capitolo dodici

471 35 6
                                    

Dedico questo capitolo a Greyluforever e tanti auguri💕

---

Harmony

«Harmony! Sveglia! Fra poco comincerà a piovere e non credo che anche oggi ti voglia bagnare» apro gli occhi confusa.
Scusa ma non era già al mio fianco? E perchè mi ritrovo con la testa sullo zaino e il libro di filologia antica girato con la copertina all'insù sul mio seno?
«Ma come mai mi sono addormentata così? Non stavi tu qui prima?» fa un mezzo sorriso.
«No. Sono appena arrivato e ti ho visto che dormivi, quindi ti ho svegliato. Però a quanto pare mi stavi sognando» ghigna.
«No. No. Non è quello che pensi. Cioè forse sì, ti avrò sognato ma non in quel senso»
«E chi ha mai detto che mi stavi sognando in quel senso?»
«Stupido» afferro i libri e li metto nello zaino.
Mi alzo in piedi ed esco dal "riparo" di foglie.
«Aspetta Harmony! Cosa ho detto di male?» mi blocca per un polso.
«Tu non hai detto niente, anzi hai ammesso che fra poco piove, quindi scappo a casa per continuare a studiare»
«Dovresti prenderti delle pause. Troppo studio potrebbe farti male. Vieni con me, ti porto da una parte per divertirci»
«Però io...»
«Non esigo un no come risposta» perchè Tancredi devi fare così? Hai tante ragazze con cui divertirti. Scegline una oppure gioca con tutte, ma lasciami in pace. Vorrei gridargli, però non lo faccio, poichè quella parte razionale di me dice che dovrei staccare un pò dallo studio. Perchè in fondo lui ha ragione. Per la prima volta do ragione a qualcuno che non sia io stessa.
Già.
Arriviamo sotto al suo appartamento, entra in auto e lo seguo.
Non faceva prima a venire direttamente al parco con essa?
Cioè se sarebbe iniziato a piovere da un momento all'altro, ovviamente noi ci saremmo bagnati, dato che casa sua dista una quindicina di minuti dal parco se non anche oltre.
Ed ecco, che appena messe le cinture, il cielo lascia spazio alla pioggia.
Gocce d'acqua scendono e si schiantano con quella loro delicatezza sul terreno o su qualunque cosa trovano ad ostacolarle.
Tancredi mette in moto e gira per le strade di Milano, senza che io capisca nulla.
Già è tanto se conosco come arrivare in alcuni posti, ma tutte queste strade da dove spuntano? Sembra come se fossero apparse per magia, ma in fondo da una città così grande come Milano c'è da aspettarselo.
Tipo Bordeaux ha solo 250.000 abitanti o giù di lì, mentre Milano ne ha 1milione se non di più. C'è tanto paragone tra le due città, ma ovviamente sarei incapace di scegliere. Ognuna ha il suo fascino e la sua arte.
Lascio defluire questi pensieri e mi concentro alla canzone che stanno trasmettendo alla radio.
È Savage Love di Jason Derulo e mi vengono in mente i video su tik tok di questo trend.
Vorrei tipo ballarlo, ma poi sembrei goffa e stramba ai suoi occhi.
Mi volto e lo guardo.
Le mani sul volante, sguardo fisso davanti a sé, la bocca leggermenta socchiusa e proprio in quell'istante si passa la lingua sulle labbra credo secche. È così rilassato alla guida.
Io, invece, vorrei sembrare rilassata mentre guido, ma sembro tesa e con quella piccola paura di sbagliare o fare qualche danno, però amo la velocità.
Si passa la mano destra tra i capelli.
Dalle labbra adesso esce la sua voce che canticchia il ritornello della canzone.
C'è qualcosa in me, nel mio basso ventre che inizia ad agitarsi. Come fossero piccole farfalle appena uscite dal loro lungo periodo di incubamento nel bozzolo.
Non saprei dire se sia piacevole o se abbia paura. Paura di prendere una cotta per questo ragazzo. All'apparenza sembrerebbe uno che se la tira, che non gli importa di nulla, eppure i suoi gesti fanno capire che non è così. Non è il classico bad boy delle storie americane che se la tira e fa lo spavaldo, lui è dolce, calmo e loquace.
Ho letto qualche gossip su di lui nella sezione delle ricerche delle page, molti che lo hanno criticato per delle stupide cose, ma nessuno di loro a quanto sembra lo conosca.
Alla gente piace così tanto giudicare e sparlare senza conoscere i fatti, senza aver provato a vivere la stessa vita o le stesse emozioni. Siamo solo noi stessi che possiamo giudicarci, perchè solo noi sappiamo quali sono i veri sbagli, mica gli altri. Certo delle volte si possono notare alcune cose viste da fuori, però nulla è come  è veramente.
Poggia la mano destra sulle marce, cambia velocemente mettendo in folle.
«Se hai finito di fissarmi, potrei dirti che siamo arrivati» giro di scatto la testa dal lato del mio finestrino. Cavolo. Pensavo che non se ne fosse reso conto.
E nel frattempo, le mie guance si accaldano.
Mannaggia a lui.
Guardo la grande struttura davanti a noi.
La scritta "Zero Gravity" occupa un grande spazio al suo lato.
Non ho mai sentito parlare di questo edificio.
Dal nome posso intuire che non c'è gravità, quindi potrebbe essere quei tipo di strutture dove fai simulazioni di volo. Cioè tipo quelle là che indossi la tuta, ti metti al centro di un tubo e l'aria, che proviene da sotto, ti fa alzare dal suolo.
Giusto? Non so se sia davvero questo il posto.
Afferro lo zaino e prima di aprire la portiera, il ragazzo al mio fianco mi blocca.
«Non ti serve lo zaino, nel caso potresti prendere il cellulare e se hai chiavi, così da metterli in un armadietto. Ah e comunque continuerò a ripeterti che ti dona davvero molto la mia felpa» ed ecco che sull'ultima frase arrossisco di nuovo in meno di dieci minuti.
Tancredi deve smetterla di farmi questo strano effetto, okay? Non sono un adolescente in pieni ormoni.
Anche se teoricamente i diciannove anni, ancora rientrano in quella fascia. Ma questi son dettagli.
Prendo cellulare e chiavi dell'appartamento, mentre il castano esce dall'auto e mi raggiunge con un ombrello.
Chiude l'auto e cammino al suo fianco sotto l'oggetto che devo dire ci copre abbastanza.
Arriviamo all'entrata, ci asciughiamo i piedi al tappeto e il ragazzo dietro ci osserva.
«Salve» dice Tancredi porge una tessera più dieci euro.
«Mi servirebbe una chiave per un armadietto per mettere le nostre cose» continua lui.
«Certo, ecco a voi e buon divertimento» parla il ragazzo dietro al bancone, che scopro si chiama Fabio dal cartellino sulla divisa.
Seguo in silenzio Tancredi che entra in una stanza, apre l'armadietto e infila l'ombrello con una busta così che il resto degli oggetti che mettiamo al suo interno, non si bagnino.
Poi riporta le chiavi al ragazzo che si segna il numero e il nome e cognome di Tanc su un post-it.
Cammina avanti a me e prima di prendere uno dei tre corridoi, si volta e dedica la sua attenzione a me.
«Sport, percorso adulti o percorso bambini?» sollevo un sopracciglio non capendo.
Ma dove siamo finiti? È questa la vera domanda.

Contre les portes de la nuit // sightancDove le storie prendono vita. Scoprilo ora