È troppo tardi - parte prima

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Poco prima erano rientrati anche Jessy e Bryan, non completamente convinti dai messaggi di Mary e Omar che andasse tutto bene, a dire il vero un tantino preoccupati: vedendo l'auto di Omar ancora lì, decisero di rientrare senza disturbarli, ipotizzando scenari diametralmente opposti alla realtà.

La notte di Mary fu tutt'altro che tranquilla; tormentata da mille pensieri, si era definitivamente alzata prestissimo: difficile dire svegliata, le sembrava di non aver mai dormito.
Si sentiva uno straccio, nel corpo e nell'animo.

Cercò un numero di telefono che compose mille volte prima di ricevere risposta.
Di lì a poco, con il cuore che martellava dentro, uscì e prese l'auto. Era assalita da una paura, riluttante a dare un nome, sperando in questo modo di tenerla lontana, di non farla affiorare. Sperando che bastasse a non renderla vera.

Nell'asettica sala d'aspetto, era ancora più difficile non pensarci, non mettere uno sopra l'altro tutti i suoi timori ...
Cartelloni con foto di madri felici e neonati sereni riportavano messaggi di speranza, come l'associazione per l'allattamento al seno, il gruppo di supporto per la depressione post partum, messaggi che spiegavano che l'abbandono di un neonato è un reato, ma che si può partorire nell'anonimato ...
Mary leggeva incessantemente parole che non entravano oltre la retina, non raggiungevano la sua coscienza ...

Dall'interno dell'ambulatorio sentì il rumore di sedie trascinate e voci di commiato: preparò la sua cartellina, contenente i documenti sanitari, conscia che ora sarebbe toccato a lei: era troppo tardi, ormai non si poteva più tornare indietro!
Nell'esatto istante in cui sentì aprire la porta, si alzò in piedi, nervosa come non mai, al pensiero di ciò che l'attendeva di lì a poco ...

"Grazie mille dottoressa, di aver visto Mee Lou con così poco preavviso! Arrivederci!"
La dottoressa rispose qualcosa che Mary non afferrò, rapita da quella voce ... le sfuggì la cartellina che cadde a terra, quando vide il volto dell'uomo che poggiava teneramente una mano in vita alla giovane dagli occhi a mandorla. Pareva una bimba, teneva una mano sulla sua pancia, un poco rilevata, e con l'altra il cartellino della gravidanza; Mary ne era sicura, perché era in tutto e per tutto simile a quello che la dottoressa aveva compilato per lei qualche tempo prima, ora nascosto dentro la sua cartellina, fra gli altri documenti.

"Mary!" la voce di lui, stupita, era carica di domande.
"Mark!" fu il sussurro di Mary, in risposta.
Con un'occhiata, lei aveva avuto mille risposte, amare come il fiele, dolorose come una pugnalata.
Lui ebbe giusto il tempo di chinarsi per aiutarla a prendere la cartellina, inutilmente, e di chiamarla un'altra volta per nome, spiazzato dall'averla vista lì.
Quell'attimo fuori dal tempo, sospeso in un'altra dimensione, fu bruscamente interrotto dalla dottoressa, che la chiamò nell'ambulatorio e Mary, senza più guardarlo in volto, entrò, chiudendosi la porta alle spalle.

Mark avrebbe voluto attenderla, parlarle, spiegarle come stavano le cose, chiederle come stava ... che diritto aveva di chiederle come stava, visto che se ne era andato improvvisamente, senza spiegazioni!
Ma Mee Lou reclamava la sua colazione, perché per fare i prelievi del sangue era rimasta a digiuno. E necessitava di andare presto in bagno, ma non voleva assolutamente usarne uno in ospedale, per paura di eventuali infezioni.
Decise di riaccompagnarla in hotel e poi recarsi da De Bonet.

La sera precedente non avevano parlato di Mary, ma sentendo le risate e gli schiamazzi provenire dalla sala da pranzo, immaginò Matt e Greta vivere ancora con i nonni e lei sola in un'altra città. Ma ora era lì? Perché? Come stavano le cose? Non l'aveva chiamata, non l'aveva cercata, non aveva avuto sue notizie, anche se era rimasta sempre nella sua testa, nel suo cuore: il peggiore dei suoi sbagli, la più dolce delle sue ferite, la testimone vivente della sua vigliaccheria ... la musa inconsapevole del suo coraggio!

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