capitolo sedici

378 34 8
                                    

Harmony

È stata davvero una bella serata.
Mi sono divertita ed è riuscito a rendermi felice per la millesima volta.
Non so in che modo lui riesca, ma mi piace.
Mi piace che qualcuno presta attenzione a me e cerca di farmi sorridere.
Ho un pò di paura dell'effetto che lui esercita nei miei confronti, però non posso fare nulla.
Solo stare attenta a non andare a fondo con lui. Mi basta questa "amicizia".
Dopo cena mi ha portato a visitare il Duomo.
Erano anni che non lo vedevo e il fatto che un monumento del genere mi suscitasse quella piccola emozione, è stato piacevole.
Abbiamo passeggiato un pò e abbiamo trovato solo due fan che si son fatte la foto con lui. Fortuna che non hanno chiesto nulla a riguardo tra me e lui.
Meglio. Altrimenti si sarebbero diffuse solo false notizie e a me non piacciono.
Poi, ho semplicemente guardato l'orario, senza dire nulla o altro, ha capito da solo.
Mi ha riaccompagnato a casa.
Ci siamo salutati con un semplice bacio sulla guancia e basta.
Niente di più.
Sono scesa dalla sua auto.
Lui è ripartito appena ho varcato la soglia d'ingresso del palazzo.

La sveglia suona distraendomi dal sogno che stavo per terminare.
Aspé, ma ciò che era successo ieri era solo un sogno?
Cerco tra i vestiti di ieri e la felpa giace sulla sedia, però questo non mi da delle prove.
Cosa altro c'è che faccia parte di ieri?
Perchè ho questo piccolo vuoto di memoria?
Mi lavo la faccia e vado a fare colazione.
Stella e Angelica non ci sono. Nessuna delle due è sul divano.
Mi chiedo come mai.
Sollevo il braccio sinistro per chiudere il mio panino con la nutella, quando me ne accorgo.
Ecco.
Era questo che stavo cancellando dai miei ricordi.
Lo osservo e sorrido.
Quel polso fino ad ora libero, adesso è occupato dal bracciale che Tancredi mi aveva regalato.
Cioè è così stupendo.
Non Tancredi, al bracciale ovviamente mi riferivo.
Con quella frase di Prevert. Una delle mie preferite e il punto è che a lui non gli ho mai letto questa frase.
Ritorno in camera per vestirmi e prepararmi per l'Università.
A quanto ho sentito dei professori parlare nei corridoi, presto dovrebbero scegliere tra alcuni studenti del primo anno per mandargli due mesi a Cambridge e gli altri a Berlino. Dipende dal loro corso di lingue scelte.
Quindi spero tanto di guadagnarmi il posto per andare a Cambridge.
Lo desidero tanto.
Ho voglià di visitare la maestosa biblioteca e chissà cos'altro si farà.
Esco dall'appartamento e inizio a camminare.
Non prendo la strada che stavo facendo ultimamente per evitarlo, ma la classica che passa dal parco.
Almeno per di lì abbrevio il mio tragitto.
Cammino attraversando il parco e mi scontro con qualcuno.
«Sta più attenta a dove vai» dice una voce.
Il punto che non sono io quella sbadata che si è scontrata, ma l'altra ragazza dai capelli quasi neri che in qualche modo mi è venuta sopra mentre si spintonava con la sua amica  dai capelli bianchi.
Io so perfettamente dove andavo. È lei che si dovrebbe scusare, ma ovviamente sono troppo buona io e invece di dire la verità, rimango in silenzio.
«Scusa» dico e basta, continuando ad andare per la mia strada.
E poi la sento parlare, anzi quasi urlare con la sua amica.
«Che comportamenti da maleducata. Comunque Tancredi cade sempre più in basso da quando si è lasciato con me»
«Già, a chi lo dici. Tu eri l'unica, invece adesso passa da Peia, a quell'altra e ora con quella tizia con cui è uscito ieri» commenta l'amica.
«Vero. Si stanca di una e passa subito all'attacco con un'altra, mentre con me almeno è durata sei mesetti. Io sono indiscrivibilmente la migliore tra quelle» sento una nuova emozione crescere in me.
Di solito la si prova quando i tuoi ti danno fastidio dicendo cavolate, ma adesso la provavo nei confronti di queste due che sparlavano senza conoscere.
Detestavo quel tipo di persone, quelle che parlano senza sapere il vero senso per cui stiano criticando.
Vorrei andare da loro e rispondergli, non con tono, ma in modo da farle ragionare, però poi sembrerei io quella che va nel torto.
Mi volto a darr una rapida occhiata alle due e sono sedute su una panchina poco distante da me, che continuano a parlare.
Ma poi, non dovrebbero essere a scuola. O almeno credo che ci vadano.
Le lascio perdere e a passo svelto, proseguo dritta all'Università.
Arrivo con due minuti di ritardo dall'inizio della lezione.
Busso alla porta e dopo un "avanti", entro.
«Mi scusi il ritardo, professore» prorompo.
Lui in risposta, mi indica solo il mio posto e comincia la sua lezione.
Pensavo di essere davvero in ritardo e che avesse iniziato da un pezzo, invece no.
Fortuna.
Il resto delle ore non lo passo concentrandomi alle varie lezioni, bensì in mente mi ritorna più spesso la conversazione tra quelle due ragazze.
Mi dà fastidio il fatto che pensano che io possa essere una delle tante.
E poi io e Tancredi siamo solo amici.
Ho bisogno di avere informazioni più chiare al riguardo.
Dovrò chiedere al diretto interessato, ma il punto è che non ci siamo ancora scambiati i numeri.
Non posso nemmeno mettermi d'accordo.
Poi saprei dove abita, però sembrerebbe brutto andare di proposito. E se nel caso non lo trovassi?
Meglio evitare.

Appena anche l'ultima lezione viene al termine, cammino verso il parco.
Per domani non ho da studiare, dato che è sabato.
Mi faccio largo tra le foglie e rimango paralizzata dalla scena che mi si presenta davanti.
Le gambe diventano quasi molli.
Le mani tremano.
E in tutto questo non capisco il motivo.

---

So che avrei dovuto aggiornare sabato, ma non mi stava piacendo quello che stava uscendo fuori, allora l'ho riscritto.
Quindi spero che vi piaccia.

Secondo voi cosa si ritroverà davanti Harmony?

Contre les portes de la nuit // sightancDove le storie prendono vita. Scoprilo ora