33. Liberati di lei (parte 2)

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«Muoviti!»

La voce squillante del bambino, già a metà della scala, gli riattivò il cervello proprio mentre Jaira voltava la testa verso di lui; Allan si lasciò sfuggire un gemito sonoro molto poco virile nel vederla cominciare a correre all'inseguimento senza emettere un fiato.

Salì, caracollando come un ubriaco, mentre con una mano si teneva alla ringhiera e con l'altra si stringeva la camicia in corrispondenza del petto. Per fortuna il bambino era stato lungimirante e aveva già raggiunto la sommità.

E se fosse semplicemente scappato, abbandonandolo lì? In effetti, Allan non aveva alcuna certezza che il piccolo elfo fosse in grado di aiutarlo, quindi in pratica aveva messo la sua vita nelle mani di un'ipotesi azzardata.

Una gran bella scommessa, senza dubbio, ma lui non era forse maestro nelle decisioni rischiose? Un'altra partita a dadi con Ilimroth.

Quando raggiunse il piano superiore, sorrise tra le fitte di dolore nello scorgere il bambino proprio davanti al muro dov'era nascosto Luther; stava bisbigliando qualcosa, muovendo le braccia e le mani in gesti che Allan non riuscì a comprendere.

Jaira stava salendo i gradini con passi pesanti e Allan avanzò, sedando il desiderio di abbandonarsi al vuoto che premeva inesorabile per essere lasciato libero di espandersi.

È ora di ricongiungersi con la magia: liberala.

Quasi poteva sentirlo, lo gnaulio sgraziato della sua anima frammentata che gli chiedeva di disintegrarsi, ma non glielo avrebbe permesso, nossignore: avrebbe consumato ogni singola energia vitale prima di concedere a Varodil d'impossessarsi di ciò che era suo.

Lo spirito della magia doveva sedersi paziente e attendere, perché ormai Allan aveva sperimentato più di una volta cosa volesse dire lasciar libera l'oscurità e sapeva di poterla controllare un altro po', ancora qualche piccolo, insulso e fondamentale secondo.

Incredibile come il tempo di un uomo si riducesse a fugaci istanti rapidi e significativi, attimi volatili, capaci di cambiare il futuro di persone, famiglie, regioni intere.

Un battito di ciglia e il suono di un vetro pericolosamente incrinato; non era quella la musica che Allan voleva sentire.

Barcollando, raggiunse l'elfo proprio mentre lui allargava le braccia e i mattoni si spostarono, fuoriuscendo nel corridoio e traslando di lato.

Sei qui.

Jaira era a pochi metri, ma Allan sentì il richiamo del liuto arcano tanto prorompente da obbligarlo a concentrare lo sguardo in avanti; senza considerare nulla, ignorando dove fosse finito il bambino o cosa stesse facendo chiunque nel mondo, entrò nella piccola stanza nascosta appena rivelata.

Era buia e c'erano degli oggetti accatastati in diverse mensole sulle pareti, molti dei quali erano circondati da auree arcane che parevano brillare ai suoi sensi, ma Allan aveva occhi solo per lui, proprio lì davanti, all'altezza della mano che già stava protendendo in avanti.

Un passo e udì Jaira raggiungere l'apertura.

Due passi e percepì il suo respiro vicino, le vibrazioni della lama che veniva spostata per raggiungerlo.

Tre passi e le dita si strinsero intorno a Luther.

Canta!

Gli parve di tornare a respirare dopo secoli in cui aveva annaspato. Il vuoto si chetò, le due parti dell'anima a toccarsi, infine, imperfette e vicine.

Era abbastanza.

Il sapore del sangue sul palato c'era ancora, ma il dolore era stato sostituito dalla piacevole sensazione di completezza e, mosso da percezioni non del tutto sue, non ebbe difficoltà a scartare di lato per evitare il colpo di Jaira, imbracciando al contempo il liuto arcano.

Il Canto della Rosa e del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora