1. La tana del diavolo

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<<Melody, sei pronta?>> urla mia madre entrando dentro la mia stanza.

Sistemo per l'ultima volta i miei capelli corvini che ho deciso di lasciare sciolti, in morbide onde, che toccano poco più il mio sedere.

Forse dovrei tagliarli.

Non riesco più a gestirli.

<<Melody!>> mi richiama mia madre per la seconda volta distraendomi dai miei pensieri fin troppo stupidì.

<<Mamma,dimmi?>> continuo ad osservare la mia figura allo specchio, ed alzo gli occhi al cielo quando noto che il jeans che indosso non fa altro che esaltare le mie curve.

Per fortuna indosserò il camice.

<<Sei diventata una bellissima donna>> ammette mia madre, avvicinandosi a me, fino a quando scorgo il suo viso alle mie spalle, pieno di lacrime.

Oggi inizierò il mio nuovo lavoro, sono felice nonostante dovrò esercitare le mie conoscenze dentro un carcere, e i miei pazienti saranno per lo più assassini o ladri.

<<Grazie. Sto bene?>> mormoro, allisciando il tessuto della mia camicetta bianca.

<<Si, figlia mia. Tuo padre sarebbe orgoglioso di te>> continua, la vista si appanna non appena ripenso a mio padre, che è morto a causa di una malattia, che me l'ha strappato troppo presto.

<<Desidero tanto averlo qui>> sussurro, asciugando le lacrime che scivolano sulle mie guance. Mi manca tanto, non riesco ad accettare la sua assenza, forse perché avevo ancora bisogno di lui.

Non l'ho accetterò .

<<Dai non piangere rovinerai il trucco.>> mi schiocca un bacio sulla guancia, stringendomi tra le sue braccia.

<<Hai ragione>> affermo, inspirando il suo profumo vanigliato, che fin da piccola è sempre riuscito a rilassarmi.

<<Ti voglio bene>> mormoro, distaccandomi da mia madre, che con un fazzoletto di stoffa asciuga le lacrime che sono scese.

<<Dai finisci di prepararti. Rischierai di fare tardi>> mi rimprovera, portandomi una ciocca ondulata dietro l'orecchio.

<<Si, scendo tra poco>> mi concentro nuovamente sul mio abbigliamento che considero perfetto per il primo giorno, passo  un filo di mascara per regalare un po' di volume alle mie ciglia.
Prima di uscire indosso il ciondolo, che porto con me oramai da quando avevo cinque anni.

Il ciondolo racchiude  una foto che raffigura mia madre, mio padre che mi stringe tra le sue braccia e mia sorella maggiore.

È il mio angelo.

Lo porto sempre con me.

Senza non uscire mai di casa.

Saluto mia madre, uscendo di casa in fretta e furia quando mi accorgo che si è fatto tardi, che rischio di arrivare in ritardo, se non corro.

🌹🌹🌹

<<Il nostro carcere, è pieno di criminali. Quindi dovrà stare attenta, sono senza pietà.>> annuisco alle sue parole, osservando dalla grande vetrata, la zona di svago in cui sono riuniti i detenuti, controllati da un gran numero di guardie armate.

<<I tuoi pazienti cercheranno di usarti, minacciandoti>> continua la direttrice che mi sta facendo conoscere l'intero edificio, che ha un aspetto lugubre.

<<Se dovesse succedere parlamene subito>> aggiunge, puntandomi l'indice, mi limito ad annuire un po' spaventata da quello che potrei vedere in questo posto, che sembra l'inferno.

<<Questo è il tuo armadietto, qui potrai cambiarti. Lo studio te l'ho già fatto vedere, quindi non appena finisci di cambiarti, inizia subito a metterti a lavoro. Abbiamo un detenuto che è ridotto male.>> conclude, indicandomi l'armadietto, che userò per i prossimi mesi.

Sono nervosa.

Sfilo la giacca, infilandola dentro questo piccolo spazio ristretto, insieme alla mia borsa, indossando il camice che la direttrice dai capelli rossi mi ha dato quando ho messo piede qui dentro, insieme alla fototessera.

Melody Smith, suona bene.

Esco dallo spogliatoio, dirigendomi a passo svelto nel mio ambulatorio, un po' titubante.

Dovrò subito mettermi a lavoro, e non ho la più pallida idea di chi c'è lì dentro ad aspettarmi.

Non appena raggiungo la porta dell'ambulatorio stranamente chiusa, caccio un sospiro, rivolgendo un sorriso alla guardia che sorveglia questa zona.
Entro dentro, e per poco non svengo quando vedo questa scena a dir poco spaventosa.

Un uomo tatuato, sta soffocando con un cuscino l'uomo disteso nel lettino, che non agisce.
Intervengo immediatamente, cercando di allontanare l'uomo, che stringe con forza il cuscino.

<<Smettila, lo stai uccidendo>> urlo, spintonandolo un po', ma rimane al suo posto, con gli occhi puntati sull'uomo, che sembra ormai privo di vita.

Continuo a spingerlo, schiaffeggiando la spalla, ma senza alcun risultato.

<< Chiamerò la guardia>> urlo, fortunatamente l'uomo lascia il cuscino, puntando le sue iridi scure sulle mie.

<<Non chiamerai nessuno.>> ringhia, spingendomi contro il muro con brutalità.

<<Non hai visto niente>> dice tra i denti, stringendomi con maggiore intensità il collo, lasciandomi senza fiato.

Una lacrima riga il mio viso, spaventata da quest'uomo è da quello che ho assistito.

È un assassino.

<<Se solo parli di questa storia con qualcuno. Sei morta>> afferma, urlandomi addosso, mordo il labbro inferiore trattenendo un singhiozzo.

Allenta la presa del collo, lasciandomi libera, mi limito ad annuire, asciugando le lacrime che sono uscite, cercando di tranquillizzarmi.

Ho paura, non riesco a smettere di piangere.

<<Si è suicidato>> aggiunge, indicando l'uomo sdraiato sul lettino ormai privo di vita.

<<Ok>> sibilo, sentendomi tremendamente in colpa, avrei potuto salvarlo se solo fossi arrivata prima.

L'uomo si limita ad annuire, voltandomi le spalle, uscendo dalla stanza in cui si è appena consumato un omicidio.

Cado a terra, scioccata dalla scena che ho appena assistito è spaventata da quell'uomo.

Inizio a piangere disperata, realizzando solo adesso le parole di quella donna.

Sono senza pietà.

Ed io sono diventata una loro complice.

Questa è la tana del diavolo.

Ed io sono il loro pasto.

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