Battito

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"Parli del diavolo ...." percepì appena il sussurro di Bryan, ma non vi diede peso, i pensieri ancora giravano nella sua testa, senza trovare un flusso preciso, come quando si gettano tanti sassi nell'acqua chieta e le increspature si incrociano, si confondono, sommandosi e sottraendosi a vicenda, creando disegni che pur sembrando semplici, non si è in grado di riprodurre facilmente.
Non capiva perché, anche se razionalmente si sentiva al riparo dalle mire di quel tipo descritto da Bryan, continuava a tornare fra i suoi pensieri l'immagine del nuovo cliente del suo studio, del suo salvatore.
"Un caffè nero, ristretto, senza zucchero, né latte" sentì dire alle sue spalle da una voce maschile, che aveva un timbro noto, qualcosa di sicuro, deciso, virile e carezzevole allo stesso tempo.
Senza nemmeno riuscire a cogliere il senso di quei particolari, però, il suo inconscio aveva già tirato le somme, il suo battito cardiaco accelerò all'istante, il respiro le si bloccò nel petto ... a nulla valse la sua determinazione a non girare la testa, a non girarsi sull'alto sgabello verso il nuovo entrato: i suoi muscoli, il suo corpo, i suoi occhi avevano già fatto tutto da soli, senza il suo permesso, contrariamente ad ogni prudenza o strategia difensiva. Caspita, ancora una volta! Non riusciva a credere di essere lì, che lui fosse lì, che fosse tutto reale!
Guardò rapita il bellissimo volto di Mark, lineamenti tanto perfetti da non sembrare veri, occhi profondi e blu, come il mare, misteriosi e infiniti, carnagione abbronzata, mascella larga, guance da accarezzare, da baciare, su cui si materializzarono due fossette irresistibili e un sorriso un po' beffardo, tanto velocemente, quanto il volto di lei si tinse di rosso e la mente le si riempì di immagini già viste solo nei suoi sogni.
"Salve ... Mary? Giusto? Tre volte in tre giorni: potrei pensare che lei mi segua, se non avessi deciso di passare di qui solo qualche istante fa!".
Non bastava che la facesse sentire di gelatina con la sua presenza, si metteva anche a parlarle e a far battute ... stupide ... adorabili ... impertinenti ... accattivanti!
Ma non riusciva a capire cosa rispondere e almeno per cortesia tirò le labbra in un veloce sorriso e si girò verso il suo bicchiere, bevendo una lunga sorsata per prendere tempo. Per poco non le andò di traverso e si sentì arrossire ancora di più per la figuraccia che avrebbe fatto! Per fortuna Bryan era di schiena a fare il caffè e non aveva notato l'effetto che quel tipo aveva scatenato in lei!
"Non mi aspettavo di vederla qui a tirar tardi! Mi pareva che fosse sempre di fretta, indaffarata ... le dispiace se mi siedo qui?" disse senza aspettare la sua risposta balbettante "Si ... cioè no, cioè ...". La sua pelle sempre rossa e accaldata, il suo battito accelerato. "Si sieda pure dove vuole, è un posto pubblico!" Le venne fuori, forse un po' troppo duro il tono, ma sapeva di doversi tenere sulla difensiva, a costo di attaccare ... o fuggire! Bryan doveva aver colto qualcosa, perché alla sua risposta alzò il pollice e le strizzò l'occhio, in segno di approvazione: almeno aveva un alleato!
"Mi fa piacere incontrarla, ieri in ufficio non ho avuto modo di chiederle come stava, si beh dopo l'altro giorno ... l'avevo vista un po' provata!" ancora quel mezzo sorriso: di scherno? di cortesia? In questo momento sentiva di odiare quel sorriso, e allo stesso tempo di adorarlo, e di odiarsi per questo ... come uscirne?
"Bene, grazie. Tutto dimenticato!" riuscì a dire in tono abbastanza sicuro e poi si buttò nuovamente sul suo drink, finendolo tutto d'un fiato. "Spero che non abbia dimenticato anche la lezione, dico, le sarebbe costata cara quella distrazione!" disse lui, sta volta in tono serio, guardandola dritta negli occhi, a lungo ... vi poteva leggere preoccupazione? O era asettico rimprovero? Gli importava veramente di lei, da interessarsi di ciò che le capitava? O era solo perché era stata una seccatura per lui? Cosa voleva dire con quelle parole? Con quello sguardo?
Improvvisamente le venne in mente la soluzione: fuga! Si, sarebbe stata un'altra ritirata, un'altra prudente uscita di scena, ma era l'unico modo di togliersi da quell'imbarazzante situazione, o meglio stato d'animo ... non riusciva nemmeno a definirlo, tanto contrastanti erano in quel momento pensieri, desideri, volontà...
"Certo che no!" tagliò corto lei, in tono deciso, alzandosi e prendendo la borsa: "Bryan, mi fai il conto? Devo andare!"
Lo disse quasi con urgenza, senza più guardare negli occhi l'uomo che le sedeva accanto, rivolgendosi invece a Bryan che articolava qualcosa con le labbra che lei non riusciva a cogliere: aggrottò un po' la fronte e si avvicinò alla cassa, tirando fuori il portafoglio. Ma Bryan girò attorno al bancone, quasi scandalizzato e le si avvicinò: "Stai scherzando vero? Già non mi fai contento, mi dai un appuntamento fittizio, te ne scappi via appena puoi e vuoi pure pagare tu il conto? Offro io!". Glielo disse avvicinandosi alla guancia dall'altro lato, rispetto a Mark, che si godeva divertito la scena, con un mezzo sorriso beffardo. Le scoccò un bacio rumoroso e subito le sussurrò all'orecchio "È lui! Quello di cui ti ho parlato! Ma allora lo conosci? Ma che storia è? L'altro giorno cosa ...?" Per prendere tempo in modo che non sembrasse strano, le aveva posato le mani sulle braccia, poco sotto le spalle, quasi stringendola possessivamente. "Niente, ti spiegherò... " disse lei, ansiosa di uscire al più presto dal locale, cercando di analizzare tutto insieme: la strana reazione di Bryan, la sua, quel nuovo incontro.

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