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16 novembre 2020.
14.00 pm.

Ester

Era ora di pranzo quando gli infermieri mi chiesero di finire il riso secondo necessità perché a pochi minuti avrei ricevuto una visita alquanto inaspettata.

Era la prima volta che rivedevo il dottore dopo tanto tempo, e dire che sia stato un grande amico di mio marito è poco perché era il suo maestro dai tempi della scuola e ad una tavolata lui (Alex) mi portò a conoscere i colleghi ed insegnanti del suo corso.
Com'é strano sedersi di nuovo di fronte a lui: dava quell'impressione di rigorosa maestosità ed intelligenza accademica quando di un grande dolore a trafiggergli il cuore rompendolo in mille pezzi.

D'un tratto mi sono sentita capovolgere l'anima dallo stomaco alla gola, mentre lui mi spiegava, poi rifletteva, è tornava a parlare...

Voleva confortarmi di questo non ho alcun dubbio,  cos'altro avrebbe potuto fare se non questo,
ma cosa avrebbe mai preteso dalla mia reazione: un urlo, un pianto straziante, che mi strapparsi i capelli dalla testa o che provassi a lanciare via qualche oggetto?
No, non gli  concessi nulla di tutto questo.
Non so bene come spiegare il "tutto questo" del quale sto parlando...ho semplicemente poggiato la schiena contro la sedia, l'ho guardato, e gli ho detto di andare a farsi fottere -lui, la sua scienza della mente, questo Centro e il mio reparto.
Non potevo parlargli perché sapevo che ora che Hanna era morta tutti i contatti di una vita si erano ravvicinati, e non avevo alcuna intenzione di ricadere nelle sue mani come quando provò a "comprare" Alex per approfondire insieme come "un corpo consumato dal tempo poteva essere imballato e spedito nel futuro" ...un corpo come il mio, ad esempio.
E pensare che l'ho sempre sospettata una cosa del genere, ora metteva in discussione anche le probabilità che avevo di uscirne sana da lì dentro.

Eppure non potevo fermarlo, non potevo fare a meno di fargli raccontare quella versione dei fatti che risultava così particolare a vedere i personaggi...

Sembrava così surreale l'idea di averla vista non poco meno di una settimana fa, ed ora non averla più qui- parlarle, chiederle consiglio, abbracciarla -ora che era il momento di rinascere, e cambiare.

Era già strano doversi costringere ad impegnarsi durante tutto il giorno ma questo ... era paragonabile a niente; avrei guardato giù la sua tomba, e poi? Cosa avrei fatto poi? Ogni giorno passato sarà vuoto, e io mi sentirò inutile.

"Ero io quella che sarebbe dovuta morire prima tra le due ed invece è proprio vero pensare come si nasce soli per morire comunque soli, chiusi nel proprio guscio, rassegnati dal proprio male."

Non gliel'avevo detto del mio tumore solo perché non volevo accatastale una pietra sulle spalle -ma è ora che quest'altra, insieme a tante altre, vengano prese e scagliate il più lontano possibile.

🦋

Sono stanca di essere triste, stanca di ritrovarmi qui ogni notte a piangere su questo giornalino; sono stanca di guardare dall'alto in basso chiunque provi ad avvicinarsi fingendo di essere centomila volte meglio quando in fondo non è vero perché dentro mi sento la più piccola di tutti.
Solo ora mi fermo a pensare come Hanna mi abbia fatta crescere secondo l'amore che mettevo nelle cose continuando a ripetermi una filastrocca quando eravamo bambine...

"Corri e Salta la cavallina
Quando poi non sarai più bambina
Vivi e lascia che l'amore
Splenda e vegli ne tuo cuore

Corri e Salta la cavallina
Ormai non sei più bambina
Cose belle tu farai
Se amore metterai."

Da piccole non ci siamo mai fermate a capire il testo ma il senso della canzone era proprio quello: non sarai mai più grande dell'affetto che riuscirai a dare.
Era l'unica persona sul quale potevo contare in fatto di valori morali, di principi -tutto il contrario di casa mia dove l'unico tipo d'affetto che i miei potevano darmi era una ricompensa di cibo, o un nuovo giocattolo, un viaggio in barca -ci saranno persone che a sentirmi dire cose del genere mi manderebbero dritta a fanculo non capendo che i figli non possono essere comprati in questo modo.

🦋

Prima di andarsene mi informò che la data dei funerali si sarebbe tenuta il 23 di questo mese e che  avevano allungato i tempi per dare spazio anche a me, in modo da poter partecipare con un permesso speciale della Struttura perché la data effettiva per la celebrazione della messa sarebbe stata oggi; poi abbassò il capo e allungò la mano nel taschino della sacca interna al cappotto nero di velluto lungo, come si usava una volta tra gli aristocratici, mi porse quel diario -quello blu e giallo di Hanna quando non aveva ancora perso la memoria, tanto simile al mio quanto più riflessivo, più poetico.

Avevo letto quella biografia quando eravamo ancora ragazze ed ogni capitolo trasmetteva un'energia diversa spesso cupa e regressa altre volte carica di positività facendomi credere che le cose stessero iniziando a girare nel verso giusto.

Come stanno i fatti non le è stato più riconsegnato, non ha potuto rileggerlo ne custodirlo, per questo motivo il dottore l'ha dato a me; ha voluto che lo tenessi io, sperando mi avesse aiutata a sconfiggere l'anoressia e "magari chissà -un giorno avrei potuto pubblicarlo" poi andò via salutandomi da lontano proprio come faceva  mio zio quando andava e veniva dal servizio militare lasciandoci avanti il caminetto a giocare coi cugini così lui scomparve nella prima neve di novembre.

🦋

Verso le 18.00 mi convocarono ed approfittai della richiesta di dimissioni per il giorno 23 novembre proprio come mi aveva detto di fare Sir. Smiths, aggiunsi che era stato lui a chiedermi quel giorno e che le motivazioni erano personali, se qualcuno avesse chiesto di più potevano recarsi da lui -erano tutte parole che mi aveva ordinato di dire senza obiettare.
Qui mi puzzava di clandestini perché la donna a capo del reparto alzò lo sguardo girandomi attorno come per capire se stessi mentendo o meno, poi abbassò le spalle e raggiunse uno scaffale dove erano racchiusi tutti i nuovi pazienti tra i quali anche io: si, voleva capire se soffrissi anche di bugie patologiche...

Mi mandarono via dicendomi che molto probabilmente avrebbero accettato la mia richiesta se solo fosse venuto il dottore a prelevarmi.

"Nemmeno al liceo avevano tutte queste pretese."

Con un sorriso da far paura chiunque mi portarono fuori e chiusero le porte, nel frattempo avevo ancora con me quel diario che avevo nascosto sotto il maglione.
Stasera la cena era stata spostata di un'ora ed il mio primo pensiero andò a Félix che se ne stava solo in camera senza parlare con nessuno.
Lo raggiunsi nel suo dormitorio e bussai..
<<Entra Ester>> - spinsi piano la porta e sgattaiolai dentro.
<<Allora, oggi sei tu a dovermi raccontare di te.>> - dissi mettendogli una pralina al cioccolato nel posacenere pulito sulla mensola al ripiano più basso.
<<Potrò dire un giorno di aver messo peso coi cioccolatini alla nocciola per mezzo tuo..>>
<<Correggi: grazie a me.>> - ne scartai anch'io uno e me lo portai alla bocca. Amo il cioccolato fondente. <<Okay, però adesso dimmi di te.>>

🦋

Tornai in camera molto tardi, il tempo di sistemare la sala degli ospiti con le altre ragazze mentre Félix aveva una doppia visita oggi.

Mi trascinai a letto nascondendomi sotto le lenzuola- proprio come da piccola- accesi una torcia e presi il taccuino tastando ogni angolo, ogni venatura del tempo lo osservavo incantata pensando ad Hanna, nella prima pagina aveva scritto la sua dedica per me:

"É la tempesta prima del temporale
Chiusa in stanza pronta a litigare
Con le mie paure più grandi ed irrisolte
Ogni sera ci faccio a botte
Ma che- in fondo in fondo- restano nascoste."

<<Ad Ester.>> - iniziai a piangere.

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