"Tranquilla, Alessandra, stai facendo solo un brutto incubo."
Questa voce mi dà la sensazione, per un attimo, che dal brutto incubo che stavo facendo sono passata a qualcosa che mi lascia piacevolmente serena.
Ma una mano che accarezza i miei capelli mi riporta alla realtà.
Apro gli occhi, ma prima di focalizzarmi su chi mi stesse coccolando, mi rendo conto di essere in un posto che non conosco.
Cerco di alzarmi per capire dove mi trovo, ma una voce, quella stessa che prima sentivo immaginando fosse un sogno, ora mi comanda di ristendermi.
Giro leggermente la testa, non curante di quel comando, e mi accorgo che accanto a me c'è il primario.
"Che ci faccio qui, Filippo?
E dove mi trovo?"
"Finalmente mi chiami per nome.
La caduta ti avrà fatto battere la testa."
Cerco di alzarmi per rispondergli come merita, ma evidentemente non mi sono resa conto che il mio corpo non ne vuole proprio sapere.
Infatti, dopo un secondo sono di nuovo tra le sue braccia, che mi afferrano riuscendo a non farmi cadere.
"Alessandra, davvero non devi alzarti, e non te lo dico come amico, ma come medico.
Sei svenuta in clinica e il tuo corpo è ancora debilitato."
"Dove mi trovo?
E mia mamma lo sa?"
"Tranquilla, sei nel mio appartamento, quello che ho sulla clinica.
Tua mamma non sa che non ti sei sentita bene.
Gianni le ha detto che stanotte avresti lavorato con lui al secondo piano per sostituire un amico.
Inoltre, se lei ha bisogno di aiuto, ha avvisato Maria, che è di turno, di andarla a controllare ogni ora."
"Ok, ma io devo andare.
Non posso rimanere qui nel tuo letto," dico molto imbarazzata, rendendomi conto di dove sono.
"Non preoccuparti, non approfitterei di una ragazza che non è nel pieno delle sue facoltà.
E poi ti hanno fatto una flebo piena di calmanti.
Tra poco starai nel mondo di Morfeo e non ti importerà di stare nel letto del tuo peggior nemico."
Sarà la flebo, o un'inspiegabile sensazione di pace, ma i miei occhi si chiudono e ritorno a sognare quella voce che tanto mi fa sentire in pace.
Un delizioso profumo mi riporta ad aprire gli occhi, dopo chissà quante ore passate a dormire.
Mi guardo in giro e, come se stessi rivedendo un film al contrario, vedo me e Filippo che discutiamo perché voglio tornare da mamma.
Ma il film prosegue con me vicino all'ascensore e un groppo al cuore che mi fa stare male.
Ma perché?
Cerco di tornare indietro come se avessi un telecomando.
Ero al bar, poi loro due e la cioccolata. Vedo me stessa andare via arrabbiata ed infine di nuovo loro che mi parlano.
Come spezzoni di film rivedo tutto ciò che è successo ieri, "l'opportunità" come l'hanno definita loro.
Ecco perché sono svenuta.
La mia mente ha collegato quelle frasi che ho sentito sulle scalinate quando stavo scendendo al bar, alla proposta che poi mi è stata fatta.
Devo andare via di qui, e lo devo fare immediatamente perché è un viscido verme.
Ma non riesco nemmeno a formulare la frase nella mia mente che vedo Filippo con un vassoio enorme pieno di prelibatezze, probabilmente cucinate da lui visto l'odore che ho sentito al mio risveglio.
Vorrebbe comprarmi con il dolce, ma si sbaglia di grosso.
Io e lui da questo istante siamo estranei, e non voglio passare un attimo in più in questo appartamento.
"Mi dispiace, Professore, devo andare, sperando che queste situazioni così spiacevoli non ricapitino più."
Questa volta il mio corpo non mi tradisce e mi alzo di fretta, andando via senza dargli il tempo di dire nulla.
La sua faccia è davvero infastidita, ma imparerà presto che con Alessandra Doria non si scherza.
Scendendo le scale del suo appartamento incontro Gianni, che stava venendo a trovarmi.
Non aveva dormito perché preoccupato per me.
Quando mi vede, mi abbraccia fortissimo e poi lo sento urlare come al solito.
"Angelo, non dovresti stare in piedi. Sei così pallida e i tuoi valori erano così bassi ieri."
"GIOVANNI, non sono i valori che mi hanno fatto stare male, ma ho sentito scendendo le scale quello che quel bastardo stava dicendo di me, e come cercavi di difendermi.
Quando mi ha offerto quel lavoro ho capito tutto, ma io non sono quel tipo di persona, e non sopporto l'idea che qualcuno lo abbia solo pensato."
"Angelo, non è come credi.
Io e Filippo siamo amici da anni, te l'ho detto, e quando ci siamo trovati a parlare di te gli ho raccontato un po' la tua storia, proprio come ho fatto l'altra sera con te, parlando di lui.
Quando ha visto che davvero ci tengo a te, ha fatto una battuta stupida, per sapere se tra noi ci fosse qualcosa visto il mio interessamento.
Ecco perché mi ha chiesto se io e te andavamo a letto insieme, e quando gli ho detto di no, purtroppo non ci ha creduto e ha detto una stupidità ancora più grande, cioè che ti avrebbe preso a lavorare per poterci provare lui.
Ma credimi, Alessandra, stava solo provocandomi per vedere la mia reazione."
"Il problema per lui è che si scontrerà con la mia di reazione se non mi sta lontano."
"Alessandra, non arrabbiarti con lui.
Se avessi sentito tutta la conversazione avresti capito quanta stima ha di te.
Dopo che si è assicurato che non gli stavo dicendo bugie, mi ha detto che ti stima molto, sia per i tuoi successi accademici sia per la dedizione che metti nel curare tua mamma.
Ed è per questo che vuole darti una possibilità."
Rimango con le mie convinzioni ben radicate, anche se obiettivamente il discorso di Gianni potrebbe essere plausibile.
Dopo tutto, io ho sentito solo un pezzo della loro conversazione, e magari sono saltata a conclusioni affrettate.
"Comunque si è preso indebite confidenze anche se stava parlando con un suo amico.
E poi non capisco tanta insistenza, si concentri sulla sua vita il bel dottorino.
La mia decisione è presa: non accetterò mai di lavorare a stretto contatto con lui."
Vedo Gianni dispiaciuto, ma non scendo a compromessi con la mia dignità.
Andiamo via insieme anche perché stamattina è di turno e ha già fatto tardi per colpa mia.
Quando arriviamo, corro da mamma che trovo ancora addormentata e ne sono felice. Se mi dovesse vedere con questa faccia sconvolta e pallida si preoccuperebbe ulteriormente.
Vado in bagno a farmi una doccia calda e mi trattengo sotto il getto dell'acqua a voler cancellare quella sensazione spiacevole che sento dentro di me.
Come ha potuto pensare, anzi come ha potuto classificarmi come una ragazza di facili costumi.
Mi ripeto che la devo smettere di pensare a lui altrimenti rischio di diventare sua prigioniera.
"Care about what other people think and you will always be their prisoner."
Preoccupati di ciò che pensano gli altri e sarai sempre loro prigioniero.
(Lao Tzu)
La mia mente mi porta alla memoria una frase sentita chissà dove, ma che mi dà la certezza che non posso dare questo potere a nessuno.
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Succede all'improvviso
ChickLitUna diligente studentessa si trova dopo anni a combattere un dolore devastante che mina a distruggere tutto quello che ha costruito fin a quel momento. Ma la vita a volte ti porta delle persone che non avremmo mai cercato o notato ma che in un attim...