L'opportunità

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“Ciao Angelo, vado via. Il mio turno è finito, ma ci vediamo nel pomeriggio perché devo vedermi con Filippo.”
“Ciao Gianni.”
Dico mentre sono ancora avvolta nelle coperte.
Sono appena le sette di mattina e ieri sera abbiamo fatto le ore piccole.
Non ho capito perché deve tornare nel pomeriggio, o forse me lo ha detto ma io non avevo ancora svegliato del tutto quel piccolo neurone che gira nella mia testa.
A differenza di ora che vorrei stare qualche altro minuto a dormire, ma purtroppo una volta sveglia non posso tornare indietro, quindi non mi rimane che intraprendere la mia routine.
Sveglio mamma per prepararla.
Questa mattina ho intenzione di curarle l’aspetto fisico e morale.
Inizio a farle i capelli, pettinandola piano piano, perché tra le cose che ho preso ieri fuori da questa clinica c’è una tintura per coprire il bianco della sua capigliatura.
Prima che si scoprisse che aveva un cancro endometriale, mia mamma era molto attenta, ma la malattia le ha portato via il sorriso e la voglia di prendersi cura di sé.
Ma oggi non si metterà contro la mia voglia di non arrendermi a vederla così demotivata verso se stessa.
Quindi, che le piaccia o no, si farà la tinta, per ritrovare in quei capelli color corvino la gioia e la spensieratezza di prima.
Se dovessi classificare in due parole un tumore, mi verrebbe da dire che c’è un “prima” dove tutto va di corsa, dove non ti soffermi sul particolare e dove le ovvietà come la tinta di capelli sono essenziali per non farsi vedere trascurati dai vicini e dai parenti che sono sempre pronti a vederti triste o depressa per esserti trascurata.
Ma poi viene il “dopo” dove tutto scorre lentamente, dove pretendi di goderti anche una foglia ormai ingiallita di autunno che lentamente svolazza ad una volata di vento.
Si è così impegnati a vivere da non voler perdere tempo con l’aspetto fisico, perché ormai quel corpo ci ha traditi, si è ammalato, e non è giusto dargli importanza.
Forse sono solo mie fantasie, ma credo che mamma pensi questo.
Ecco perché, le piaccia o no, farà ciò che mi sono prefissata: amarsi e prendersi cura di sé è l’arma migliore per vincere qualche battaglia contro questo mostro.
Dopo qualche minuto/ora finalmente la convinco, e il risultato che ne viene fuori è molto soddisfacente per essere la mia prima tinta.
Un pensiero mi fa sorridere: se non dovessi mai diventare un medico o un manager ospedaliero, potrei sempre optare per fare la parrucchiera.
Oggi per convincere mamma è andata via mezza giornata, ma sono davvero felice, sia per lei che per me.
È stato emozionante rivederla al suo splendore, per un istante ho dimenticato che fosse una malata terminale, e quei secondi mi hanno dato la forza di sperare.
Ma prima che si faccia troppo tardi, scendo al mio amato spaccio.
Tra l’altro, ho fatto un compromesso con mamma: si è lasciata convincere perché le ho promesso un caffè senza dolcificante, ma con un po’ di zucchero.
Aspetto o non aspetto, come un dilemma esistenziale me lo chiedo ogni volta quando sono di fronte a quelle porte, ma come al solito la voglia di fare presto prende il sopravvento.
Scendo le scale, ma al secondo piano trovo una sorpresa: intenti a parlare tra loro trovo Gianni e Filippo con dei documenti tra le mani.
Non mi piace origliare, ma ho ascoltato qualcosa mentre giravo l’angolo delle scalinate e di sicuro non erano d’accordo su qualcosa, ma obiettivamente non mi interessa.
Se vorrà, me ne parlerà Giovanni qualche sera.
Scendo tranquilla dopo averli salutati. Anzi, dopo ieri sera mi sono sforzata di fare il sorriso più sincero che riesco mentre guardo Filippo.
Al bar ordino il caffè e prendo solo due stecche intere di cioccolato alle nocciole. Stasera sarò tutta sola, Giovanni non è di turno.
Mentre cerco di pagare, vedo il barista che guarda alle mie spalle e mi dice: “Non mi deve nulla, le sono state offerte.”
Mi giro di scatto, anche se ormai conosco bene il suo profumo e avevo percepito che ci fosse lui.
“Vi ringrazio, ma non posso accettare.”
Parlo al plurale perché non so chi dei due ha fatto questo gesto.
Di solito è Gianni che mi coccola.
Giovanni immediatamente mi dice: “Angelo, questa volta non sono io.
Non ho resistito e gli ho confessato delle nostre fughe notturne per rimpinzarci di cose dolci, quindi ha voluto contribuire per il tuo benessere, visto che stasera sarai anche senza di me.”
“La ringrazio, professore, ma non è il caso.
Lei si è preso già tanto fastidio per me e mamma, non posso accettarlo.
Ma davvero le sono grata.”
“Gianni, cosa è successo?
Non è la stessa ragazza di qualche giorno fa, probabilmente la cioccolata l’ha resa dolce.”
Poi si rivolge al barista e ordina altri cinque pezzi di cioccolata, svariate altre forme di cioccolato e infine mi dice: “Meglio che me ne procuro un po’ di più di cioccolata, questa nuova Alessandra potrebbe anche piacermi.
Quasi quasi, visto che stasera rimango a dormire qui in clinica, passo a vedere gli effetti di questo nuovo metodo per rendere giustizia alla scienza.”
Guardo Gianni allibita per cercare aiuto, ma non fa altro che peggiorare la situazione dicendo che è una buona idea così non rimarrò sola.
Alessandra, calmati, ha avuto una vita difficile.
Alessandra, respira, probabilmente ha questo carattere forgiato dal dolore. Alessandra, rimane il primario della clinica e tu hai bisogno di rimanere qui…
Il mio mantra mentale funziona, riesco a calmarmi e rispondere in maniera gentile.
“La ringrazio, ancora una volta dimostra la sua attenzione per i pazienti della clinica, ma sicuramente la scienza potrà fare a meno di ricerche fatte su di me. Comunque, come le dicevo, non posso accettare.”
Mi giro verso il barista, poso i soldi sul banco, prendo le mie stecche di cioccolato e il caffè e vado via.
Adesso la cosa più saggia da fare sarebbe correre su in camera facendo le scale a due a due, ma il mio cervello decide che questa volta devo aspettare l’ascensore. (Stupido cervello.)
E come al solito le mie decisioni non sono mai sagge, infatti si avvicina prima Gianni e poi Filippo.
Hanno uno sguardo diverso rispetto a due minuti fa, forse si sono offesi, ma io non posso accettare certi comportamenti, è più forte di me.
“Alessandra, scusaci se ti abbiamo fatta arrabbiare, ma volevamo rompere il ghiaccio perché Filippo voleva offrirti un’opportunità, e a dire il vero sarei anche io molto felice se la prendessi sul serio.”
“Gianni, cosa succede?” dico preoccupata.
“Tranquilla, non riguarda tua mamma.
Lei, nonostante quello che ha, se la sta cavando molto bene.
Ma Filippo ha bisogno di un assistente, e io so che tu devi finire il tuo master.”
“Quindi ho deciso di prendere te in considerazione,” risponde Filippo.
“L’altro giorno, parlando con tua mamma, mi ha detto che hai conseguito i voti più alti di tutto l’ateneo ma che per colpa della sua malattia non hai potuto conseguire il master, quindi mi si è accesa questa idea.
Naturalmente so che non ti sono simpatico e che non hai una buona opinione di me, ma credimi, mi farebbe piacere se prendessi in considerazione la mia offerta.
Inoltre, lavoreresti nella clinica dove sta tua mamma e avresti tutto il tempo che ti serve per dedicarti a lei.”
La testa mi gira fortissima, come se avessi fatto un’ora di giostre spericolate, e lo stomaco ne chiede conto.
Come può essere che la vita mi offre un’opportunità del genere in queste condizioni?
Mia madre sta morendo ed io dovrei realizzarmi, e questo martello rimbomba nella mia testa e nel mio cuore.
Che diritto ho di realizzare alcuni dei miei sogni, se quello più importante, quello che davvero mi farebbe felice, non è in potere di nessuno darmelo?
Perché non mi stanno dicendo: abbiamo una cura per la malattia di tua mamma.
Perché non mi dicono: “Non preoccuparti, Alessandra, tra poco la tua famiglia verrà ricompattata.
È solo un sogno, tuo papà non è morto e tra breve tornerà a sussurrarti che sei la quarta cosa più bella di Napoli.”
Perché?
Perché?
Ma come faccio a sapere le risposte a queste domande se rimangono dentro di me?
Il mio corpo e il mio cuore non riescono a resistere a questo interrogatorio e, nell’istante in cui quelle maledette porte dell’ascensore si aprono, cado priva di sensi tra le braccia di Gianni e Filippo.

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