Una diligente studentessa si trova dopo anni a combattere un dolore devastante che mina a distruggere tutto quello che ha costruito fin a quel momento.
Ma la vita a volte ti porta delle persone che non avremmo mai cercato o notato ma che in un attim...
Angelo, sei lì dentro?" La voce di Gianni ci coglie impreparati, essendo entrambi concentrati a medicare le nostre anime in quell'abbraccio. Il primo a scostarsi è Filippo, mentre io mi prendo qualche altro attimo per capire cosa sta succedendo. Sento solo la sua voce che dà ordine di far passare Gianni. "Devi dire ai tuoi buttafuori che io posso sempre entrare." Giovanni è arrivato e lo noto dal suo timbro di voce. Probabilmente, se non avesse problemi di udito, lo sentirebbe anche mamma dal terzo piano. "Angelo, sono passato da tua mamma e mi ha detto che sei scesa con Filippo. Mi sono preoccupato molto." "Tranquillo, non gli faccio niente alla tua amichetta," dice Filippo, quasi infastidito. "Non ero preoccupato per lei, ma per te, cretino. Saperti da solo nelle sue grinfie era molto pericoloso." Scoppiamo tutti e tre a ridere, anche se obiettivamente Gianni non ha torto. Ero scesa qui giù molto agguerrita ed ora eccomi a ridere con lui. Odi et amo... forse Catullo non aveva torto. Peccato che il latino non fosse la mia materia preferita ed ora non so spiegare esattamente il mio stato d'animo nei confronti di Filippo. "Alessandra, glielo dici tu o devo farlo io?" "Siamo arrivati al punto che voi due avete già segreti," dice Gianni con un broncio. "Tranquillo, non è un segreto. E poi, se non fossi sceso, sarei salita io a dirtelo subito. Presto sarò il braccio destro di Filippo, ho accettato il lavoro." "Angelo, vorrai dire il cervello di Filippo, altro che braccio destro. Sono felicissimo, tesoro mio." Non finisce nemmeno di dirlo che mi abbraccia forte forte. Oggi il mio corpo è alla mercé di uomini che esprimono le loro emozioni in caldi abbracci. Per quanto non sia abituata a questi contatti fisici, capisco che il loro affetto è sincero. "Ok, basta smancerie nel mio studio. Non sei di turno, Gianni, a quest'ora?" Ho la sensazione che Filippo stia cercando un modo per rimanere da solo con me, ma forse Gianni ha perfettamente capito e dice: "Vado, capo, ma porto con me il mio Angelo. Voglio assistere quando lo dirà ad Enza." "Va bene," dice rassegnato. "Ma il nostro discorso non finisce qui. Dobbiamo parlare dei tuoi valori, non pensare che l'ho dimenticato, ragazzina." Annuisco, anche se quando mi chiama ragazzina mi dà tremendamente fastidio. Comunque oggi non voglio dare peso a nulla e vado via con Giovanni, che come se fosse la cosa più normale del mondo mi prende la mano e mi conduce sopra. Quando sono fuori alla porta di mamma con Gianni, mi rendo conto di non aver ancora metabolizzato il tutto. Con Filippo ho parlato dei miei sentimenti, ma non ho trovato una cura per non sentirmi in colpa. Gianni capisce immediatamente il mio stato d'animo e, stringendo più forte la mano, mi dice: "Oggi renderai felice tua mamma. Le stai dando la cosa più preziosa per lei: sapere che ti stai aggrappando finalmente al futuro che qualche mese fa avevi eliminato dalla tua vita." "Grazie." E questa volta sono io che abbraccio lui. Questi ragazzi mi stanno rendendo un <abbraccia sempre>. Non esiste questo termine, ma credo che dovrebbe essere coniato per indicare me in questi giorni. "Mamma, ho una sorpresa per te." "Non ci posso credere, figlia mia, ti sei fidanzata con Giovanni?" E il suo sguardo cade sulle nostre mani ancora saldamente intrecciate. "Ero sicura che ti eri innamorata di Filippo e invece porti in famiglia un altro principe." "Mamma, se hai finito di mettermi in imbarazzo, la sorpresa non è questa." "Enza, io gliel'ho proposto ma non mi vuole. Probabilmente è come dici tu, è innamorata di Filippo." Ed entrambi scoppiano a ridere facendomi diventare rossa come un peperone. "Vedo che vi piace prendermi in giro. Comunque la sorpresa è qualcosa di più importante dell'amore: a breve inizierò il mio master in clinica sotto la supervisione di Filippo. Ma mamma, non preoccuparti perché il capo mi ha assicurato che avrò tutto il tempo per starti accanto. Non cambierà nulla tra di noi." "Piccola mia, sono fiera di te, e anche tuo padre lo sarebbe. Finalmente hai cominciato a costruire il tuo futuro e sono sicura che sarà splendido perché tu meriti il meglio, figlia mia." Le lacrime le rigano il viso e mi si stringe il cuore, anche se so che finalmente dopo tanto tempo quelle lacrime sono di gioia. "Sono qui, mamma, non piangere." Le dico per rincuorarla, e un impulso mi spinge ad andarla ad abbracciare. Un abbraccio vero, sentito, come da molto io non riuscivo più a farle, per paura che abbracciandola non sarei più riuscita a staccarmi da lei, e che quella vicinanza potesse ingelosire quella malattia crudele che me l'avrebbe portata via. Ma ora non contava più, io ero lì tra le sue braccia come una bambina corre tra le braccia della sua mamma quando le deve raccontare le sue gioie. Gianni ci guarda da lontano con le lacrime agli occhi. Probabilmente si era reso conto che quel momento era magico. Se da una parte c'era la felicità di sapere che stavo andando avanti, dall'altra c'era la consapevolezza che lo avrei dovuto fare da sola, molto presto. Le ore passarono veloci quel giorno, tra le nostre lacrime e gli abbracci che dovevamo recuperare, per cercare un motivo per essere felici. Prima di andarsene per la fine del turno, Gianni mi venne a salutare e mi disse senza mezzi termini che l'idea di mamma non sarebbe stata male. Naturalmente, vedendo il mio viso basito e alquanto sconvolto, mi sorride dicendomi che era solo uno scherzo. Dopo la lunga giornata di oggi, devo assolutamente scrivere tutte le sensazioni e le novità che si sono susseguite in questa giornata. Quindi vado nel mio posto magico ormai vuoto e inizio a percorrere con la mente tutti i ricordi e le sensazioni che il giorno di oggi mi ha regalato. Mentre sono assorta nello scrivere, una fragranza che le mie narici conoscono subito mi proietta lo sguardo in due occhi che mi stanno osservando. "Che ci fai a quest'ora qui, Filippo?" "Essendo il tuo capo, sono venuto ad assicurarmi che avessi fatto una cena equilibrata visto i tuoi valori. Ma dalla busta di M&M's che vedo tra le tue mani, credo che tu non l'abbia fatto. Vieni con me." "Dove dobbiamo andare?" "Ti svelo un segreto per andare d'accordo con me: non fare domande e fidati, non farei mai nulla per farti del male." "Ok, ok, però non posso fare tardi. Tra un'oretta devo fare l'insulina notturna a mamma." "Ti rapisco per meno tempo, vieni." Questa volta posso vedere finalmente il tragitto che l'altra sera mi ha portata nel suo appartamento. L'ultimo piano della clinica, dove è situata anche la cucina della clinica, ha un corridoio che porta alla porta del suo appartamento. In questo momento sono molto imbarazzata, ma non posso fare altre obiezioni perché ogni volta mi trovo ad avere torto, quindi non mi resta che fidarmi. "Dammi un minuto che mi metto qualcosa di comodo. Tu accomodati pure, vengo subito." Con l'adrenalina che ho nelle vene è impossibile che io mi sieda sul divano e mi rilassi aspettandolo. Quindi ne approfitto per dare un'occhiata in giro, visto che l'altra sera ero quasi svenuta e quando poi mi sono ripresa sono scappata via. L'appartamento è arredato in maniera moderna, non è il mio stile preferito ma devo dire che si nota un certo gusto che denota la sua classe e il suo modo di essere. Tra il nero e il bianco dell'appartamento che sovrastano, l'unico colore che riesco a notare sono i divani di un rosso fuoco. Quello che è davvero strano è che non ci sono ricordi, cose personali che potrebbero parlarmi dell'uomo Filippo e non del Primario della clinica. Mentre sono assorta tra mille pensieri, cercando di attribuire un motivo alla freddezza di quell’appartamento, sento Filippo chiamarmi dall’altra stanza. Per un attimo il mio cuore sobbalza, pensando che mi stesse chiamando dalla sua camera da letto, ma quando mi avvicino mi accorgo che è in cucina. “Non ci posso credere, hai cucinato!” “Visto che continui a rifiutare i nostri inviti alla mensa, ho deciso che ti cucinerò io, così seguirai una dieta equilibrata.” “Dai, Filippo, quanto fastidio! E poi io ho già mangiato.” “Mangiare schifezze non equivale a un buon piatto di pasta. E poi non puoi perderti la mia cucina, sono un cuoco eccezionale, come in ogni cosa, tra l’altro.” “Ecco che riemerge il solito egocentrico arrogante.” “Per farti vedere che non sono così, ti faccio accomodare.” Me lo ritrovo dietro la mia sedia, che da vero gentleman mi accosta al tavolo mentre mi siedo. Devo dire che la cena è squisita.
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Credevo di non riuscire a dire una parola, ma Filippo è riuscito davvero a mettermi a mio agio. Abbiamo parlato un po’ di tutto, forse anche di cose che non mi sarei aspettata, ma dopo stamattina qualsiasi discorso è plausibile con lui. Gli ho anche chiesto se mi prescrivesse degli integratori per l’anemia, visto che il mio medico era ancora a Milano. Dopo aver fatto diverse battute sul fatto che diventava il mio medico, ha accettato di buon grado, a patto che facessi ulteriori controlli e che andassi tutte le sere a cena da lui. Gli ho detto di sì sui controlli, ma sono rimasta vaga per quanto riguarda le cene da lui. Per quanto stia davvero bene, purtroppo devo scendere giù da mamma, ma sembra che lui lo abbia capito dal mio sguardo e mi dice che tra un attimo mi avrebbe accompagnato giù. E così fa, dopo avermi donato un piccolo cioccolatino ed essersi fatto promettere che non avrei mangiato altre schifezze, mi accompagna in ascensore. I 45 secondi che l’ascensore ci mette per arrivare al terzo piano li facciamo in silenzio, guardandoci e sorridendo con gli occhi. “Principessa, la sua carrozza è arrivata a destinazione.” Mentre lo dice, si sposta nelle porte dell’ascensore per non farle chiudere, quindi sono costretta a passargli davvero molto vicina. È un po’ imbarazzante, quindi dico con voce flebile solo: “Buonanotte, Filippo.” Ma forse a lui non basta, perché mi blocca con un braccio e sfiora con le sue labbra il mio viso. Sembra che lo faccia esattamente nello stesso posto in cui stamattina ha asciugato quelle lacrime. Vado via senza dire niente, ma questa volta davvero penso che il mio cuore si sia fermato per un istante.