19 novembre 2020.
8.00 pm.✨Félix
Sono entrato in terapia da poco meno di un mese ma posso già dedurre come il personale medico non sia il massimo delle mie aspettative anche per quanto riguarda le divisioni di genere.
"Se perdi tempo a cercare di controllare l'incontrollabile ti scorderai di quante cose sono invece gestibili: le tue scelte, le persone che frequenti, i confini che metti, la capacità di perdonarti, quella di chiedere scusa, come investi le tue energie e come ti prendi cura di te...solo per citarne alcune."
Queste parole mi risuonavano nelle orecchie come se la psicologa me le avesse scalfite nel cervello e credetemi se dico che quella donna potrebbe servire a tutto tranne che a fare il suo lavoro; non dovrei nemmeno meravigliarmi se gran parte dei ricoveri qui sono ancora punto e a capo, esausti e spesso c'è qualche ragazza che entra nel panico: l'apparenza inganna in questo dormitorio e malvolentieri si possono sentire i bisbigli provenienti dalle fessure delle finestre simili a lamenti di vecchie generazioni trascorse a piangersi addosso girando per l'intero edificio.
Ci provo, a voler approcciare i rapporti, ma c'è qualcosa- sempre e comunque- che prova ad allontanarmi ed allontanare tutti gli altri da me, per questo motivo mi sono chiuso in stanza dove guarda caso sono anche solo... l'anoressia maschile non è simile a quella delle donne, anche se i sintomi sono quelli; come dicevo prima, sembra mi abbiano adocchiato come una specie di mutante ed il sospetto che ho nei loro riguardi sul fatto che magari sotto sotto nessuno si sarebbe aspettato che un giorno un ragazzo avrebbe varcato la soglia del loro Istituto stava diventando più che una supposizione casuale: ero fermamente convinto di questa cosa.
Tutti tranne una, una donna simile ad una ragazza uscita da qualche film britannico talmente che la sua bellezza mi spiazzò come un deficiente alla prima cotta per il proprio professore del liceo; si chiama Ester come il giorno della Risurrezione ma, come me, lasciava intravedere ben poco di rinascita e forse è stato proprio questo ad avvicinarci.
Mi parla di lei, del tempo trascorso a braccetto in disguido col cibo, i ricoveri fallimentari, gli amici stretti... Insomma, mi teneva compagnia e credo di non essermi mai sentito così bene prima d'ora in questa specie di manicomio.
Anche a pranzo, per esempio, ci mettevamo seduti uno di fronte all'altra e a piccoli bocconi si provava a dare forza a quel gesto spesso troppo preso con leggerezza perché qui anche una manciata di radicchio pesa quanto una montagna.Anche oggi è tornata in camera mia; non avevo nulla di speciale ed intendevo " speciale" con visite particolari o simili.
Fatico molto ad esprimere tutto me stesso quando le parlo ed il mio racconto va avanti sempre lentamente, ma lei mi aspetta senza fretta.
Qui i giorni trascorrono tutti identici e fare le pulizie quasi sembra una benedizione solo perché l'orologio si sposta di centimetri.
Poi mi consigliò di scrivere tutto quello che mi fosse passato per la testa, ogni stupidaggine anche la minima sciocchezza perché magari mi sarebbe servita in futuro quando uscirò da questo inferno.
La speranza me la stava dando e con questa anche carta e penna (oltre un mare di cioccolatini della caffetteria) ed eccomi qui ora a scarabocchiare quattro righe messe in croce -il tempo di prenderci la mano, poi sarà tutto molto più facile...Mi chiamo Félix Hye-Kyo ed appartengo per adozione a Joyo Sanchez dall'età di otto anni.
Non ricordo granché della mia infanzia ma posso affermare molto bene come gli assistenti sociali mi abbiano portato via in piena notte nel novembre 2009.
11 anni fa la mia vita cambiò completamente rotta con il divorzio di mia madre quando avevo 4 anni, suicidandosi un anno dopo che sono venuti a prelevarmi; non ho mai pianto la sua morte forse perché non l'ho veramente conosciuta ne ho avuto l'opportunità di andare a trovare il suo corpo sapendo fosse stato cremato.
Passò molto tempo prima che Joyo ottenesse la mia custodia perché la prassi si svolse lenta e la mia tutela fino a quel momento era affidata alle suore del convento dove svolgevo le mie abitudinarie lezioni, ci dormivo, pranzavo e giocavo nel parchetto con gli altri bambini della mia età.
Ora -ritornando alla questione psicologi- c'è una ragione ben precisa per il quale ho detto che tutto il personale sia medico che psicologo di questo reparto non mi quadra fatto.
Insomma...sembra che ognuno pensi più al "come tenerci in vita nel peggior modo possibile" al posto di analizzare e capire il singolo paziente.
Questa cosa mi successe anche in orfanotrofio dove ogni bambino aveva l'opportunità di recarsi dalla psicologa che lavorava all'interno del convento: veniva lì ogni mattina senza mai alloggiare ne condividere il pasto con le suore più anziane di lei punto
La canzone sembrava la stessa e nessuno a quanto pare sembra aver mai sospettato di nulla. Ma io sapevo che dietro quella donna e il suo dolce sorrisetto d'angelo premuroso vi era una manipolatrice in cerca di danaro.
Gran parte degli orfanelli erano stati prelevati con la forza dalle loro case e tutti avevano il presunto sospetto di essere stati maltrattati se non proprio seviziati dai familiari ma -guardacaso- chi avrebbe potuto affermare una cosa del genere se non gli stessi bambini?
È qui che entra in gioco lei, la psicologa del convento che, col trascorrere degli anni, era stata in grado di mettere parole su parole nella testa dei malcapitati proprio per fargli confessare il falso.
Io non potevo. Non le avrei mai concesso di farmi registrare un audio cassetta ne di costringermi a dire cose che in realtà non sono mai successe per il puro piacere -magari infantile- di rivederla in arresto...ma in fondo questo era rimasto un mio sciocco sogno perché tra tutti ero l'unico ad affermare a petto gonfio che la mia famiglia (in questo caso mia madre) non era affatto capace di mettermi le mani addosso né tantomeno aveva toccato l'alcool di sera a casa da soli; invece quella donna era sempre pronta a ripetere e ripetere...
"Tua madre è stata molto cattiva con te, lo vedo.
Si nota dagli occhi, dai lividi sulle ginocchia.
Félix, sai che tua madre beveva vero? Se solo provassi ad aprirti un po' con me magari..." - tante stronzate. Una marea di stronzate e mai nessuno che mi avesse dato ragione, ed avevo 6 anni.
Poi finalmente arriva lei,Joyo e non aspettavo altro che andare via da quel posto. In tutto ciò archiviarono il mio caso come " orfano di genitori deceduti" ma per quanto riguarda le sevizie non era stato scritto nulla; tutt'ora il caso di mia madre come quello di tanti altri genitori è aperto e la stampa cerca quanto più possibile di affrettarsi sulla vicenda, ma la polizia sembra proprio non volerne sapere di svelare nuovi indizi -sempre se ce ne sono...Questo mio senso di oppressione e i fantasmi del passato continuato ad inseguirmi in sogno e la notte fatico ad addormentarmi.
Mi manca Aurora più della mia stessa vita e credo che quest' autocontrollo sul cibo non potrà mai avere fine, almeno non fino a quando morirò: voglio annullarmi, smettere di esistere per sempre e portare con me anche tutti i guai che si sono riversati sulla mia famiglia adottiva; però poi penso a lei e tutto torna da capo nello stesso punto da cui sono partito milioni ti volte.
Per il resto, posso considerarmi una persona alquanto monotona e poco interessante, almeno è quello che si può vedere da fuori, ma dentro sono strano e spesso mi faccio prendere da pensieri malsani o talmente incasinati da lasciare indietro chi mi ascolta.
Ma Aurora no, lei è tutto tranne che una persona comune: assomiglia a me.🦋
21.00 pm.
A quest'ora dovremmo essere tutti a letto invece...
<<Chi te lo ha detto a te che devi stare sotto le mie coperte?>>
<<Ma sentilo! E io che pensavo fossimo amici adesso>>
<<Ma che centr->>
<<Non. Urlare. Le pareti hanno le orecchie>>
<<O forse sono semplicemente fatte di cartapesta>>
<<Sì, è probabile anche questo>>
<<Ok allora fammi una domanda>>
<<Quindi ti andrebbe se ci mettessimo d'accordo per entrare nello studio della sergente?>>Tu mi prendi in giro vero?
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ɐᴉɯ ,ǝ uou ǝɥɔ ɐʇᴉʌ ɐun🌹
Ficción General🦋 Premessa 🦋 Ho voluto ricreare il genere narrativo del serial killer come qualcosa di soggettivo. L'assassino è colui che -ogni giorno- uccide un po' di sé con le scelte, gli amici e i conoscenti, i successi ed insuccessi raggiungi: ognuno ha fa...