Quarto capitolo. Ginevra.

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“Ginevra? Sei tu?”
“Si sono io mamma. Sono tornata.”
Sento i suoi passi veloci che si dirigono in entrata mentre attacco la mia giacca all’attaccapanni.
“Ma si può sapere dove sei stata tutta la notte? Ti ho chiamato mille volte e ce l’ avevi sempre spento. Tuo papà è uscito a cercarti stamattina presto.”
“Scusa mamma, avevo il cellulare scarico.”
“E non potevi avvertirci con il cellulare di qualcun altro? Dove diavolo sei stata?”
“Sono stata da Edo.”
Faccio le scale velocemente sperando di arrivare in camera mia il più presto possibile, al sicuro da tutte quelle domande. Poi sento uno strattone al braccio che mi fa girare.
“Ma sei impazzita mamma? Mi fai cadere.”
“Voglio sapere dove sei stata stanotte mentre io e tuo papà pensavamo disperati a tutto quello che poteva esserti successo. Abbiamo passato una notte infernale.”
“Ho già detto che mi dispiace.”
“Dimmi dove sei stata ho detto!”
“Ti ho già detto che ero da Edo!”
“Ah si? E perché la tua macchina non era davanti casa sua e quando stanotte abbiamo suonato il campanello non abbiamo avuto risposta?”
“Cos’è mi controlli?”
“Sono tua mamma certo che ti controllo ne ho tutto il diritto! Ci hai spaventato a morte! Dove sei stata!”
“Se ti calmi e la smetti di urlare te lo dico!”
“Dimmelo!”
“In ospedale!”
La sua mano finalmente mi molla il braccio e la sua faccia perde completamente colore.
“In ospedale? A fare cosa?”
“Non sono stata bene, ho preso freddo. Sto benissimo adesso non c’è bisogno che fai un infarto.”
“E perché non ci hai avvertito?”
“Ho detto che avevo il telefono scarico!”
All’improvviso una porta si apre scricchiolando, proprio sopra le scale e ne esce una bambina tutta assonnata e con i capelli rossi come il fuoco.
“Ma cos’è questa confusione?”
“Daisy, tesoro, torna a dormire è presto. Adesso smettiamo di urlare.”
La voce di mia mamma improvvisamente dolce e piena d’affetto mi fa infuriare come una belva.
Scendo le scale superando mia mamma, riprendo la giacca che avevo appena appoggiato sull’attaccapanni e la borsa che avevo buttato sul divano.
“Si Daisy non ti preoccupare smettiamo di urlare perché il tuo disastro di sorella se ne va!”
Apro la porta e esco come una furia andando a sbattere contro mio papà che sta tornando dalla mia “ricerca”. Lo guardo in faccia inferocita ma il suo sguardo distrutto dopo una notte passata a cercare sua figlia mi fa sentire terribilmente in colpa.
“Ciao pà.”
Lo scanso e mi avvio a piedi con il fuoco sotto i piedi e le lacrime negli occhi.

Nove mesi per due.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora