capitolo undici

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Harmony

La serata che ho passato ieri con gli amici di Tancredi è stata normale.
Pensavo che mi avessero assillata con qualche domanda strana o roba del genere, invece è andata secondo le mie aspettative.
E poi la felpa è stupenda.
Ho davvero voglia di lasciarla per la giornata di oggi.
È calda per il tempo freddo di fuori.
Mi vesto, afferro lo zaino e vado in cucina.
Sul divano ci sono una Stella e un'Angelica abbastanza assonnate che fanno colazione.
Credo che abbiano lezione più tardi se sono ancora lì a fissare lo schermo della TV mentre trasmettono "Mimì e la nazionale di pallavolo". Ah e per di più stanno sbavando dietro all'allenatore del cartone.
«Buongiorno ragazze!» dico e mi faccio un panino con la nutella e lo mangio abbastanza in fretta.
«Giorno Mimì» devo dire che sono abbastanza assonnate da chiamarmi come la protagonista.
Poi Stella si volta e mi squadra da capo a piedi.
«E quella felpa? Quando ti aiutati a sdiffare i tuoo bagagli se non ricordo male, non c'era» beccata in pieno.
«Non è mia. Ieri ero bloccata sotto la pioggia e mi sono intrufolata in un atrio di un palazzo. Casualmente il ragazzo che era lì mi ha chiesto di seguirlo. All'inizio ero titubante. Stavo a due chilometri di distanza, però quando siamo entrati nel suo appartamento, ho visto dei suoi amici e poi Tancredi e solo dopo mi sono resa conto che quelli erano i Q4. Se non sbaglio è così che si chiamano» la bionda annuisce.
«E...Cosa è successo?» e adesso avevo anche l'attenzione di Angelica. Avevano messo muto al cartone per ascoltare la mia storia.
«Nulla. Mi ha dato i suoi vestiti, dato che i miei erano fradici e mi ha detto che questa potrei tenerla io, però la prossima volta che ci vediamo mi ridarà i miei, ma io gli ridarò i suoi» finisco il discorso.
«Quindi niente bacio?» chiede Angelica.
«Niente di niente. Lo conosco da poco e non mi azzarderei a fare una cavolata del genere e poi ha tante ragazze che gli vanno dietro, perchè dovrebbe scegliere la sottoscritta?» domando retoricamente.
«Perchè sei intelligente, bella e solare. Hai davvero tanto da dare e non sottovalutarti» dice Stella.
«Grazie. Adesso devo sbrigarmi che fra poco ho lezione» e salto giù dallo sgabello.
Corro in bagno a lavarmi i denti.
Torno in cucina a prendere lo zaino, scendo i gradini diciamo abbastanza veloce e mi dirigo all'Università.
Respiro l'aria fuori.
È fresca e sa ancora di pioggia. Odore che a me non piace.
Arrivo con i miei soliti venti minuti di anticipo.
Mi dirigo all'aula della prima lezione: letteratura italiana. In teoria ne avrei ben due ore di questa. Poi una di filologia antica e infine una di letteratura inglese.
Materie che apprezzo.

Le ore passano tranquille, ma la mia mente non è rimasta concentrata per le lezioni nemmeno cinque minuti.
Oggi il mio cervello ha voluto disconcentrarsi e farsi i cavoli suoi pensando alla serata precedente.
Mi sento il suo profumo addosso.
Mannaggia!
Non dovrei dargli troppa confidenza o cose del genere, nel caso si rivela come un ragazzo pieno di sé, che si dà arie, che fissa il lato B a tutte le ragazze. Non lo conosco bene e dovrei stare davvero attenta. Anche se una parte remota di me, mi dice che non è sbagliato, che non è come lo sto descrivendo, ma c'è di più sotto.
Potrebbe davvero essere che lì ci sia un grande cuore.

Afferro il mio zaino da terra e vado al bar qui vicino.
Come pranzo prendo qualche stuzzichino: una ciotolina di arachidi, un pacco di patatine, tre rotolini di würstel, tre calzoncini* e una fetta di focaccia.
Saluto il cameriere, che oramai mi conosce, dato che nell'ultimo periodo, prima di andare in biblioteca, sono sempre venuta a pranzare qui.
Devo dire che lui è davvero simpatico.
Si chiama Luca e quando non ha clienti da servire, si siede al tavolo con me per chiacchierare e fare due risate.
Mi piace la sua comicità.
Molto spesso gli ho detto di entrare a far parte di un cabaret oppure partecipare a qualche film comico, ma ha rifiutato perchè preferisce stare qui e guadagnare quello che può, per pagare bollette e altro per lui e sua madre.
Alcune volte mi ripete di quanto gli piaccia la mia "r" moscia.
È anche dolcissimo.
È davvero un ragazzo da stimare.
«Mony?» prima che esca del tutto dal locale, mi richiama.
«Dimmi» gli dico.
«Quando mi farai leggere una bozza del tuo libro? Sono curioso» mi chiede.
«Quando ne scriverò uno, forse?» domando retorica.
In realtà la trama per una storia ce l'avrei in mente, ma non mi piace molto.
È troppo banale e scontata.
Aspetto che mi vengano idee davvero travolgenti.
C'è gente che molte volte per avere successo, scriverebbe la sua biografia, però della mia vita non c'è molto da dire.
Credo che prima o poi la troverò la giusta trama in cui potrei immedesimarmi nel protagonista o addirittura che possa essere il mio esatto opposto.
Basta solo aspettare che le idee mi balenino in testa.
Non ho voglia di andare in biblioteca, preferisco il salice.
Cambio direzione e vado lì.
Mi siedo sotto l'imponente albero e tiro fuori dallo zaino i libri.
Fortuna che le foglie del salice fanno da protezione e per l'appunto qui sotto è l'unico posto dove non è bagnato.
È una sorta di casa per chi volesse viverci.
Passano forse due o tre ore e l'unica cosa che faccio è studiare e ancora studiare.
Non sollevo gli occhi dai libri, tanto meno per guardare il cellulare.
Quando sono così presa da qualcosa, difficilmente mi faccio distrarre.
Già è tanto che questa mattina pensavo a quel ragazzo, quindi adesso no.
Ci siamo solo io e lo studio. Nessun altro attorno.
Gli uccellini li sento a malapena.
I bambini ancora nessuno. Forse dopo la brutta giornata di ieri non verrà nessuno al parco.
Può essere soltanto che verrà qualcuno che deve portare il cane, ma nessun altro.
Non sento chi, come o quando sia arrivato qualcuno ed è addirittura al mio fianco.
Sento solo una mano che delicatamente sposta di lato una ciocca dei miei capelli.
Mi volto per poter capire chi sia la persona in questione e scorgo una figura alquanto familiare.

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*Non so come si chiamino a Milano i "calzoni" o in altre parti d'Italia, quindi vi metto una foto per capire cosa intendo.

*Non so come si chiamino a Milano i "calzoni" o in altre parti d'Italia, quindi vi metto una foto per capire cosa intendo

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Come avete passato Ferragosto? Io a casa purtroppo.

Contre les portes de la nuit // sightancDove le storie prendono vita. Scoprilo ora