Capitolo 46. Ginevra.

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“Dai Ginny ti ho detto che mi dispiace. Non ho fatto apposta. Non vedevo l'ora di vederti e mi sono fatto prendere dall'entusiasmo. Ero convinto che fossi tu.”
Edoardo non ha ancora smesso un secondo di giustificarsi da quando siamo usciti dal bar.
Dopo che gli impedito di prendere a pugni Michele mi sono girata e ho visto che avevamo tutti gli occhi puntati su di noi: in quel momento sembrava che anche le bottigliette d'acqua del frigo ci stesso fissando, così ho preso Edoardo per un braccio e l'ho trascinato fuori imbarazzata.
“Puoi rispondermi? Insultami se ti fa stare meglio ma almeno parlami.”
“Mi hai fatto fare una figura di merda davanti a tutti.” gli dico rabbiosa.
“Quello ti stava guardando il culo.” mi dice arrabbiato come se la colpa fosse improvvisamente mia.
“Quello ha un nome e quello è un mio amico.”
“Spero tu non abbia solo amici che ti guardando così.” mi risponde borbottando.
“Ah stai tranquillo, se continui ad attaccarli al muro ben presto non ne avrò più di amici.”
“Ginevra ti stava guardando come se fossi sua. Ti assicuro che lo conosco bene quello sguardo e scusa tanto se mi ha dato fastidio.”
“Tra il fastidio e attaccare al muro uno c'è differenza! E sai cosa ti dico? Puoi startene e New York se devi piombare qui e farmi fare delle figure del genere davanti a metà scuola.”
Senza neanche rendermene conto siamo arrivati davanti alla mia casa e io mi sento esausta.
“Sono arrivata. Ciao.” gli dico con tono freddo.
Mi incammino per il vialetto di casa mia con la testa bassa e quando lo sento sospirare mi sento terribilmente in colpa per come l'ho trattato.
Mi giro per guardarlo e lo trovo nello stesso punto in cui l'ho lasciato che si guarda i piedi come se stesse riflettendo su qualcosa: ho la sensazione che stia pensando se ne vale la pena continuare la nostra storia e subito sento che il mio stomaco si sta preparando per vomitare.
“Edo?”
“Dimmi.” mi risponde senza alzare lo sguardo.
“Vuoi entrare?”
“No grazie, vai pure.”
Sento che il mio cuore manca un battito.
“Perchè non vuoi entrare?”
“Perchè mi sono stufato.”
Sento che sto per mettermi a piangere. Di solito non sono una persona che piangere per ogni cretinata ma ultimamente sembra che i miei ormoni siano impazziti e se non sono infuriata con il mondo, come mi capita di solito, sto piangendo per qualcosa.
“Di cosa ti sei stufato?” gli chiedo cercando di non far tremare la voce.
Edoardo mi guarda dalla sua posizione e non mi risponde, poi dà un'occhiata alla mia casa e sbuffa.
“Di niente. Vai dentro che prendi freddo.”
“No, dimmi di cosa ti sei stufato. Di me?” mi sento morire a pronunciare quelle parole e ho il terrore che da un momento all'altro mi dica che è così.
Ci pensa un attimo evitando di guardarmi poi si tocca i capelli e si sposta il ciuffo che gli sta cadendo sugli occhi.
“Non potrei mai stufarmi di te anche se mi tratti sempre male e non capisco il perchè. Va in casa.”
Se ne va lasciandomi di sasso.

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