Capitolo 18. Ginevra.

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“Ginny, mi accompagni dentro?”
“Scherzi?”
“La mamma mi accompagna sempre dentro.”
Sbuffo e controvoglia apro la portiera della macchina di Nico e, dopo averla richiusa con rabbia, mi dirigo davanti alla porta della scuola con mia sorella al mio fianco. Appena in tempo per il suono della campanella.
“Dai vai. Per un pelo e arrivavi in ritardo.”
“Non mi dai un bacino? La mamma me lo dà sempre.”
“Che cosa? Adesso stai esagerando. Vai.”
Daisy mi rivolge uno sguardo triste e si avvia all'interno della scuola con la testa bassa. Per la prima volta in vita mia mi sento in colpa per averle risposto male.
Quando torno in macchina trovo Nico impegnato a leggere un giornalino porno con i piedi sul mio sedile. Appena mi vedi li toglie per farmi entrare ma non nasconde il giornalino.
“Non tornavi più così mi sono messo a leggere qualcosa.” mi dice mostrandomi il giornalino. Faccio una smorfia di disgusto e mi chiedo cosa possano avere in comunque queste persone con il mio Edo.
“Scommetto che la tua ragazza sarebbe molto contenta e fiera di te.”
“Lucrezia lo sa già, non c'è bisogno che fai la spia. Mi dispiace doverti privare di questa soddisfazione.”
“Non glielo avrei detto comunque. Sai cosa mi importa del tuo rapporto con la tua ragazza.”
Mette via il giornalino e riparte come se niente fosse. All'improvviso mi chiedo cosa ci faccio in macchina con questo ragazzo e cosa mi abbia detto la testa quando ho accettato il passaggio.
“Senti, non ho bisogno di te puoi mettermi giù.”
“Scusa?”
“Non ci voglio andare dal dottore con te. Mettimi giù.”
“Va bene, allora ti riporto a casa.”
“No grazie, mettimi pure giù qui.”
“Che cosa? Non ti metto giù qui, in mezzo alla strada.”
“Ho detto di mettermi giù.”
“Senti carina. Io non sono Edo che mi comandi a bacchetta. Ho detto che ti riporto a casa e così farò e se non ti sta bene prova a fermarmi.”
Sento il viso diventarmi rosso dalla rabbia e il sangue che mi ribolle nelle vene. Tiro il freno a mano più forte che posso e per un attimo ho paura che mi resterà in mano ma così non è. La macchina frena di colpo e il corpo di Nico rimbalza in avanti facendo suonare il clacson con il peso del suo torace. Subito dopo anche le macchine dietro di noi fanno suonare il clacson accompagnati da una serie di insulti mentre ci sfrecciano di fianco sorpassandoci.
“Ma sei fuori di testa?! Che cazzo fai? Potevamo ucciderci se le macchine dietro non frenavano.”
Apro la portiera e esco dalla macchina senza neanche rispondergli. Cammino con passo svelto e deciso ancora tremando per la rabbia e la paura che io stessa ho preso.
Ad un tratto sento una stretta al braccio destro e successivamente uno strattone che mi fa girare e barcollare pericolosamente.
“Ma sei impazzito? Mi stavi staccando un braccio razza di coglione!”
“Cosa mi hai detto?”
“Che sei un coglione!”
Vedo il fuoco accendersi nei suoi occhi e il suo viso farsi scuro. Lo spingo via ma prima che possa rigirarmi e riprendere a camminare lui mi afferra per le spalle e me le stringe talmente forte da lasciarmi i segni.
“Mollami!”
Ha gli occhi infuocati e mi stringe sempre più forte sollevandomi da terra. Mi dimeno come posso ma la stretta è talmente forte che non riesco quasi muovermi.
“Mettimi giù idiota o inizio a urlare e appena mi lascerai chiamerò Edo!”
Appena pronuncio il suo nome cambia espressione. Gli occhi si spengono, la fronte si rilassa e la presa rallenta. Sembra che la persona che prima si è impossessata del suo corpo sparisca e torni il ragazzo che stamattina era tutto preoccupato della mia salute.
“Scusa Ginevra. Non so cosa mi sia preso.”
“Mettimi giù!”
Mi mette a terra con delicatezza e poi fa un passo indietro, come se fosse spaventato da quello che potrei fare adesso che mi ha liberato.
Mi massaggio le spalle dove prima vi erano le sue dita e quando sposto un po' la maglia per vedere la mia pelle noto che ci sono due grossi segni rossi che presto diventeranno viola.
“Aspetta fa vedere.”
Nico si avvicina alla mia spalla ma prima che mi possa toccare gli do uno spintone che non lo sposta di un millimetro dalla sua posizione ma è sufficiente per impedirgli di avvicinarsi di più.
“Stai lontano.”
“Scusami. Non dirlo a Edo, per favore.”
“Non dirlo a Edo un cazzo, lo chiamo subito!”
Tiro fuori il cellulare dalla tasca dei miei jeans ma subito mi viene strappato dalle mani con la stessa rabbia e ferocia di poco prima.
“Ti ho detto di non dirglielo.”
“Dammi il telefono o il fatto che lo venga a sapere Edoardo sarà l'ultima cosa di cui ti dovrai preoccupare.”
“Ginevra ti prego lui...”
“Dammi quel cazzo di telefono!”
Mi porge il mio telefono guardando in basso con un'espressione addosso di un cane bastonato. Non mi faccio intenerire e compongo veloce il numero di Edoardo.
“Se glielo dici lui tornerà indietro immediatamente e...oggi è il suo primo giorno.”
Nico sembra supplicarmi ma prima che abbia il tempo di rispondergli sento la voce di Edoardo dall'altra parte del telefono.
“Amore ciao! Ho appena finito la prima lezione...devi vedere questa scuola è una figata pazzesca! Ci sono strumenti musicali dappertutto e li possono usare tutti! Adesso sto andando in segreteria a prendere le chiavi del mio armadietto. Ti rendi conto che avrò un mio armadietto? Voglio attaccarci subito la tua foto dentro...per dentro così la posso vedere solo io. E poi vado a prendere il modulo per scegliere i corsi da frequentare. Ce ne sono un sacco voglio iscrivermi a più corsi possibili. E...aspetta. Tu come stai? Va tutto bene?”
Sentire l'entusiasmo nella sua voce mi fa cambiare subito idea: non posso dirgli di Nico altrimenti mollerebbe tutto per tornare qui a spaccargli la faccia. E io non voglio. Erano settimane che non lo sentivo così felice.
“Ehi, Ginny? Ci sei?”
“Si, ci sono.”
“Stai bene?”
“Si...sto bene. Volevo solo sentire la tua voce.”
Lancio un'occhiata a Nico e lo vedo riprendere a respirare.
“Davvero?”
“Si davvero. Mi manchi sai?”
“Anche tu mi manchi tesoro. Ma ci vediamo tra due settimane, ho già chiesto se posso saltare due giorni così vengo con te a vedere il nostro bambino...scusa, la nostra bambina.”
“Davvero? Grazie tesoro. Non sarei stata tranquilla ad andarci da sola.”
Un'ambulanza sfreccia sulla strada talmente velocemente che mi fa svolazzare i capelli seguita dal suono assordante dalla sirena.
“Ginny ma dove sei?”
“Ehm...sono per strada. Ho accompagnato mia sorella a scuola e visto che ero in giro sto facendo una passeggiata.”
“In mezzo alla strada? Non potevi andare in un parco?”
“Si avrei potuto. Vabbè ma adesso sto tornando a casa. Metto giù e salgo in macchina.”
“Si è meglio. Lo sai che non devi prendere freddo. Ci sentiamo dopo? Così ti mando la foto del mio armadietto.”
“Certo. A dopo.”
“A dopo. Dai un bacio alla bimba.”
“Edo aspetta. Sono veramente contenta per te.”

Nove mesi per due.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora