidi il suo cellulare lasciato accanto alla doccia. Doveva averlo lanciato.
"Armin guardami, ti prego guardami" dissi e fece come gli avevo chiesto.
I suoi occhi erano rossi dal pianto, mi chiesi perché fosse in quello stato. Mi venne quasi da piangere a vederlo ridotto così.
"fai un respiro profondo okay? Ispira e espira. Starai meglio così" dissi cercando di rassicurarlo, gli lasciai le mani e le appoggiai sul suo viso per asciugargli le lacrime, che piano piano smettevano di scendere dai suoi occhi.
Armin fece come detto. Lo feci anche io per aiutarlo. Sorrisi vedendo che si stava calmando. Mi chiesi di nuovo cosa fosse successo per farlo ridurre così. Non pensai fosse una ricaduta.
"riesci ad alzarti?" chiesi poggiando lo sguardo sulle sue gambe, temendo che stessero ancora tremando.
Negli ultimi giorni mi informai anche sugli attacchi di panico. Nel caso potesse venirne uno a Armin o addirittura a me. Lessi che durante un attacco di panico, hai forti tremori, la mente in scombuglio e forte ansia.
Armin annuì solo e si alzò. Lo aiutai a sedersi sul suo letto.
"ti senti meglio?" chiesi e pensai che fosse una buona idea fargli bere qualcosa.
Armin era ancora un po' scombussolato, non rispose. Così decisi di scendere velocemente in cucina e prendergli un bicchiere d'acqua.
Glielo diedi e Armin bevve. Andai in bagno e recuperai il suo cellulare. Era spento. Tornai in camera e vidi Armin fissare il muro, con in mano il bicchiere vuoto.
Andai a sedermi accanto a lui, poggiando il suo cellulare sul comodino.
Rimanemmo per un po' in silenzio:non sapevo che dirgli, non mi sembrava il caso di chiedergli qualcosa ora. Lui non emise un suono, probabilmente stava pensando.
Poco dopo spezzò il silenzio, deglutì e disse:
"ho avuto paura" le sue labbra tremavano. Non si girò per guardarmi, non capii cosa intendesse.
"di cosa?" chiesi sperando mi desse una risposta. Lo guardai preoccupato e confuso. Che stesse parlando di una ricaduta?
Armin si girò verso di me:aveva gli occhi colmi di tristezza, le occhiaie erano l'unica cosa che dava colore al suo viso pallido e le lebbra screpolate.
I suoi occhi guardavano altrove, non riusciva a guardarmi in faccia. Che provasse vergogna?
"di tutto"
Disse poco dopo, gli scese una nuova lacrima.
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filosofia//eremin
FanfictionArmin è appassionato di filosofia, in particolare dei miti di Platone. Eren invece non sopporta né la filosofia né l'amore. - Quadro "The bathing pool" di Hubert Robert.