18. Avrei potuto chiamarti fratello

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Ed erano tutti lì, infine.

Allan li aveva attirati nella stiva maleodorante dopo aver sentito un gran baccano e la voce del maestro. Chi lo avrebbe mai detto che proprio il vecchio Olfir sarebbe salito su quella nave.

Quando il bardo aveva lasciato casa, il maestro era la cosa più lontana da un cultista che potesse esistere. In sedici anni erano cambiate molte cose, a quanto pareva. Gli faceva piacere rivederlo, in fondo, anche se lui era impresentabile dietro quelle sbarre.

Che figura.

Dargli ragione non fu difficile, anzi, fu come tornare al passato. Però non c'era tempo per perdersi nelle memorie perché troppi sguardi lo stavano fissando tra l'interrogativo e lo sconcertato. Una situazione davvero incresciosa; stavano riaffiorando dettagli della sua vita che avrebbe tanto voluto dimenticare e i compagni ne sarebbero venuti a conoscenza, senza contare il fatto che ora sapevano che lui non era altro che un ladro.

Affascinante e talentuoso, sì, ma pur sempre un ladro.

«Cos'avete fatto per finire in gabbia su un veliero della Dama dell'Equilibrio?»

Maestro Olfir portò le braccia lungo i fianchi e quella domanda era intrisa di rassegnazione, non di curiosità. Eatiel si era buttata giù dalla botola subito dopo di lui e anche i due compagni l'avevano seguita: un bel quadretto famigliare.

Allan alzò le spalle per rispondere in modo vago alla domanda, ma Othen avanzò e lo interruppe sul nascere, portandosi a giusto un passo dalle sbarre.

«Hai detto maestro

Stava cominciando a dargli fastidio il fatto che il principe avesse preso a dargli del tu. Avevano viaggiato insieme e riso dei rispettivi trucchetti di magia, ma non erano certo intimi amici. Poi quel tono borioso, quell'espressione attonita con le sottili sopracciglia ravvicinate e le palpebre sgranate... cos'aveva Othen da essere tanto basito?

«Il mio nome è Olfir Brysel e, prima di entrare nell'ordine di Ilimroth, sono stato a lungo al servizio della famiglia Darwen. Sono stato l'insegnante di questo screanzato, fino a quando ha deciso di rubare il liuto arcano e fuggire dall'isola. Lo credevamo morto.»

Allan sbuffò, incapace di contenere la stizza.

«Oh, be', grazie! Bella considerazione!»

Ecco perché continuava ad avere quelle pessime sensazioni riguardo al loro arrivo a Occhio di Mezzo; in cuor suo sapeva che avvicinarsi alla città avrebbe riesumato il passato e non voleva. Non ne era fiero. Aveva cambiato nome, aveva cambiato vita, eppure eccolo lì: un ragazzino spaventato davanti ai rimproveri del maestro, ancora una volta.

Othen si portò una mano a sorreggersi la testa, dalla bocca spalancata s'intravedeva la dentatura e il petto si alzava e si abbassava frenetico. Ma qual era il suo problema?

«Tu sei Allan Darwen? T-tu?»

Il principe eruttò quelle parole con tono decisamente troppo alto. Jaira si avvicinò dall'altra parte rispetto a lui, verso la parete dello scafo con gli oblò, mentre Eatiel raggiunse Othen e provò a sorreggerlo per le spalle da dietro, ma lui si scostò e indicò Allan, furioso.

«Tu ci hai mentito! Tu... avresti dovuto sposare mia sorella, invece sei scappato come un lurido cane!»

«Cosa?»

Jaira lo scrutò, incredula quanto l'elfa, e quella parola le uscì acuta, mentre maestro Olfir fu l'unico a spostare lo sguardo da lui a Othen.

Eh sì, caro vecchio mezz'elfo, quello era proprio il principe di Reah.

Il Canto della Rosa e del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora