Capitolo 25. Ginevra.

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“No papà, è la verità. Io e Edoardo aspettiamo un bambino. Anzi a dire il vero è una bambina e...si insomma diventerete nonni, non è stupendo?”
Mi rendo subito conto che con quest'ultima frase ho esagerato, infondo è ancora un po' presto per scherzarci su.
Mio padre sposta di nuovo lo sguardo su Edoardo e stavolta lo guarda come se gli si stesse per avventare contro.
“Hai messo incinta mia figlia e poi te ne sei andato a New York a fare i tuoi comodi?”
“Papà non prendertela con Edoardo! Sono io che l'ho praticamente obbligato ad andarci, lui non voleva neanche partire e oggi era il suo primo giorno ma come vedi è corso qui prima di voi.”
“Prima di noi? Perché nessuno ci ha avvertito! Tu non ci hai avvertito! Tu non ci avverti mai di un cazzo!”
Mio papà a questo punto è davvero furioso come mi aspettavo che sarebbe diventato. Solo non mi aspettavo se la sarebbe presa così tanto con Edo.
Ha sempre avuto difficoltà ad accettare Edoardo, molto di più di mia mamma che invece l'ha accolto a braccia aperte già dalla prima volta che l'ho presentato a loro.
Lui è stato il primo e unico ragazzo che ho portato in casa. Nonostante abbia avuto altre storielle di poco conto lui è stato l'unico che ho voluto presentare alla mia famiglia perché sapevo che con lui sarebbe stato diverso, e avevo ragione.
Ricordo che la prima volta che ha messo piede in casa nostra mio papà, dopo averlo squadrato dalla testa ai piedi, gli ha borbottato un “piacere” e se ne è andato nel suo studio. Una volta che Edo se ne andò lui mi prese da parte e mi disse:
“Ginevra, sul serio. Cosa ci trovi in uno così?”
Ci rimasi molto male perché il parere di mio padre per me era oro e ci tenevo che loro due andassero d'accordo ma con il passare dei mesi mi resi conto che qualsiasi persona avessi portato a far conosce ai miei genitori a lui non sarebbe andata bene e che il problema non era Edo, il problema era che mio papà era tremendamente geloso della sua bambina.
Così mi misi l'anima in pace.
Edoardo mi scuote leggermente invitandomi a dire qualcosa e mio padre lo fulmina con gli occhi.
“Cosa c'è? Hai paura a rispondere tu invece di mandare avanti lei?”
“Non ho paura proprio di niente. Non mi pento di quello che ho fatto e lo rifarei se tornassi indietro. Se vuole che sia io a parlarle al posto di sua figlia io non ho nessun problema.”
La voce calma di Edoardo mi fa capire quanto siamo diversi. Io non riesco a stare così tranquilla quando qualcuno mi rivolge un'accusa e questa è una delle sue qualità che più invidio.
“Immagino che non ti penti di esserti scopato mia figlia!”
“Papà!”
“Bè scusa Ginevra ma è la verità! E tu sei più stupida di quello che credevo! Come ti è venuto in mente di farti mettere incinta da uno che prende e se ne va? E questo bambino chi lo mantiene adesso?”
“Se crede che chiederemo dei soldi a voi si sbaglia di grosso. Tutto quello che vorremo da voi è la vostra comprensione e che stiate vicino a vostra figlia come solo un genitore può fare. Tutto qui. Ci penseremo noi a mantenere nostro figlio e a farlo crescere.”
“E con quali soldi?” dice mio padre con una risata amara.
“Questo non è un problema suo.”
“Questo non è...questo è eccome un problema mio ragazzino! E' chiaro che voi due non siete in grado di mantenerlo. Per Dio, avete solo vent'anni razza di incoscienti!”
“E' chiaro che lei non mi conosce. Io sono perfettamente in grado di mantenere sia mio figlio che Ginevra perché andrò a lavorare notte e giorno se necessario.”
“A New York? E glieli manderai per posta i soldi? Per favore non diciamo stronzate!”
“Papà abbassa la voce, non siamo a casa nostra.”
Vedo mio papà infuriato come poche volte l'ho visto. Edoardo invece continua a restare calmo, potrei quasi giurare che si stia divertendo.
Guardo mia madre che non ha ancora detto una parola e mi fissa come se non mi conoscesse. Mi concentro su di lei.
“Mamma tu non dici niente?”
Chiude gli occhi un attimo e vedo che le tremano le mani. Poi si avvicina a me e mi tocca la testa riaprendo piano gli occhi e respirando profondamente.
“Ginevra, non sei obbligata a tenerlo lo sai. Si potrebbe pensare di...”
“Mamma che cazzo dici no! Io lo voglio questo bambino, sto lottando con tutte le mie forze per non perderlo!”
Si allontana da me quasi spaventata e vedo mio padre che le poggia una mano su un fianco.
Vedo sui loro visi due sentimenti contrapposti: mio padre furioso con Edoardo, come se la colpa fosse tutta sua, e mia madre spaventata a morte, molto più di me.
Faccio un respiro profondo e stringo di più la mano di Edoardo che ricambia la mia stretta sorridendomi. Basta questo a farmi sentire più forte che mai.
Guardo di nuovo i miei, prima uno e dopo l'altro, e penso mentalmente come buttare giù le parole che voglio dirgli.
“Mi sembrava giusto dirvelo. Non vi ho mai detto balle e non volevo iniziare proprio adesso a dirvele. I dottori ci hanno detto fin da subito che la mia gravidanza sarà molto pericolosa, sia per me che per il bambino, e non potevo continuare a dirvi che ero in giro quando in realtà ero in ospedale. Questo è il solo motivo per cui ve l'ho detto, di certo non è perché voglio soldi da voi o perché voglio qualcuno che me lo cresca.
Certo, non mi aspettavo che sarebbe arrivato così presto. Ma che voi ci crediate o no io e Edoardo siamo molto contenti. Io sono molto contenta. E anche se le cose dovessero andare male tra me e lui io non mi pentirò mai di questo bambino perchè è l'unico da cui vorrei un figlio.” mi giro un attimo verso Edoardo che mi guarda sorridendo, così continuo tornando a guardare loro.
“Perciò le cose stanno così. Se accetterete questo bambino tornerò a casa con voi dal momento che sono vostra figlia e Edoardo tornerà a New York come IO gli ho chiesto. Altrimenti io partirò con lui.”
“Che cosa? E l'università?” mia madre mi guarda come se avessi bestemmiato.
“Cristina, torniamo a casa. Ginevra è completamente impazzita stando con questo qua!” urla mio padre indicando Edoardo.
“Papà smettila di prendertela con Edoardo! Eravamo in due quella notte non ha fatto tutto lui!” stavolta urlo anche io e mio padre fa un passo indietro, sorpreso dalla mia reazione. Mi guarda un'ultima volta e poi esce dalla stanza.
Non era la reazione che mi aspettavo, soprattutto da lui. Mi sento improvvisamente sola e sento che mi sta per scendere una lacrima. Poi mi accorgo che mia mamma è ancora nella stanza, in piedi che mi fissa come se fossi pazza. Guarda me, guarda Edo e poi il suo sguardo cade sulle nostre mani, strette l'una all'altra per darci forza a vicenda. Le compare un leggero sorriso.
“E' quello che vuoi, Ginevra? Anzi...è quello che volete?”
“Si mamma. E' quello che vogliamo. A qualsiasi costo.” dico con la voce così sicura che quasi non mi riconosco.
Si avvicina a me e mi dà un bacio leggero sulla testa.
“Dagli un po' di tempo, capirà.” mi sussurra a un orecchio.
Ci guarda con tenerezza prima di lasciare la stanza anche lei.
“E' andata piuttosto bene, non credi?” mi dice Edoardo con un velo di ironia.

Nove mesi per due.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora