I due cadaveri cominciarono a muoversi e gli spettri impazzirono nella testa di Eatiel, soprattutto quelli nuovi: vedere i propri corpi spostarsi senza che loro lo volessero non doveva essere piacevole.
La donna che l'aveva tormentata in quelle settimane era una negromante, un'utilizzatrice dell'oscura magia di Celenwe, lo spirito degli inganni e della non-vita. Lei non aveva dovuto pronunciare incantesimi per far risorgere quei due e continuava a parlarle nella lingua degli spiriti.
Eatiel udì alcune persone nel piazzale mettersi a gridare, ma non ebbe il tempo per osservare cosa stessero facendo poiché i due corpi si erano già alzati e le stavano marciando addosso, armati. Dovevano essere stati dei marinai stranieri, poiché la loro pelle era scura, erano vestiti con leggeri abiti variopinti e impugnavano dei kukri originari del Cintira Yasa. Eatiel non poteva lasciarsi sovrastare dal terrore e si obbligò a rialzarsi, richiamando a sé il vento in modo che l'aiutasse. Era sola, ma non aveva alcuna intenzione di soccombere.
«Cosa vuoi da me?»
Parole rabbiose sgorgarono da una parte di lei che non credeva di avere, pronunciate in quella lingua che non pensava di conoscere, ma quando la negromante compariva, la realtà pareva frantumarsi e ricomporsi in modi grotteschi e privi di logica.
Il vento la circondò ed Eatiel lo spinse in avanti, verso quei corpi ormai troppo vicini; li avrebbe fatti volare e poi gettati in acqua, in modo da avere qualche attimo per correre via, per mettersi in salvo. Qualcosa non funzionò, però, poiché la donna sogghignò e mosse le mani in avanti coi palmi aperti. Il vento sferzò le tre figure, ma si limitò a smuoverne i capelli e i vestiti come se ci fosse una barriera invisibile a proteggerli dal suo vero potenziale.
Le raffiche incessanti smossero il mantello della negromante con violenza tale che si staccò e volò via, scoprendo gli abiti sottostanti: indossava dei pantaloni aderenti e un corpetto di cuoio nero che le lasciava scoperte le braccia e buona parte dell'addome, mostrando quanto fosse pallida.
Un forte olezzo di morte e decomposizione si sparse tutto intorno ed Eatiel rabbrividì, emettendo un verso di sorpreso terrore nel vedere che in alcuni punti la pelle della donna era pervasa da ferite rosse e pulsanti, mentre in altri pareva staccarsi, ricoperta da vesciche e pustole marcescenti. Eatiel comprese anche perché quella faceva così fatica a camminare, visto che la gamba destra, dal polpaccio in giù, non c'era, sostituita da un pezzo di legno attaccato al ginocchio direttamente nella carne.
D'un tratto infuriata, quella smise di sorridere e mostrò i denti senza smettere di tenere le braccia tese a proteggere lei e i suoi non-morti.
«Tu non ci riuscirai! Non toglierai dalle mani della mia Signora ciò che le spetta di diritto!»
Perché tutti continuavano a dirle cose senza senso?
Quella donna doveva sapere molto più di lei, anche perché l'aveva chiamata emissaria. Pensare le risultò troppo complesso poiché le forze la stavano abbandonando: da troppo Eatiel stava plasmando il vento senza successo e non avrebbe retto, lo sapeva.
I cadaveri erano ancora in piedi e la negromante avanzava diventando sempre più forte in contrapposizione a quanto lei, invece, s'indeboliva. Gli spettri piangevano acuendo la disperazione che Eatiel sentiva crescere incessante e smise di lottare, liberando il vento dalla sua volontà ormai troppo esigua. I non-morti furono di nuovo liberi di agire e si avventarono su di lei uno da davanti e l'altro aggirandola; i loro movimenti erano piuttosto lenti e impacciati, quindi l'elfa riuscì a schivare il primo fendente. La lama del kukri le passò a un palmo dal ventre e lei si mosse di lato, allungando una mano per toccare il braccio del corpo più vicino.
«I aharnië, nestuva.»
L'istinto le disse di rivolgere i suoi incantesimi di guarigione sul non-morto e la luce che si sprigionò a quel contatto s'insinuò nella carne fredda come le fenditure di un terremoto; in un istante, il cadavere venne ricoperto da quelle spaccature per intero e si frantumò, sbriciolandosi in polvere e lasciando solo i vestiti e l'arma bianca, che cadde tintinnando. Eatiel non poté gioire, però, perché un dolore pungente le si diffuse lungo la schiena e lei si sbilanciò in avanti, colpita dal secondo nemico. Il sangue le scivolò via copioso, macchiando la pietra del piazzale e scorrendo verso il mare; con le lacrime agli occhi e le labbra tremanti, l'elfa si puntò sui gomiti e si mise supina, provando almeno a sedersi.
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Il Canto della Rosa e del Drago
Fantasy♪♫ Leggende ormai son perdute, ma, ditemi, cosa sapete? Del drago, tremenda creatura, del drago che soffia paura. Lui verrà, sì, verrà per riunire le...