San Valentino - parte 2

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Mark aveva azionato il telecomando del garage ed era entrato nel suo box con l'auto costosa, il suo gioiello, il suo vanto. Ci teneva più che a qualsiasi altra cosa, qualsiasi persona! O no?
L'avrebbe lasciata in disuso per tanto tempo, gli sarebbe mancata di sicuro!
Ma era veramente l'auto che gli sarebbe mancata?

Entrò in casa con un pensiero fisso e mille motivi validissimi per non inseguirlo. Gettò il suo borsone sul pavimento in mezzo al corridoio del suo moderno e minimalista appartamento, che se anche non era abitato da un po', splendeva pulitissimo grazie alla solerte attività della signora che gli faceva le pulizie.

Con quanto aveva in mano, senza tergiversare oltre, tornò sui suoi passi, chiuse a chiave la porta e tornò al garage.
È uno sbaglio! Non farlo! Non porterà a niente di buono!
Se lo ripeteva di continuo, ma la sensazione che mancasse ancora un tassello a quel mosaico, che ci fosse ancora qualcosa di incompiuto, era più forte, irresistibile.

Salì in auto e si forzò a rispettare i limiti di velocità, anche se i suoi battiti li avevano sforati di molto.
Che cazzo sto facendo! Che cazzo mi succede!
La sua razionalità tornava a galla, ma non era forte abbastanza.

Fermò l'auto, scese al volo con un pacco, approfittò di una persona che usciva dal palazzo, per entrare nell'androne e salì al piano.
Davanti alla sua porta, resistette per un momento all'impulso di suonare, di bussare, pensando che avrebbe potuto lasciare quella cosa sullo zerbino.

Ma se glielo rubassero? Se inavvertitamente lo facesse cadere e si rompesse? Se pensando che non fosse per lei e lo desse ad altri o peggio lo gettasse? Se non ne capisse il senso?

Si decise finalmente a suonare, pentendosene un istante dopo, ma suonando ancora dopo un attimo, temendo che lei non avesse sentito.
Udì dei movimenti all'interno, udì i tonfi sempre più forti del proprio cuore, lei aprì uno spiraglio di porta.

"Mark!" Il suo stupore era grande. "Che c'è? Qualche problema? Ho dimenticato qualcosa in auto? Non dovevi disturbarti! Potevi spedirmela!" Gli chiese mentre lo faceva entrare, notando solo alla fine un pacco che lui teneva in mano, ma che non riconosceva.
Merda! Perché non indossava una tuta amorfa? Perché quelle gambe nude, così ... così sexy? l'ha fatto apposta? Ma no! Non sapeva che sarei arrivato!
"Mary, volevo darti questo, ma temevo che non capissi, che fraintendessi il mio gesto!"

Lei lo guardò perplessa. Che cosa poteva essere? Un regalo? Non ne aveva l'aspetto! Era un pacco anonimo, di carta color caffelatte e senza nastri, né biglietti.
"Ecco, te lo dovevo, ma non so se tu .... insomma, non sapevo come l'avresti preso ... non sarebbe stato lo stesso se te lo spedivo."

"Fai piano, è fragile." Mary ancora più confusa, lo condusse in cucina e appoggiò il pacco al tavolo, mentre ne staccava lo scotch con delicatezza.
"Scusa per il pacco orribile: chi me l'ha fatto non è abituato ..."
Tolse la carta che teneva chiusa una vecchia scatola da scarpe, di cui alzò il coperchio lentamente.

Scorgendo il contenuto, Mary inspirò una gran quantità d'aria e portò una mano alla bocca. Uscì subito dalla stanza.
"Mary! Mary, aspetta!" Mark non la seguì: capì che doveva darle spazio e tempo. Ma temeva di aver esagerato. In piedi, le mani appoggiate larghe sul tavolo, la testa china, si chiese cosa avrebbe dovuto fare ora.
Era meglio andarsene subito, non cercare complicazioni, non cadere in tentazione!
Dalla cucina sentì il rumore di cassetti che venivano aperti e chiusi, dopo un po' lei tornò con un frammento di vetro dalle sfumature blu e azzurre.

Era meglio andarsene subito, non cercare complicazioni, non cadere in tentazione!Dalla cucina sentì il rumore di cassetti che venivano aperti e chiusi, dopo un po' lei tornò con un frammento di vetro dalle sfumature blu e azzurre

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