capitolo tredici

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Tancredi

Osservo il suo viso.
La fronte corrugata, un sopracciglio alzato e un'espressione confusa.
Aspetta, cosa significa?
«Non mi dire che non conosci questo posto?» domando.
«Ehm no, dal nome avevo intuito che fosse quegli edifici dove fai simulazioni di volo con le tute in un tubo» risponde imbarazzata.
Sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio e aspetta la vera risposta alle sue domande interiori.
«Ahah no. Qui puoi fare dei percorsi, senza farti male. Saltare sui trampolini, giocare a pallacanestro, pallaprigioniera o cose del genere sempre sui trampolini. Arrampicarti» affermo.
«Ah! Quindi decidi tu per me, io non saprei» ammette.
«Allora iniziamo con le basi e andiamo a quello dei bambini. Tanto abbiamo tutto il tempo che vogliamo fino alla chiusura, dato che ho la tessera» dico camminando al corridoio di sinistra.
Lei mi affianca e raggiungiamo la stanza.
Lasciamo le scarpe all'ingresso e noto la sua espressione incuriosita.
Si guarda attorno per poi indicare un punto.
Le faccio gesto che può andare dove vuole.
Passiamo da un percorso all'altro, finchè non arriviamo ai trampolini con il canestro.
Prendiamo due palle di basket, saliamo sui trampolini e inizia a saltare.
Mentre è davanti al canestro, lancia la palla saltando, il piede le scivola in avanti e cade sul trampolino e la palla sul suo viso.
Menomale che la palla è di spugna.
Arresto i miei saltelli e vado in suo soccorso, pensavo che si fosse fatta male e, invece, sta ridendo come una matta.
«Ed io che mi sono preoccupato per te, mentre tu te la ridi» confesso.
«Idiota. Anche quando mi faccio male mi viene da ridere, per non pensare al dolore. Comunque non mi sono fatta niente» e la sua risata continua, così tanto che coinvolge anche me.
Mi distendo al suo fianco perchè inizia a farmi male lo stomaco per il troppo ridere.
Giro la testa verso destra e osservo il suo viso così piccolo e dolce, con un sorriso così ampio. Una leggera fossetta risalta sulla guancia sinistra.
La sua testa si volta verso di me.
I nostri occhi si incastrano.
I tondi occhiali dorati sulla faccia, le danno quell'aria da saputella, ma al tempo stesso da bella ragazza.
Gli occhi grandi castani, senza filo di trucco, sono così vispi.
Ha qualche piccolo brufoletto sulla fronte senza essere coperto da fondotinta, però è ciò che la caratterizza.
Piena di difetti messi a piena vista, ma io ci vedo solo pregi che la rendono se stessa.
Diversa dalle altre che cercano sempre di nascondersi dietro a delle maschere e per l'appunto poi ti vai ad innamorare di quelle maschere, non sapendo come davvero sia fatta una persona.
Mi metto su un fianco, leggermente mi avvicino al suo viso.
Le metto una mano sulla guancia carezzandola e spostandole delle piccole ciocche ribelli uscite dalla sua coda.
«Sei davvero stupenda» avvicino le mie labbra alle sue, ma con un piccolo colpo si sposta e le bacio la guancia.
Cazzo!
Credo di aver sbagliato tutto.
Si alza, recupera la palla ed esce dalla stanza.
Merda!
Adesso cosa devo fare.
Inseguila dice la testa.
Prendo la palla che stavo utilizzando io e la rimetto nel suo cesto.
Passo lo sguardo ovunque ed è molto più avanti di me nel corridoio.
Le corro dietro arrivando al suo fianco e arrestando i suoi passi.
«Mi dispiace davvero. Ho sbagliato tutto, cazzo!» mi scuso.
«Potresti riportarmi a casa? Devo continuare a studiare» dice.
Ecco, lo sapevo.
Tancredi sei un fottuto scemo.
«Harmony, mi dispiace tanto. Ti prego non... Merda! So di essere un totale idiota, però perdonami» e in quell'istante, una madre passa con un ragazzino e lei le tappa le orecchie.
Mi vergogno anche di aver fatto una scenata davanti a queste persone, che adesso si faranno un'idea sbagliata di me.
«Tancredi, possiamo semplicemente andarcene? Ho capito le tue scuse e non mi importa se mi stavi per baciare, nonostante ci conosciamo da meno di un mese, però io vorrei solo tornare a casa a studiare» alza di poco la voce.
Non so se davvero mi stia perdonando, altrimenti dovrò trovare un modo per farlo.
Non vorrei litigare con lei, né adesso e né mai.
Devo risolvere alla svelta.
Faccio ciò che vuole.
Apro l'armadietto e le passo le sue cose.
All'uscita, noto che per adesso non piove.
Entriamo in auto e la riporto a casa.
Devo farmi aiutare da Gian e chiedergli come fare, dato che lui è quello con più esperienza.
Arriviamo sotto casa sua.
«Ciao» risponde fredda.
«Harmony? Mi dispiace davvero tanto, non era mia intenzione» e senza che mi rispondesse o aggiungessi altro, scende dall'auto.
Tiro un pugno sullo sterzo.
Aia che male!
Mi guardo le nocche diventate rosse per il colpo.
Vorrei essere soltanto amico, ma sto incasinando tutto.
Sono un totale idiota.
Poco tempo dopo, arrivo al mio appartamento.
Non sento nessuna voce.
Allora saranno usciti tutti.
E poi dalla stanza di Gian, esce lui seguito da Marta.
La persona che proprio mi serviva.
Spingo leggermente la ragazza fuori, devo parlare solo con lui.
«Ao, che diavolo combini?» mi urla dietro Gian.
«Scusa tanto Marta, ma ho bisogno del tuo ragazzo» le dico.
«In che senso?» chiede lei.
«Mi serve un consiglio tra ragazzi riguardo una persona» e prima che le chiuda la porta, Gian la blocca.
«Ma sei scemo?» continua a gridare.
«Scusa anche a te Gian, però ho un urgente bisogno che mi aiuti con una cosa. Ho fatto un casino con Harmony» ammetto.
«Allora su questo ti potrebbe aiutare anche la ragazza che stai mandando via» commenta.
Okay, forse ha ragione.
Forse mi potrebbe servire anche una mano da parte di Marta.
«E va bene. Rientra» dico alla fine.
E dopo una quindicina di minuti a raccontare del pomeriggio passato insieme ad Harmony che stava procedendo così bene, arrivo al punto dove ho rovinato tutto.
«A zì, sei proprio scemo er pieno» prorompe Gian.
«Concordo» fa Marta.
«Okay ragazzi grazie, ma non era questo che volevo sapere. Mi dovete aiutare a riconquistare la sua fiducia. Ci tengo davvero a lei, nonostante la conosco da un mese» li prego.
«Certo, ti aiutiamo» e fu così che Gian mi elencò diecimila modi di cercare di riconquistare la sua fiducia, modi che a quanto detta da Marta, hanno funzionato.

Contre les portes de la nuit // sightancDove le storie prendono vita. Scoprilo ora