23. Requiem dell'abisso (parte 2)

140 29 259
                                    

L'atmosfera era tesa e nessuno aveva voglia di parlare. Allan seguì le donne e la bambina restando zitto e guardingo, scambiando occhiate eloquenti con Jaira che era tornata in fretta della sua giusta età.

Axsa poteva manipolare il tempo, a quanto sembrava, ed era una capacità unica, inesistente nei libri di magia. Il fatto che fosse una bambina era indicativo della cosa, ma era davvero strano che qualcuno decidesse di restare un infante.

Superata la paura e rimuginando su ciò che lei gli aveva detto, la curiosità si era fatta prepotente, oscurando ogni altra cosa. Axsa era un mistero e Allan necessitava scoprirlo, anche perché sentiva che c'era un legame tra loro: in qualche modo, lo spirito della magia li univa.

Si erano addentrati in profondità nei corridoi scavati dai minatori nella montagna fino a raggiungere il limitare delle miniere, lì dove gli spazi si facevano più stretti e, se possibile, più claustrofobici. Doveva essere iniziato il territorio dei goblin e Jaira faceva fatica a muoversi, rallentando il loro cammino.

Per fortuna non avevano trovato nessuno e, dopo svariate ore nel buio e nel freddo, si erano fermati per una pausa in una grotta naturale; era ampia e c'era un rigagnolo di acqua corrente ad attraversarla, perdendosi poi in anfratti irraggiungibili. La cupola aveva altezze che variavano dai tre ai cinque metri e la luce magica non riusciva a illuminarla per bene. Le ombre disegnate dalla luce nella superficie irregolare non aiutavano a rendere meno opprimente quell'infinita giornata.

Il rumore dell'acqua, comunque, era terapeutico e divenne subito chiaro che quello era un luogo dove i goblin erano soliti mangiare, poiché c'erano un paio di falò spenti e delle sacche consunte, vuote. Di comune accordo avevano acceso un fuoco, concedendosi un pasto frugale. Forse per la tensione accumulata, Eatiel si era poi addormentata seduta, appoggiata con la testa alla spalla di un'imbarazzatissima Jaira che si era limitata a restare ferma, lasciando che l'emissaria recuperasse le energie.

Axsa aveva commentato con un verso sdegnato, andando ad accucciarsi in solitudine accanto a una parete, vicina al buco da cui sgorgava l'acqua. Allan, davanti al fuoco, attese che anche Jaira si assopisse, sorridendo appena quando la vide abbandonare il capo nella chioma dell'elfa, poi si mosse per raggiungere la bambina.

«Posso sedermi accanto a te?»

Per quanto gli risultasse difficile tenere un registro informale con una sconosciuta che aveva minacciato di ammazzarlo, lui aveva capito che era meglio assecondarla in quelle sue stranezze.

«No, non puoi.»

Allan fece schioccare la lingua sul palato nell'udire quella risposta acida, ma si accomodò comunque accanto a lei. La sentì sospirare, poi ne seguì i movimenti mentre si scopriva la testa per puntare gli occhi nei suoi.

«Cosa vuoi?»

Era chiara e diretta, non si poteva certo dire il contrario, quindi girare troppo intorno alla questione non sarebbe servito.

«Quanti anni hai, in realtà?»

Lei strabuzzò gli occhi, poi distolse lo sguardo a osservare la caverna.

«Non è educato chiedere l'età a una signora.»

Allan restò saldo e immobile a guardarla, finché lei non cedette.

«Duecentotrentasei.»

Ecco, quello non se l'aspettava.

Come poteva quella bambina aver superato i due secoli di vita? Sì, gli elfi vivevano a lungo, ma nessuna razza era immune ai segni dell'età.

«Chiudi la bocca, hai un alito vomitevole.»

Allan si riscosse e aggrottò la fronte.

«Ehi, non è vero! Non sei affatto gentile.»

Il Canto della Rosa e del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora