Sesto capitolo. Ginevra.

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Entro in macchina senza dire una parola e lui fa lo stesso con me.
So che odia il silenzio e lo vedo buttare un occhio verso la radio ma dopo la mia sfuriata di poche ore prima non si azzarda neanche ad accenderla. Sospira.
Lo guardo cambiare le marce e spostare gli occhi da una parte all'altra agli incroci. Ha lo sguardo duro e assonnato e subito vengo avvolta da una voglia irrefrenabile di baciarlo.
Mentre accelera e mette in quarta gli prendo la mano che è calda e morbida come sempre ma lui, dopo aver ingranato la marcia, la ritrae e l'appoggia sul volante vicino all'altra prima di fare un altro sospiro, questa volta più piano.
“Dove stai andando?”
“Ti riporto a casa.”
“No ti prego non ci voglio andare. Ho litigato con mia mamma. E poi volevo stare un po' con te per...per farmi perdonare.”
Mi rivolge uno sguardo veloce e poi si riconcentra sulla strada.
Imbocca la via della sua casa e due minuti dopo si ferma davanti al cancello leggermente malconcio. Lo apre facendolo cigolare e entriamo in casa.
“C'è un po' di casino, oggi volevo mettere a posto.”
“Non ti preoccupare.”
“Senti ti dispiace se vado in doccia?”
“No vai pure. Io mi metto sul divano e dormo un po'.”
“Si, aspetta che tolgo un po' di cose.”
Dopo aver tolto dai cuscini del divano dei libri e una sua felpa prende una coperta blu e la apre.
“Dai stenditi che ti copro.”
Mi corico sul divano e lascio che mi avvolga con la coperta, mi appoggia il telecomando sul tavolino e spinge il tasto di accensione del camino che si trova proprio alla fine della stanza, dalla parte dei miei piedi.
“Grazie.”
“Chiamami se hai bisogno, faccio veloce.”
Se ne va sempre con il suo broncio ben stampato in faccia lasciandomi li da sola.
Accendo la tv. Guardo un po' di canali ma non c'è niente che mi entusiasmi così la spengo e chiudo gli occhi ma dopo soli due minuti di nuovo quella voglia di baciarlo irrefrenabile mi attanaglia.
Mi alzo e mi dirigo al piano di sopra dove sento l'acqua della doccia che scorre. Apro la porta piano per non farmi sentire e subito vengo avvolta da una nebbiolina calda.
Edo è in doccia, girato di spalle che canta a squarciagola una vecchia canzone degli oasis. Non so se sia più bella la sua voce o la sua schiena nuda.
Mi spoglio cercando di fare più piano che posso e entro in doccia, abbracciandolo da dietro. Appogio la mia guancia contro le sue spalle e lo sento irrigidirsi e smettere di cantare. Non lo lascio.
Muove un braccio e lo sposta indietro, poggiando una mano sulla mia schiena, pochi centimetri sopra al sedere.
Dopo qualche secondo si gira pian piano cercando di liberarsi dal mio abbraccio e quando è girato completamente mi fissa negli occhi.
“E se non ero io? Metti che fosse entrata una in casa mentre io dormivo e ti volesse violentare?”
“Mi sarebbe andata bene lo stesso.”
Gli pizzico un fianco e lo guardo seria. Ride e mi poggia una mano sulla guancia senza distogliere gli occhi dai miei.
“Cosa fai qui dentro?”
“Avevo voglia di baciarti.”
“E allora cosa aspetti?”
Mi alzo in punta dei piedi per raggiungere la sua bocca, la tocco con le dita e poi ci appoggio le mie labbra. Per un attimo sento che tutto è possibile, che tutto andrà bene. Per un attimo sono felice e decido che questa è la sensazione che voglio provare per il resto della mia vita. Con lui.

Nove mesi per due.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora