33. Liberati di lei (parte 1)

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Ricomparire dopo quei teletrasporti era nauseante e Allan dovette trattenere un potente conato, coprendosi la bocca e ricacciando la bile in gola.

Si appoggiò con la spalla contro a un muro di mattoni rossi e gli ci volle qualche secondo per capire dove fosse finito: un corridoio senza finestre o ornamenti, illuminato da grossi candelieri da soffitto in ferro battuto. La parete di destra era inframmezzata da un paio di porte di legno e ingombranti lucchetti mantenevano chiuse delle cerniere intorno a delle travi, posizionate in orizzontale per bloccare gli usci. Davanti a lui il passaggio curvava, mentre dietro una terza porta lo bloccava, ma, a differenza delle altre, non c'era nulla a mantenerla serrata.

Daianira si guardò intorno, perplessa.

«Dove siamo finiti?»

Allan tossì con violenza e il sapore del sangue si fece prepotente, mentre uno schizzo vermiglio gli macchiò il palmo. Lo fissò e anche la golunnar se ne accorse, poiché la udì emettere un verso aspirato di sorpresa. Lui non aveva con sé gli oggetti personali, quindi, con immenso sdegno, fu obbligato a pulirsi la mano sui pantaloni già lerci.

«Siamo nella tana del lupo, è evidente.»

Sei qui.

Osservando i muri, non gli fu difficile notare che a sinistra, dove i mattoni proseguivano dritti senza aperture, c'era qualcosa di celato. Si lasciò guidare dal richiamo che sentiva farsi sempre più forte e per un attimo tornò ragazzino, quando aveva scoperto il meccanismo nella libreria di suo padre e liberato Luther.

La Maestra era stata davvero precisa, poiché pareva che il liuto arcano lo stesse chiamando proprio da lì, da dietro quei mattoni, con la sua voce e quella di Galadar mischiate in una. Peccato non ci fosse modo per arrivarci.

Cosa aspetti?

«Questo è il castello dei Reah? Me lo sarei aspettata molto più sfarzoso, a dirla tutta. Non lo so... dei vasi, un po' di verde, magari delle armature o delle statue!»

Daianira borbottava, seguendolo passo dopo passo e contribuendo a deconcentrarlo. Allan tastò il muro lì dove sentiva la magia pulsare e scosse la testa.

«Non sono mai stato qui, ma posso affermare con certezza che non siamo nel corpo principale del castello.»

«E dove, allora?»

Allan chiuse le palpebre, trattenendosi per non sbottarle addosso che non ne aveva la minima idea. Erano apparsi dal nulla, no? Ce li aveva mandati lì quella specie di non-morta pluricentenaria, senza prendersi la briga di dir loro alcunché per farli raccapezzare.

In effetti, però, lui le aveva chiesto di condurlo da Luther e così lei aveva fatto; avrebbe dovuto essere un tantino più specifico, forse.

«Allan, arriva qualcuno.»

Daianira aveva abbassato il tono, facendosi di colpo molto seria mentre fissava l'angolo aperto del corridoio, mettendo mano ai pugnali.

Lui non sentiva nulla, ma non dubitò neanche un istante dei sensi della compagna e liberò il liuto dall'imbragatura, andandolo imbracciare pronto a ogni evenienza. La golunnar lo guardò, acquattandosi con le lame in mano, e Allan si mise al centro del passaggio, davanti a lei, dopo aver portato un indice teso sulle labbra in segno di silenzio.

Davvero vuoi suonare quell'affare orribile?

Presto udì anche lui qualcuno avvicinarsi, due uomini, a giudicare dalle voci sempre più nitide.

«—nso che sia assurdo! Legato e imbavagliato così...»

«È un incantatore e una spia.»

«Ma è un bambino!»

Il Canto della Rosa e del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora