1. Sparisci

671 83 958
                                    

«Il re è morto.
Sei tu da consolare?
Il re è morto.
Non basta più gridare.

Il re è morto.
Catene sono infrante.
Il re è morto.
Le lacrime rimpiante.

Il re è mort-»

«E finiscila!»

Un boccale di birra quasi vuoto s'abbatté sul bardo, impattando contro le corde del liuto e producendo uno sgraziato cigolio. Rotolò poi a terra, facendo compagnia a briciole e lerciume di ogni sorta sotto a uno dei tavoli di legno grezzo della taverna. Allan dovette terminare la canzone dopo solo due strofe; possibile che quella gente non comprendesse la sua arte?

Che modi.

Controllò che l'urto non avesse in qualche modo danneggiato il suo strumento, ma Luther era forte e di certo non si sarebbe lasciato intaccare da un semplice bicchiere. Scoccò un'occhiata di fuoco al mascalzone che aveva osato interromperlo e, con rammarico, constatò che la maggior parte degli avventori del Gallo Ruspante si stavano complimentando con lui per l'ottimo lancio. Era inaudito!

Emise un verso di sdegno e una mano andò a grattarsi la curatissima barba in modo da sfogare il nervoso in qualche modo. Non pensava di trovare nobili o borghesi d'alto rango in un piccolo villaggio come Beley, ma una tale ignoranza andava oltre l'immaginabile.

Lo smilzo contadinotto che l'aveva fermato sputò sulle assi di legno consumato del pavimento e si alzò, dirigendosi verso di lui. La camicia e i pantaloni di lino grigio che indossava erano talmente logori che in alcuni punti si poteva scorgere la pelle sottostante e le braccia erano in buona parte scottate dal sole, così come il volto spigoloso e ossuto.

«Ehi, menestrello, com'è che mi hai guardato?»

Quando quello parlò, Allan si rese conto che gli mancavano due o tre denti e i restanti parevano in procinto di fare la stessa fine, tanto erano marci. Rabbrividì e si alzò dallo sgabello, indietreggiando; quel tizio non rappresentava una minaccia, ma la sola idea che potesse toccarlo con le sue mani callose e maleodoranti gli faceva venire il voltastomaco. L'atmosfera nel piccolo ambiente si stava scaldando e gli uomini che stavano pranzando tranquilli intorno ai tavoli cominciarono a sghignazzare.

Per le mille stelle di Alanmaeth, stavano dando spettacolo! Non era così che Allan voleva attirare l'attenzione, però. Il contadino si batté un pugno sul palmo aperto della mano e pareva proprio intenzionato a fare a botte. Allan non voleva rischiare di rovinare la sua bellissima tunica viola e di certo le lunghe brache aderenti in tinta non erano adatte a uno scontro, così fece un mezzo inchino, tenendo Luther in una mano e portando l'altra dietro la schiena.

«Mi rincresce se ho inavvertitamente arrecato offesa alla vostra persona; non era mia intenzione.»

Il contadino si fermò e lo scrutò con le rade sopracciglia inarcate, poi si passò una mano sulla testa pelata e ringhiò come un cane.

«Cos'è che cresce? Vuoi prendermi per il culo?»

Ecco, Allan l'aveva fatto di nuovo: perché, per Deladan, perché si ostinava a parlare con quella gente dal cervello ristretto? Fraintendevano le semplici parole, come avrebbero fatto a comprendere i suoi canti? Doveva andarsene da quell'agglomerato di abitazioni e sterco, sì: doveva raggiungere Bawic al più presto.

Indietreggiando ancora, si scontrò contro qualcosa e, voltandosi, vide che un uomo piuttosto alto e corpulento si era frapposto tra lui e la porta d'ingresso della taverna e lo fissava con volto truce. Allan non fece in tempo a emettere alcun suono, poiché le braccia di quello, prima incrociate al petto, si mossero per tenerlo fermo dalle spalle.

Il Canto della Rosa e del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora