Capitolo 32. Edoardo.

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Guardo fuori dal finestrino e mi sembra di conoscerlo già a memoria questo paesaggio. Penso a quante volte dovrò vedere questo panorama facendo avanti e indietro tra New York e Italia.
Nico è seduto vicino a me e sta cercando un film da guardare sul display davanti a lui ma nessuno di quelli che ci sono in lista sembra convincerlo.
“Come l'ha presa Lucrezia?”
“Malissimo. Credo che quando ricomincerà a parlarmi sarà per mollarmi.”
“Non mi sembri molto dispiaciuto.”
Nico alza le spalle e si concentra sullo schermo. Dopo aver premuto dei tasti lo vedo mettersi le cuffie con aria soddisfatta. Sbircio il suo schermo e vedo che ha scelto una puntata di “Leone il cane fifone”. Sorrido e riprendo a guardare fuori dal finestrino.
Ginevra è stata dimessa dall'ospedale questo pomeriggio e quando siamo usciti i suoi genitori la stavano aspettando fuori. L'hanno supplicata di tornare a casa con loro e quando ha accettato suo padre le ha addirittura accarezzato la pancia emozionato.
Per quanto riguarda me quando è stata ora di salutarmi mi ha rivolto un “allora ciao” freddo e mi ha dato un bacio sulla guancia. Non che mi aspettassi grandi feste ma devo dire che questo episodio mi ha lasciato con l'amaro in bocca.
Gli unici che hanno preso bene la notizia che Nico venisse con me a New York sono stati i suoi genitori. Sua madre si è fatta scappare una lacrima ma alla fine anche lei l'ha presa bene. Hanno detto che sono contenti che Nico stia un po' con me così da potersi “calmare” ma lo hanno anche avvertito che alla prima rissa verrà spedito in collegio. Non so se esiste un'età massima oltre la quale non si può più andare in collegio ma sono sicuro del fatto che non farebbero mai una cosa del genere, tengono troppo a lui.
I suoi genitori ci hanno accompagnato in aeroporto e dopo averci abbracciato a lungo entrambi ci hanno raccomandato di chiamarli appena arrivati.
Vengo distratto da una risata assordante e quando mi giro trovo il mio migliore amico con le lacrime agli occhi che fissa lo schermo e ride vedendo il cane rosa ricoperto di una sostanza verde.

Arrivati in hotel noto che alla reception non c'è la stessa ragazza dei giorni scorsi: al suo posto c'è un ragazzo in giacca e cravatta con i capelli corti che parla al telefono. Ci avviciniamo e aspettiamo che riagganci.
“Cazzo, Lucrezia non mi risponde neanche.”
“Perchè è notte in Italia. Probabilmente dorme.”
“Si dorme e ci scommetto non da sola.”
“Ma dai Nico, un po' di fiducia.”
Il ragazzo mette giù il telefono e, dopo aver scritto qualcosa su un foglietto, ci sorride.
“Good evening.”
“Ti prego dimmi che anche tu sai l'italiano.” gli dico leggermente preoccupato.
“Certo. Tutti sanno l'italiano in questo hotel, c'è una numerosa clientela italiana che frequenta questo posto. In cosa posso esservi utile?”
“Io ho chiamato prima per farmi cambiare la stanza. Prima avevo una singola e volevo cambiarla in una doppia.”
“Ah si. De Guidi giusto?”
“Esatto.”
“Allora i tuoi documenti già li ho. Mi servono quelli della seconda persona.”
Entrambi fissiamo Nico che si guarda attorno stranito.
“Nico pensi di dargli i documenti o vuoi dormire nella reception?”
Mi guarda come se avessi parlato Russo e mi chiedo se in questo albergo sono destinato a fare solo figuracce.
“La tua carta d'identità cretino!”
“Ah...si adesso te la cerco.”
Il ragazzo alla reception ci guarda e sorride, probabilmente dentro di lui sta pensando che non siamo del tutto normali.
Dopo qualche minuto di ricerca finalmente trova la sua carta d'identità e, dopo averci dato le chiavi della stanza nuova, prendiamo l'ascensore e andiamo in camera.
Sono così stanco che non vedo l'ora di mettermi sotto le coperte e dormire ma prima sento il bisogno di sentire la voce di Ginevra.
Compongo il suo numero e aspetto.
“Chi chiami?” mi chiede Nico buttando la sua valigia ai piedi del letto.
“La mia ragazza.”
“Non ho intenzione di sentire smancerie mentre la mia di ragazza è molto probabilmente a letto con il primo che passa. Vado a farmi bello per dormire.” dice prima di prendere uno spazzolino e un pettine dalla sua valigia e di sparire in bagno.
“Pronto.” mi risponde fredda Ginevra dopo il quinto squillo.
“Ehi ciao. Volevo solo dirti che sono arrivato.”
“Va bene, grazie.”
“Dai torna a letto adesso.”
“Ok, notte.”
“Dai Ginny, per quanto pensi di tenermi il muso?”
“Almeno fino a domani sera. Almeno.”
“Va bene ma io domani mattina il buongiorno te lo voglio dare lo stesso, anche se sei incazzata.”
“Fai pure.”
“Buonanotte allora.”
“Notte.”
“Aspetta. Ti amo.”
Ginevra non risponde e per un attimo credo che sia caduta la linea poi sento un sospiro.
“Domani sera può essere che ti amerò anche io. Ciao.” riaggancia e non mi dà il tempo di risponderle.

Nove mesi per due.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora