12. Ogni buco è buono (parte 1)

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Sarebbe stato un viaggio difficile, Allan l'aveva già capito.

Dopo il racconto di Jaira era sceso il silenzio tra loro, come se quelle confessioni così intime meritassero di essere interiorizzate. Il bardo aveva vissuto a Lebrook negli ultimi tre anni e mai da nessuna parte aveva udito la possibilità che la regina avesse avuto un'amante, né aveva sentito parlare del precedente comandante delle Rose Reali.

Jaira era stata semplicemente cancellata.

Doveva essere stato molto difficile aprirsi in quel modo e Allan si sentì onorato perché, in fondo, voleva dire che la guerriera riponeva in loro grande fiducia. Per una volta, avrebbe rispettato le memorie di qualcuno e giurò a sé stesso che avrebbe cantato il passato di colei che ormai nella sua testa era la rosa di Lebrook solo se si fosse rivelato necessario.

L'aveva aiutata a portare sottocoperta i pezzi dell'armatura e a sistemarli in un cassone che il sommo cultista aveva loro riservato, in un angolo del lungo ambiente adibito a dormitorio comune, all'interno dello scafo.

Il veliero era davvero grande e ne contava ben due: uno per i cultisti e uno per i marinai. Le cabine nel castello di poppa se le erano prese Eatiel e Othen, quindi Allan e Jaira dovettero accontentarsi di due delle svariate amache in tela riservate ai marinai. Dormire con quella gente sarebbe stato fastidioso, ma lui aveva superato difficoltà peggiori; ciò che lo impensieriva era che anche Jaira dovesse farlo. Certo, Othen era il principe, ma sarebbe stato un bel gesto lasciare la cabina privata a lei, piuttosto che tenersela per sé.

Oh, era proprio vero che la galanteria non potesse essere insegnata.

Il lato positivo, però, era che in quel momento lui e Jaira erano soli, poiché i marinai si trovavano nella mensa poco distante per cenare. Il vasto ambiente era illuminato in modo scarso da una mezza dozzina di candele in cera che si stavano consumando in punti strategici del dormitorio, messe in quei luoghi per evitare che la gente calpestasse i pitali o ruzzolasse in giro dopo aver sbattuto contro i pali che sorreggevano il ponte su due file ordinate. Le amache si sorreggevano a essi e alle pareti dello scafo, lasciando libero un ampio corridoio centrale; a loro erano state date quelle nell'angolo più distante dalle scale per salire, forse per fingere che potessero avere un poco di riservatezza.

Ad Allan avevano imposto di smettere di fare i suoi piccoli incantesimi per evitare di attirare l'attenzione, almeno fintantoché fossero rimasti nel porto di Neley. Era una scocciatura non indifferente, ma poteva farcela. Jaira aveva poggiato la spada bastarda a terra e si era messa a lucidare l'armatura, seduta su un cassone. Non parlava, non lo guardava.

Allan indugiò sulla sua figura e ponderò quanto avrebbe rischiato nel cominciare un dialogo con lei. Forse avrebbe fatto meglio a starsene zitto, magari mettersi a dormire, ma vederla indossare quegli abiti logori era snervante e si era trattenuto anche troppo. Cosa sarebbe potuto succedere? Al massimo lo avrebbe sbattuto contro il legno dello scafo o sollevato di peso come già era successo e non era certo che la cosa gli dispiacesse fino in fondo.

«Jaira, vorrei darti una cosa.»

Lei alzò lo sguardo e lo osservò con un sopracciglio alzato e le labbra dischiuse, restando con la schiena gobba. Si era rimessa il lungo ciuffo davanti alla faccia e la candela poco distante le illuminava quell'unico lato del viso visibile, marcandole i lineamenti.

Il bardo deglutì e d'istinto si portò una mano tra i capelli, sentendosi stranamente nervoso. Aveva deciso di portare la loro relazione a un livello successivo e cambiare registro non tanto perché lei lo avesse fatto già da un pezzo, ma perché sentiva che era successo qualcosa tra loro quattro, dopo che lui aveva raccontato la storia delle storie; qualcosa di positivo e di negativo al tempo stesso.

Il Canto della Rosa e del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora