Decimo capitolo. Ginevra.

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Mai come in questo momento mi sono sentita sola e persa. Non so cosa accadrà appena Edo partirà su quell'aereo. Non so cosa sarà di me, del bambino. Non so cosa sarà di noi.
Mi sento soffocare. Sento che niente potrebbe farmi sorridere in questo momento. Non mi sono mai sentita così.
“Ho paura.”
La voce mi esce strozzata e appena me ne accorgo trattengo il respiro per soffocare un singhiozzo. Non voglio piangere di nuovo davanti a lui. Sarei una grande egoista a farlo. Questo è il suo sogno ed è giusto che lo realizzi.
Faccio un respiro profondo e cerco di mandare indietro le lacrime. Devo essere forte. Devo esserlo per lui. Glielo devo.
“Di cosa hai paura?”
Non rispondo, non ci riesco.
“Ginny?”
Gli faccio segno con la mano di aspettare un attimo e lui riprende a guidare lanciandomi un'occhiata ogni tanto.
Chiudo gli occhi e mi concentro. Cerco di pensare che tutto andrà bene, che andrò a trovarlo presto e che lui verrà a trovarmi presto. Cerco di convincermi che non dovrò affrontare tutto da sola e che sarà meno dura di quello che penso e che sono forte.
Lo sento mettere la freccia e rallentare. Apro gli occhi e vedo la mia casa davanti a me. Siamo arrivati.
Faccio un altro respiro profondo e mi giro a guardarlo. Ha gli occhi sul volante e sembra confuso. Quasi più di me.
“Non parto.”
“Che cosa?!”
“Non parto. Voglio stare qui con te. Con voi due.”
Mi slaccio la cintura e mi siedo in braccio a lui. Edo manda indietro il sedile per fare in modo che ci stiamo tutti e due e affonda la testa fra i miei capelli.
“Ce la caveremo benissimo noi due.”
“Non posso andarmene proprio adesso. Non posso fare una cosa del genere non so neanche come mi sia venuto in mente.”
Sento che la sua voce trema. Sento che anche lui ha paura, forse più di me.
Gli prendo il viso tra le mani e lo costringo a guardarmi negli occhi.
Improvvisamente mi sento forte, molto forte. Sento che tra i due quella che deve essere forte sono io perché per lui è molto più difficile.
I genitori di Edo sono morti qualche anno fa e lui da quel giorno ha sempre dovuto cavarsela da solo. Ho sempre pensato che lui fosse una roccia, la mia roccia. Ma adesso, con gli occhi che lottano per non piangere e la voce che trema, sono io la più forte. Perché so che nonostante tutto a casa ho qualcuno che mi aspetta.
Gli bacio il naso e poi la bocca. E' un bacio leggero e delicato come un soffio di vento primaverile. Appoggio la mia fronte contro la sua e gli sorrido.
“Puoi farlo perché te lo sto chiedendo io. Vai la e conquistali tutti come hai fatto con me.”
Si lascia scappare un singhiozzo e una lacrima. Lo bacio di nuovo, stavolta con più passione. Premo le mie labbra contro le sue e poi intreccio la mia lingua alla sua. Lo bacio ancora e ancora, sempre con più passione. Mi siedo a cavalcioni su di lui e gli tolgo la maglia scoprendogli il petto che odora ancora di bagnoschiuma e inizio a baciarglielo fino ad arrivare alla cintura dei jeans. Glieli slaccio.
“Ginny cosa fai? Non si può...”
Lo zittisco con un bacio e mi tolgo la maglia anche io. Lo ribacio e sento le sue mani scorrere lungo la mia schiena in cerca del gancetto del reggiseno. Finalmente lo trova e lo apre. Poco dopo siamo nudi e distesi sul sedile dalla parte del guidatore.
Mi bacia il collo e io chiudo gli occhi cercando di assaporare quell'attimo il più possibile.
“Sei sicura?” mi sussurra all'orecchio.
“Fai piano.”
Mi bacia un'ultima volta prima di entrarmi dentro. La paura di provocare dei problemi al bambino lascia il posto al piacere e alla voglia di sentirlo sempre di più.
Lo sento aumentare d'intensità sempre di più e mi aggrappo alla sua schiena. Sento il suo respiro vicino alla mia gola e sento il mio cuore battere d'amore.
“Edo fermati.”
Si blocca subito e mi guarda preoccupato.
“Ti ho fatto male?”
“No è che farai tardi.”
Lo vedo rilassarsi e sorridere. Mi dà un bacio leggero.
“Ancora cinque minuti.”

Nove mesi per due.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora