2. Brian Brown

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                                    Melody

Continuo a piangere, battendo più volte le mani contro la parete, quando realizzo che l'uomo sdraiato è ormai morto.

Il cuscino che il detenuto ha usato è stato il colpo di grazia. Le ferite che ha riportato, avrebbero ugualmente spezzato la sua vita.

Perché gli hanno fatto questo?

Cosa ha fatto di male?

Copro il suo corpo con un lenzuolo bianco, cercando  subito una guardia, per avvisare la direttrice della morte del paziente.

Non ho il coraggio di dire la verità.

Apro la  porta, per chiamare la guardia che sorveglia questa zona, ma rimango perplessa quando mi accorgo che non c'è più nessuno.

Mi affretto ad uscire dalla stanza, non prima di chiuderla, assicurandomi che non ci sia nessun detenuto nei paraggi pronto ad entrare nuovamente dentro l'ambulatorio.

Inizio a correre quando incontro un ragazzo in divisa, che sta sorvegliando i detenuti dalla grande vetrata.

<<Mi scusi>> mormoro, puntando lo sguardo sul soggetto, evitando di guardare la vetrata, spaventata di incontrare l'assassino, che ha avuto il coraggio di minacciarmi.

<<Fabio>> mi porge la mano, mi affretto a stringerla, rivolgendogli un sorriso poco dopo.

<<Ti serve qualcosa?>> mi chiede, puntando nuovamente lo sguardo sulla vetrata, faccio lo stesso anch'io e per poco non svengo quando incontro le iridi scure dell'uomo che ha ucciso, quella povera vittima.

<<Si, è morto un detenuto>> sibilo, tremando come una foglia, quando realizzo che quell'uomo sta guardando proprio me.

<<Avviso la direttrice>> afferma, chiamando un suo collega, per sostituirlo.

Mi affretto a distogliere lo sguardo da lui, rientrando dentro l'ambulatorio, scossa per quello che è successo.

Cosa faccio?

Inizio a trascrivere i suoi dati, cercando di concentrarmi sul mio lavoro, accantonando tutto quello che è successo.

Non ci riesco.

Sento ancora le sue mani sul mio collo

Asciugo una lacrima, che è scesa con il dorso della mano, concentrandomi nuovamente sul foglio che devo assolutamente compilare. Ma rimango nuovamente bloccata quando mi ritrovo a scrivere la causa del decesso.

Non so cosa scrivere.

Io non riesco a mentire su una cosa del genere.

Non sono fatta così. Ho scelto di fare questo lavoro, perché voglio aiutare, salvare vite e non per infangare un pover'uomo.

Lancio la penna, alzandomi di colpo dalla sedia, strappando il foglio che ho appena compilato gettandolo nel cestino.

Mi ricompongo immediatamente, quando sento la voce della direttrice che mi chiede se può entrare.

Mi affretto ad aprirle, facendola entrare chiudendo nuovamente la porta alle mie spalle.

<<Cosa è successo?>> domanda, controllato il cadavere, alzando il lenzuolo che ho utilizzato per coprirlo.

<<Non c'è l'ha fatta>> mi limito a dire, infilando le mani dentro la tasca del mio camice, per nascondere il tremore.

La donna dai capelli rossi si limita ad annuire, coprendo nuovamente il viso dell'uomo.

<<Hai già scritto, la causa del decesso? Devo comunicarlo ai familiari>> ribatte, scuoto la testa, piuttosto tesa da questa situazione così pesante.

<<Si muova. E venga da me nel mio ufficio quando ha finito>> conclude, uscendo dalla stanza in fretta e furia, sbattendo la porta alle sue spalle.

Mi accascio a terra, scoppiando in lacrime per la seconda volta, consapevole di non essere in grado a sopportare tutto questo peso sulle mie spalle.

Non so come agire, cosa sia giusto fare, ho paura per quello che potrebbe succedere se solo decidessi di svelare la causa della morte di quest'uomo.

Perché è successo questo?

Perché proprio a me?

Stringo il ciondolo di mio padre, riflettendo bene su quello che devo fare, prima di rialzarmi e scrivere quel maledetto modulo.

🥃🥃🥃

Attraverso il lungo corridoio, un po' impaurita da quello che potrebbe succedere, e da chi potrei incontrare nel mio cammino.

Stringo tra le mani la cartella clinica di John, l'uomo che è deceduto poche ore fa' per mano di un assassino.

Mi affretto a bussare alla porta della direttrice, guardandomi intorno, assicurandomi che nessuno mi abbia seguita.

Entro subito, non appena la donna mi autorizza a farlo, saluto il mio capo e la guardia che l'affianca.

Ricordandomi solo adesso di aver già visto l'uomo in questione, davanti alla porta dell'ambulatorio.

Perché è andato via? Perché non è venuto in mio soccorso quando ha sentito le mie urla?

Allontano subito i ricordi che riaffiorano, concentrandomi sul mio capo che continua ad osservarmi. Gli porgo la cartella clinica di John, sedendomi subito sulla sedia girevole, posizionata davanti alla scrivania.

<<Hai scritto tutto?>> chiede, sfogliando i fogli della cartella.

<<Si>> mormoro, sfregando le mani sulle ginocchia.

<<Hai scritto, che si è trattato di soffocamento. Spiegati meglio>> chiude la cartella, poggiandola sulla scrivania, puntando lo sguardo su di me.

<<L'hanno ucciso>> sibilo, mandando giù il groppo in gola che si è appena creato.

<<Chi?>> domanda alzando il tono della voce, alzandosi di colpo dalla sedia.

<<È stato un detenuto, l'ha soffocato con un cuscino>> ribatto, abbassando lo sguardo spaventata da quello che potrebbe succedere adesso che ho detto la verità.

<<Chi è stato?>> urla avvicinandosi a me.

<<Non so chi sia. Non conosco il suo nome>> mi affretto a dire asciugando le lacrime che sono scese.

<<Ti ricorderai il suo viso?>> mi limito ad annuire, mordendo il labbro inferiore, per farlo smettere di tremare.

<<Bene, vieni con me.>> mi ordina uscendo dal suo ufficio, mi alzo anch'io seguendola spaventata di incontrare nuovamente quell'uomo.

<<Dimmi chi è?>> sbraita, guardando i detenuti con disprezzo.

Inizio a cercare l'uomo, analizzando ogni detenuto, con attenzione.

<<È quello>> indico l'uomo che ha commesso l'omicidio seduto su uno scalino, a ridere insieme ai suoi compagni.

<<Chi?>> mi domanda ancora, questa volta evitando di urlare.

<<Quello lì seduto, sta mangiando una mela>>

Tremo di nuovo quando vedo le sue iridi scure incrociare le mie.

<<Brian Brown>> dice tra i denti, puntando le sue iridi chiare sulle mie.

Si chiama Brian.

L'uomo che mi ha minacciata.

<<Hai assistito all'omicidio?>> continua a chiedere, questa volta addolcendo il tono.

<<Si>> scoppio in lacrime, consapevole che da qui a breve la mia vita sarà un inferno.

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